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Habemus Papam: l'ecclesio...terapeuta

Il papa incarnato nella crisi che attanaglia l'uomo contemporaneo risulta alla fine il più umano di tutti. Impensabile? Qui sta il punto: manca la fede in quest'uomo, perché rifiuta di essere la guida della Chiesa di Roma? Eppure lui stesso assicura che non ha problemi con la fede e il discernimento del rifiuto gli viene proprio dall'ascolto della Parola in una messa feriale. La fede si esprime solo con un “sì” indiscriminato?


Habemus Papam: l'ecclesio...terapeuta

da Attualità

del 28 aprile 2011   

            Allo spettatore, Habemus papam chiede di fare un patto di grazia e leggerezza, come quello necessario per entrare nelle fiabe. Non c’è satira verso la chiesa e non c’è approfondimento psicologico del protagonista, Moretti procede per fotografie, non fa pronunciare ai suoi personaggi prediche o sentenze, semplicemente lavora sulla fantasia di un uomo che, davanti al potere, dopo aver ragionato su se stesso, fa un passo indietro.          

          Nessun politico, nessun manager, nessun presentatore TV, in questi anni, è in grado di prendere le proprie misure e con umiltà lasciare un posto che gli dà autorità. E’ per questo che Habemus papam  ha il sapore delle favole e, come spesso succede, le favole vengono capite meglio da grandi.             Farà anche un film “ogni morte del papa” Moretti, ma quando arriva, nel bene e nel male, se ne parla sempre, talvolta anche a sproposito. Poteva non succedere mirando dritto al papa? Per di più la promozione del film ha rispettato la caratteristica principe del conclave: set blindato e bocche cucite fino alla prima.Viste le posizioni arcinote di Moretti, difficilmente uno spettatore finirà a vedere Habemus papam in cerca di una meditazione pasquale o di ristoro per la su anima devota. Detto ciò per la molteplicità dei punti di vista messi in campo con eleganza e simpatia, il film garantisce significati che si allargano all’Oltretevere.Se la riflessione centrale rimane quella universale sul ruolo e la gestione del potere ben oltre le dinamiche del Vaticano, è innegabile che il film si tratteggi anche un discorso critico sulla chiesa cattolica. A Moretti interessa approfondire gli ingranaggi umani (magari meno spirituali) che la sostengono e non tanti altri privilegi o scandali che ben volentieri lascia alle telecamere, corvi digitali, che critica con ferocia nell’incipit del film. Su di essi corre via veloce e indolore con una carrellata che ne attesta solo l’esistenza (in Vaticano ci sono le medicine che a Roma non si trovano, la benzina costa meno…) ma di cui, lui, professionista del dialogo terapeutico, non si cura.                          Nel film Moretti è il psicanalista che finisce nella ‘stanza delle lacrime’, così è soprannominata la sacrestia della Cappella Sistina, dove il neoeletto francese, vestendo i paramenti papali, vive una crisi di panico che lo serra in uno stato confusionale. […]                       Il papa incarnato nella crisi che attanaglia l’uomo contemporaneo risulta alla fine il più umano di tutti. Impensabile? Qui sta il punto: manca la fede in quest’uomo, perché rifiuta di essere la guida della Chiesa di Roma? Eppure lui stesso assicura che non ha problemi con la fede e il discernimento del rifiuto gli viene proprio dall’ascolto della Parola in una messa feriale. La fede si esprime solo con un “sì” indiscriminato? È  da infedeli fare i conti con i propri limiti? Non si avvalla un processo perverso per cui dietro alla maschera della fede si giustifica ogni incapacità che non aiuta la Chiesa stessa? Tutte domande che scavalcano le transenne di San Pietro e forse non lasciano indifferenti i cristiani in veste di spettatori. Si addebita a Moretti non credente di aver concluso Habemus Papam con le dimissioni di Melville, perché l’assenza di Dio nella sua vita non gli consente di intravedere l’azione dello Spirito che illumina anche le tenebre. Ci può stare, ma se la fede servisse anche per ammettere i propri limiti?Dio può dirsi davvero assente perché il cardinale vuole rimanere soltanto tale? «Cambia il pastore il suo pascolo» canta Mercedes Sosa nella stupenda Todo cambia che sua santità ascolta mentre vaga come un indifeso del vangelo. Anche un rifiuto può cambiare il mondo? Anche un “no” può testimoniare un “sì”?                  Nessun vilipendio alla religione, men che meno “condoglianze” alla Chiesa o offese al papa, solo molte domande universali, per chi vuole sentirle.

Arianna Prevedello

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