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GxG MagazineDon Paolo Bolognani Tra le cuciture di...

Quando qualcuno mi dice "voglio farla finita", rispondo: "benissimo, ti aiuto io. Ma non in modo stupido, tagliandoti la gola e buttandoti nel canale: dai a me la tua vita che la spendiamo in modo bello"!


GxG MagazineDon Paolo Bolognani Tra le cuciture di...

da GxG Magazine

del 13 gennaio 2011

 

 

  Nome...Don Paolo Bolognani   Età...l’altro giorno la piccola Noemi (7 anni) mi disse: “Oh, come mi piacerebbe avere un nonno come te…?!?”  Nella vita sei...anafettivo, menefreghista, opportunista… se facendo così per amore ti posso far crescere e rendere sempre più libero…   Qual è la tua esperienza di educazione..…partire con l’intenzione di far crescere l’altro, percorrere insieme un tratto, volgersi indietro e scoprire di essere cresciuto io stesso…  Una frase che ti accompagna/ ti fa da stella...“Dite: è faticoso frequentare i bambini.Avete ragione.Poi aggiungete: perchè bisogna mettersial loro livello, abbassarsi, inclinarsi,curvarsi, farsi piccoli.Ora avete torto.Non è questo che più stanca.E' piuttosto il fatto di essere obbligatia innalzarsi fino all'altezzadei loro sentimenti.Tirarsi, allungarsi,alzarsi sulla punta dei piedi.Per non ferirli.'Janusz Korczak   Cosa vuol dire educare i ragazzi che hanno un passato nel mondo della tossicodipendenza?          Il progetto educativo per questi ragazzi è un progetto di vita: significa aiutarli a credere nella possibilità di ricominciare una vita nuova e a trovare i motivi per farlo.           È importante mostrare ai ragazzi che c’è sempre la possibilità di riscattarsi. L’educatore deve essere il primo a credere nel ragazzo, per convincerlo che vale la pena vivere, ed essere a sua volta testimonianza di vita.   Nell’educazione c’è spazio per la durezza? L’amorevolezza Salesiana passa anche, a volte, attraverso un’amorevole durezza. Educare non significa andare sempre sul sottile, essere leggero, accomodante.           Nella tossicodipendenza, per esempio, aiutiamo i ragazzi ad individuare una boa, un punto nella propria storia di dipendenza, in cui uno decide che la sostanza non fa più parte di lui, che non la vuole più; ma non vuol dire che non avrà più difficoltà, deve fare il percorso per tornare a riva. Mentre lui va verso la boa, il mio intervento educativo è un’amorevole 'calcio nel sedere'. Nel ritorno, può ancora ricadere, ma da quel momento lì, io gli do un’amorevole stretta di mano.           Quando la mamma, un insegnante o un educatore interviene in modo anche deciso, questo gesto è espressione d’amore, anche se magari, in quel momento, non lo si comprende. È interessante notare che certi ragazzi, quando ritornano a trovarci, cercano sempre suor Natalina, l’educatrice più forte: si rendono conto dopo qualche tempo, che i più severi sono coloro che li hanno aiutati a crescere di più.  Per te fiducia è...          Acquistare la loro fiducia vuole anche dire essere disposto a soffrire per loro. Assumermi la scomodità di 'prendermi cura di te', di lasciarmi scalfire da te.          Quando i ragazzi capiscono che sei disposto a soffrire per loro, allora inizieranno a seguirti seriamente.   Quanto è importante la fiducia nel rapporto educativo?          Dai ragazzi ho capito che la crescita avviene soprattutto attraverso la relazione di fiducia reciproca.           Alcune bellissime proposte educative possono risultare inutili, se manca questa componente. In questi anni sto portando avanti nella comunità proposte molto forti, dedicate ad instaurare questa relazione, come l’arrampicata, il free climbing; stiamo preparando un progetto Vela sul Garda e forse, quando saremo pronti, perché no il lancio con il parapendio!  È dando che si riceve..           Ai ragazzi che mi chiedono 'Chi sono?' e non si sentono nessuno, rispondo: 'Tu sei la parte migliore di te', e cerco di convincerli che hanno ancora tanto da dare, per se stessi e per gli altri.Offrire loro la possibilità di rendersi utili, può dare un senso alla loro vita.           Se tu hai dei malesseri, incominci ad aprire gli occhi su chi sta male accanto a te, rispecchiando la preghiera semplice di San Francesco d’Assisi: 'fa che io non cerchi tanto: ad essere consolato quanto a consolare, ad essere compreso quanto a comprendere, ad essere amato quanto ad amare'.  Cosa diresti a chi pensa di non farcela più?          Quando qualcuno mi dice 'voglio farla finita', rispondo: 'benissimo, ti aiuto io. Ma non in modo stupido, tagliandoti la gola e buttandoti nel canale: dai a me la tua vita che la spendiamo in modo bello'! Incominciando a sporcarsi le mani, capirà che la sua vita può essere spesa per gli altri, che la sua vita nelle mani di Dio vale ancora molto, può ancora dare frutti buoni.            Un ragazzo che, arrivato nella nostra comunità, ha scelto di fare esperienze missionarie in Bolivia, dedicando poi ciò che restava della sua vita a quei bambini, scriveva: 'I bambini hanno aperto finalmente le mie porte a Dio... Lui mi ha sempre bussato ed io non gli ho mai aperto, ora la pietra che chiudeva il mio sepolcro è stata rimossa'.            Anche la vita di carcere, di strada, che una persona ha vissuto, può essere ridonata ad altri ragazzi che attraversano periodi di difficoltà: la testimonianza, con l’espressione, con gli occhi, trasmettendo il peso delle parole, è un grande strumento che aiuta a salvare altre vite.   Cosa vuol dire per te educare oggi...          Un tempo credevo che fosse andare in giro per il mondo ad annunciare il Vangelo, fermarmi nelle piazze, salvare persone, ora credo invece che la proposta sia: 'Dai, camminiamo un pezzo insieme, sono disponibile a portare la croce con te'. Ed è questo Gesù, questa esperienza insieme: non sono io a portare qualcosa a te, ma la nostra esperienza educativa diventa Gesù in mezzo a noi, lo richiama, lo rende vivo. E quindi la chiamata è vivere insieme delle esperienze, delle relazioni con amore. Io non ho un Dio da portarti, ma insieme lo possiamo sperimentare.   

Caio Villela

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