GxG MagazineMusica nell'anima tatami

Nota a nota con...ROBERTO BASSETTI Anni: 39 Professione: Musicista e artista e con...AMEDEO DI TELLA Anni: 23 Professione: Studente di Lettere moderne, creatore dell' inno MGS 2010 «Vogliamo vedere Gesù»Eheh...Certamente mi trovereste nel cerchio dei golosi...Per il menù ruberei troppo spazio: basti un piatto su tutti! In Puglia si usa cucinare il Pancotto

GxG MagazineMusica nell'anima tatami

da GxG Magazine

del 19 marzo 2010

 

 

 

 

 

ROBERTO BASSETTIAnni: 39Professione: Musicista e artista

 

AMEDEO DI TELLA Anni: 23Professione: Studente di Lettere moderne, creatore dell’ inno MGS 2010 «Vogliamo vedere Gesù»

 

          1)Amedeo. Domanda di rito ma un po’ originale: chi è Roberto Bassetti? Scegli un’immagine, un colore, una canzone, una frase di una poesia, un quadro, un modello di macchina, un sistema operativo, un paese…

          Roberto. Direi che se fossi un colore sarei il Lilla: mi piacciono le tinte forti delle personalità ma con le sfumature del buon senso e della diplomazia. Se fossi un libro, Illusioni di Richard Bach e Siddartha di Herman Hesse e Momo di Michael Ende: il motivo credo sia chiuso nella ricerca di che meraviglioso mondo sia l’animo umano, tanto complesso quanto semplice e degli infiniti potenziali tutti racchiusi nel nostro presente, in quello che decidiamo ora di fare..

Se fossi un personaggio, credo McGiver, per la capacità di vedere sempre una soluzione, anche se il mio «marchingegno» non funziona al primo colpo… Concludo con una poesia di Leopardi: Il sabato del villaggio, poiché l’attesa è piena di doni e saper attendere è il modo migliore di riceverli.

          2)Amedeo. Hai avuto capelli rossi, viola, gialli, verdi; ora li hai al naturale, brizzolati, ma ti mostri comunque un ciclone di estro e creatività: due connotati che caratterizzano un giovane. È forse la musica il tuo «elisir di gioventù»? Che rapporto hai con la musica, e come l’hai scoperta? Come vedi il modo in cui i giovani di oggi vivono la musica? Hai altre passioni?

          Roberto. Arancioni, viola e gialli... verdi no... non ancora, anzi mai! Sicuramente il colore è sempre stato un segno di rottura con la banalità dei luoghi comuni sui trentenni, i primi capelli rossi li ho fatti ai 30; ora che ne ho 39 direi di non aver più molto in testa su cui appoggiare una tinta, ma il colore quello sì è rimasto dentro. Ad ogni modo fare musica, ossia suonare o ascoltare è il canale di comunicazione che forse più di ogni altro sa arrivare al centro delle persone…

          Dove c’è stato un grande cambiamento o addirittura una rivoluzione culturale state certi che la musica era in prima fila e forse credo sia questo il motivo che fa della musica una delle poche cose in grado di riunire generazioni e mondi diversi ed evolverli. Oggi il mondo della musica in Italia credo abbia molto poco da offrire in termini di libertà, i mass media decidono spesso per tutti chi ascoltare e chi sia un «artista» a prescindere dalle sue effettive potenzialità, le radio hanno assoluta egemonia sulla divulgazione della cultura musicale, purtroppo sempre meno emittenti riescono a dare un panorama vario e di qualità.

          La via d’uscita c’è e credo stia nella capacità di ognuno di costruirsi un senso critico a partire dal preferire una canzone non solo per l’immagine di chi la canta, ma per il suo contenuto. Come dicevo prima, la musica ha cambiato la storia dell’uomo perché gli permetteva di sognare e scegliere un mondo migliore.

          3)Amedeo. La musica rompe gli schemi del linguaggio formale e parla dritto ai sentimenti. Credi che possa veicolare messaggi importanti di vita cristiana o abbia dei limiti a riguardo? In che modo una canzone può far conoscere Dio, comunicarlo in modo forte ed incisivo?

          Roberto. Dio entra nella musica nel preciso istante in cui 7 note riescono a farti piangere, ridere, sperare, denunciare, accogliere. La musica è il modo in cui Dio riesce a comunicare con il cuore delle persone, non c’è bisogno di essere credenti, di sicuro la fede per quello che mi riguarda ti permette di fischiare e non sentirti mai solo…

          4)Amedeo. La musica cristiana: credi sia un genere a sé oppure può farsi forte dell’appoggio trasversale di altri generi musicali? Certo, essa non è solo «la musica da chiesa». E, allora, cos’è? Quale potrebbe essere la sua evoluzione per potersi inserire nel panorama più ampio della musica in generale, senza essere relegata in una nicchia per non molti ascoltatori?

          Roberto. Credo sia una grande opportunità per portare il messaggio cristiano oltre i «canali» tradizionali, il problema sta nel fatto che spesso, sempre in Italia, la musica cristiana coincide con prodotti di nicchia, realizzati con materiali scadenti, scontati e sopratutto di scarsa manifattura. La mia personale formazione sul binomio musica e Dio arriva dai Gen, siano rossi, verdi o arcobaleno.

          Quando si tratta di religione cristiana lo stile di per sé non è mai «sbagliato»; se si ha la sensibilità di capire il contesto nel quale si vuole comunicare, allora anche il messaggio di Dio può viaggiare insieme alle note usando tutti i generi possibili, diventando così linguaggio del tempo in cui viviamo. Resti pure la tradizione, anzi meno male che continua ad esserci, ma non bisogna spaventarsi di pensare che Dio possa parlare con l’hip pop, il rock o l’house. A proposito mi pare di ricordare un brano dei «Faithless» che s’intitola God is a DJ.

          Nessuna paura, quando Dio e la musica sono insieme, il peggio che può capitare è che anche solo per la durata di una canzone, Dio possa entrare nella vita di qualcuno, no?

          5)Amedeo. Una domanda che prende spunto dall’inno MGS 2010: «per colorare il mondo dobbiamo dare un segno: è questo il nostro sogno, questo il Suo disegno». In poche battute è sintetizzato un concetto base dell’agire cristiano: non solo parole ma gesti concreti. Il sogno dell’uomo che rientra nel progetto di Dio. In che modo fai tuo questo invito? Come pensi che la tua vita di professionista musicale stia rispondendo al «Suo Disegno»?

          Roberto. Beh prima di tutto, riconoscendo il talento che mi è stato donato e mettendolo a disposizione di tutti, e in seguito ricercando ogni occasione in cui la parola «musica» potesse farmi entrare nella vita di qualcuno, anche solo per la durata di un accordo. A 20 anni ho sempre sognato di fare musica con i «grandi» della musica, per varie ragioni questo sogno non si è realizzato almeno fino a 34-35 anni; ero abbastanza deluso per non essere mai stato sul palco di Sanremo... ma poi l’anno scorso ero in tourneé con Gatto Panceri e, vicino alla piazza dove avremmo fatto il concerto, con grande sorpresa sento una delle musiche che avevo scritto almeno 5 anni prima per un centro estivo.

          Lì davanti c’era un gruppo di ragazzi, e vederli ballare e cantare qualcosa che era frutto dei miei sogni e dei miei desideri mi riempì di orgoglio. In un attimo mi accorsi che l’orgoglio serviva a ben poco e che tutto aveva un senso molto più profondo: Dio stava tracciando il suo disegno e la «mia» musica era la sua «matita». Avevo suonato con il più grande degli artisti.

          6)Amedeo. A chi sta leggendo questa intervista e che ha caricato la creatività del suo cuore con la voglia di dare vita ad una canzone, ad un ballo, di realizzare un sogno, cosa dici? Qual è il tuo invito, il tuo messaggio, la tua proposta davanti ad un estro creativo (che può incidere in modo forte nella vita di ciascuno)?

          Roberto. Una ricetta vera e propria non ce l’ho, posso solo dire che quando si crea con l’arte – sia essa musicale, corporea o figurativa – la massima soddisfazione è quando, ad opera finita, percepisci una sensazione di pace, senti una vibrazione profonda in fondo al tuo cuore, che parla di te a tutti e a tutto. L’atto creativo è la prova evidente che dentro di te c’è Dio e, di tanti significati che tutto ciò può avere, quello che mi piace di più è la certezza di «esistere». «La libertà è la misura di ciò che potremmo essere!»

          7)Amedeo. Cristo: quando ti si accende la lampadina, come riesci a dare eleganza al ritmo che ti è venuto in mente?

          Roberto: In realtà è proprio così: c’è una lampadina che si accende e tutto è lì davanti come se ci fosse sempre stato, il momento in cui questo avviene è un mistero anche per me... è una specie di intuizione, un po’ come quando t’immagini in un luogo in cui non sei mai stato. Credo comunque che qualsiasi atto creativo o immaginazione prenda spunto da quello che siamo e sentiamo in quel momento, io personalmente se sto con persone piacevoli (quasi sempre) non ho nessuna difficoltà a tirare fuori dal cilindro un coniglio che suona e canta... ma coi produttori rompiscatole ragazzi... beh in quel caso chiedo a loro di fare silenzio e di farmi lavorare, poi se mai... si parla, ma dopo la musica!

          8)Amedeo: Quanto e quando la passione per la musica è diventata per te fonte di vita? E come concili il tuo tempo privato con il tuo lavoro da girovago??

          Roberto. Credo che il giorno in cui ti accorgi di avere passione per qualcosa è quello in cui sei disposto a “perdere” qualcosa di importante. C’è senz’altro uno scambio con il tuo tempo libero che appunto lo metti nella tua passione, perdi per strada senz’altro qualche amore, ma senza dubbio ti accorgi che hai passione per qualcosa nel momento in cui tu continui mentre gli altri si fermano, l’ho detto anche prima: «La libertà è la misura di ciò che puoi essere».

          Il mio momento di «girovago» in realtà è già passato e a dirla tutta ho fatto in modo di veicolare il lavoro in modo più stabile, più che altro per conciliare il più possibile il mio lavoro con la mia vita privata. Fortunatamente, ma in realtà penso che quando cerchi qualcosa e sei disposto a fidarti di Lui, il momento giusto arriva e con lui anche l’anima gemella, nel mio caso Sonja è quella che si può dire la persona giusta, nel posta giusto, al momento giusto.

          Mi dicevano spesso: «Hai bisogno di una che fa il tuo lavoro...», niente di più sbagliato… eh eh. Lei fa un lavoro più «stabile» del mio, ma non è difficile arrivare a capire che io e Sonja siamo sulla stessa lunghezza d’onda e se a volte mi devo dividere tra lavoro e casa, altre volte ho la fortuna di condividere con lei la stessa passione della musica: Dio li fa e poi...

          1)Roberto. Ciao Amedeo, per la tua presentazione ai nostri amici di «Tatami» ti chiederei di trasformarti in un «pranzo»... Quale menù senti ti possa rappresentare al meglio?

Amedeo. Eheh... Certamente mi trovereste nel cerchio dei golosi... Per il menù ruberei troppo spazio: basti un piatto su tutti! In Puglia si usa cucinare il Pancotto: pane raffermo misto ad ortaggi, verdure, erbe selvatiche ed aromi. Solitamente si cucina usando pane indurito e verdure che da sole non piacerebbero ma nell’insieme acquistano sapore e diventano l’una indispensabile per l’altra; e perfino gli aromi diventano necessari per armonizzare il tutto, finanche l’aglio!!!

Con il Pancotto si recuperano «materiali di scarto» che diventano un prelibato alimento ed un menù molto spesso completo. E questo mi piace moltissimo: recuperare cose che sembrano vetuste e inutilizzabili per dar loro nuova luce e, unite con altre, creare suggestivi effetti di armonia. E tante volte serve recuperare non solo cose ma, soprattutto, persone… Soprattutto parti nascoste e dimenticate di sé.

E poi nel Pancotto puoi mettere di tutto, così come io sono aperto ad ogni forma di esperienza e sperimentazione: mai porre limiti, mai credere di aver raggiunto una meta perché, è certo, ce ne sarà sempre una ad un passo da te che muove i tuoi giorni e ti invita ad essere sempre in azione.

          2)Roberto. So che la tua specialità sono le Lettere e la lingua italiana: la musica italiana è stata caratterizzata da alcuni brani il cui testo è diventato una pietra miliare per molte persone, basti pensare a Questo piccolo grande amore o Alba chiara; quale o quali sono i brani che consiglieresti agli amici di «Tatami», il cui contenuto letterario ritieni abbia un significato assolutamente da «assorbire»? Ci spiegheresti anche le motivazioni?

          Amedeo. A me piace la «musica bella» (e questo apre il campo alla soggettività e al confronto). Un brano che consiglio di ascoltare è La cura di Battiato, è sintesi di contenuti, profondità, espressione del comune sentire e del naturale bisogno che c’è nelle parole del grande maestro siciliano. Alte canzoni che ascolto con piacere sono Contessa di Ruggeri con i Decibel; Una Donna per amico di Mogol-Battisti; Meravigliosa Creatura della Nannini; Il sole che non vedi di Renato Zero.

          Ad ogni modo credo che l’importante non sia molto il brano in sé ma capire l’intenzione e la motivazione che l’ha fatto nascere: entrare in sintonia, in empatia, con l’autore per vivere al completo il mondo della canzone… È in questo modo che la musica diventa comunicazione e la comunicazione vita.

          3)Roberto. Sono curioso di sapere quali sono i passaggi fondamentali che ti hanno portato, insieme ad Antonio e Cristina a comporre Vogliamo vedere Gesù e quali sono i passaggi che preferisci di tutta la canzone.

          Amedeo. Vogliamo vedere Gesù è nata da un bisogno: una necessità che non so spiegare; la penna ha scritto da sé, le parole si sono fissate sul foglio senza una coscienza razionale eccessiva. Ma perché lo vogliamo, se lo vogliamo? E da dove nasce questo bisogno? Qual è il suo fine?

          Don Tonino Bello – come d’ altronde anche don Pino Puglisi – mi hanno insegnato ad essere persona «contemplaTTiva»: non basta vedere Gesù, contemplarlo, se non si annuncia la sua gioia, la verità di ognuno al mondo!

          Per questo dobbiamo dare un segno! Un’impronta che è impressa nel disegno di Dio. Adoro la strofa iniziale nel complesso, perché descrive la nascita urgente del bisogno, il dolore, il grido, la necessità di qualcosa che spenga il rumore martellante del mondo, risposta che trova risoluzione nell’estatico volto di Gesù. E poi mi piace da morire la parte che abbiamo inventato insieme in studio, «per colorare il mondo dobbiamo dare un segno: è questo il nostro sogno: questo il suo disegno» WOW! Spiazzante: quando i nostri sogni intercettano il piano di Dio la festa è assicurata: la gioia è piena! Ed è quanto è successo al mio, al nostro sogno!

          Ed è questo che succederà, senza dubbio, a tutti voi se saprete spegnere il rumore intorno a voi per liberare il grido di bisogno che è in ognuno ed ascoltare la risposta di Gesù! E state sicuri che Lui risponde sempre, e a volte anche in modo insistente.

          4)Roberto. Nell’inno 2010 l’azione di «vedere» Gesù ha molti significati. Partendo da questi ultimi e secondo il tuo punto di vista, cosa consiglieresti a chi invece sta guardando altrove?

          Amedeo. Vedere… vedere…. Tutti vogliono vedere e pochi desiderano «sentire, provare». Pochissimi altri vivere. A che serve vedere, se la propria vista è focalizzata su cose che non sono degne neppure di essere guardate? A te che stai leggendo rivolgo una domanda: ti aspetteresti la mia risposta ma una risposta annullerebbe la tua curiosità, il senso profondo della tua ricerca.

          Cosa stai guardando? E, soprattutto, hai indossato gli occhiali giusti per vedere bene? Hai messo ben a fuoco gli obiettivi della tua vita? Non è sbagliato guardare «altrove», anzi, aiuta a scegliere. Ci sono tante cose da vedere, molte da guardare ma poche hanno quella luce che ti ipnotizza e ti invita ad osservare insistentemente, senza distogliere lo sguardo. Il mio invito, che rivolgo in primo luogo a me stesso e che estendo a te, caro amico, è questo: di essere persona cristianamente strabica: con un occhio rivolto al mondo e l’altro sempre fisso in Gesù.

          Soltanto così sapremo, saprai, trovare il punto di fuga giusto per ogni prospettiva. E poi un consiglio: guarda in alto e sogna in grande! La vita è solita sminuire le aspettative: è per questo che dobbiamo puntare in alto e non permettere che i nostri sogni esplodano nel cielo come bolle di sapone, ma dobbiamo trasformarli in mongolfiere colorate, spinte dal fuoco dello Spirito, che volano in alto insieme con i desideri più sinceri.

          5)Roberto. Mi hai parlato del tuo impegno sociale, da dove partire per essere «utili»?

          Amedeo. Per me impegno sociale è «realizzare il proprio essere uomo di vita e di strada». In strada incontri la vita, nelle strade non solo esterne ma in ogni percorso che ci assilla la mente. La vita va amata, difesa, capita, corteggiata, a volte combattuta ed educata. Impegnarsi socialmente coincide con il vivere da persone che comprendono il proprio essere uomini nel mondo ma non del mondo. Forse uomini e donne, giovani, ragazzi per il mondo, armati di vita e carichi di volontà.

          Non c’è gioia più bella del donare parte del proprio tempo agli altri e dare l’altra parte alla propria famiglia: lasciare una parte pari a zero per sé per scoprire che siamo persone vere solo nel momento in cui non abbiamo riserve nel regalarci agli altri, interamente. «Omnia omnibus» (tutto a tutti): inizia a donarti a tutti in ogni cosa che fai e scoprirai solo così che donando tanto riceverai pochissimo, è vero, ma avrai nel cuore un fuoco sempre ardente che ti insegnerà ad agire senza volere un riconoscimento; la tua gioia sarà il tuo stesso regalarti agli altri.

          Sia bene inteso che in quel «tutti» a cui ci si deve donare è compresa la nostra stessa persona: il dono totale di sé e a sé coincide con il donarsi tutto a Dio e, come dice Agostino di Ippona, «noi siamo fatti per te Signore ed il nostro cuore è inquieto finché non riposa in te!»

          6)Roberto. Come vedi il tuo orizzonte artistico ora che a tutti gli effetti puoi considerarti un autore di musica cristiana? Per coloro che non fanno musica, quale contributo è possibile dare al contesto giovanile?

          Amedeo. Una canzone non ti cambia la vita ma sicuramente da una forte spinta ai tuoi progetti, incendia di luce la notte delle nostre attese, diventa conferma per i propri obiettivi, ne fa nascere di nuovi e punzecchia continuamente la creatività. Il mio orizzonte artistico è pieno di progetti, non solo musicali: amo l’arte in ogni sua forma e mi piace accarezzare ogni suo aspetto in base ai movimenti irrazionali della mia anima.

          Quando l’estro bussa è impossibile tenerlo a freno e questo vale per me e per ogni persona che sia cosciente di avere un’anima capace di provare sentimenti. La mia affinità con la musica è come la danza con una bella dama: è eleganza, movimento, sinuosità ma anche ritmo, urla, salti, animazione! La musica punta dritto al bersaglio e lo centra con colpi spiazzanti senza mezzi termini. In diocesi sto cercando di creare, insieme con amici della Pastorale giovanile, un Laboratorio di creatività che raccolga «talenti» artistici in ogni campo, per valorizzare quanto di bello, positivo e propositivo ognuno ha in sé. Inoltre sto conoscendo molte persone, anche al di fuori della diocesi, con cui dar vita a progetti musicali ed artistici: basta un’idea, una proposta, un grande sogno, a volte anche una «voglia megalomane» per dar vita ad un grande «prodotto» di contenuto e di impatto.

          Non serve vincere un concorso per essere utile: serve esserci ed essere propositivi!! Soprattutto ai giovanissimi rivolgo un consiglio: tante volte spendete il vostro tempo in cose che lasciano il tempo che trovano… Fate della vostra inquietudine, dell’irrequietezza che vi caratterizza, della vostra caparbietà il punto di forza di un cammino nel mondo e per il mondo: non si è mai troppo giovani per iniziare a donarsi, mai troppo piccoli per sognare!!! Create pace dalle tempesta che avete dentro e iniziate a contagiare con la vostra gioia il mondo! Si è santi sorridendo!

          E allora iniziate a rendervi utili diventando «pusher» di sorrisi; sniffate allegria per regalare buon umore, fate overdose di Dio per fracassare le montagne di ostacoli che si frappongono alla Gioia e lanciate coriandoli di amore che rallegrano il mondo. La gente ha bisogno di sorridere perché dalla gentilezza nasce l’amore e nell’amore è Dio. Diventate «giullari del Signore!»

          Per finire, una citazione di un poeta che ha scoperto il suo essere uomo fino in fondo: «homo sum, nihil humanum a me alienum esse puto»; «sono un uomo, ritengo che nulla di ciò che riguarda l'uomo mi sia estraneo».

 

Elisabetta Venturini

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