Compie 50 anni il documento di Paolo VI datato 25 luglio 1968 e pubblicato quattro giorni dopo. Amore, sesso, paternità e maternità responsabili: un documento articolato...
del 27 luglio 2018
Compie 50 anni il documento di Paolo VI datato 25 luglio 1968 e pubblicato quattro giorni dopo. Amore, sesso, paternità e maternità responsabili: un documento articolato...
Nonostante i cinquant’anni passati dalla sua pubblicazione, il dibattito nella Chiesa sull’Humanae vitae rimane ancora estremamente vivace. Nessuna sorpresa, naturalmente, perché la sessualità è una sfera decisiva di espressione della persona nella sua totalità, è la forma più intensa e completa di relazione d’amore tra l’uomo e la donna. Questa pienezza è ancora più potente per il fatto che, grazie all’irriducibile differenza tra maschile e femminile, l’atto sessuale è naturalmente collegato alla possibilità di mettere al mondo un altro essere umano.
E proprio in questa indissolubile connessione tra sessualità e generatività, quando si diventa “una sola carne”, tanti drammi e tante fatiche. Proprio per questa «pienezza dell’umano», inscritta nella sessualità, la Chiesa è legittimata e chiamata a occuparsene, per sottolinearne il valore, per educare le persone, per segnalare i rischi di “diminuzione dell’umano”, quando se ne perdono le qualità essenziali. Altrimenti sarebbe meglio limitarsi a sostenere che nella camera da letto entrano solo gli sposi; né suoceri, né amici, e tantomeno preti, suore o vescovi.
Proprio per custodire questa pienezza dell’umano, un Pontefice così rispettoso e attento alla libertà della persona come Paolo VI si trovò a prendere decisioni così importanti e a formulare indicazioni tanto precise e “prescrittive” come quelle dell’Humanae vitae. Per papa Montini questa enciclica fu un punto di svolta estremamente doloroso: da possibile “innovatore” della Chiesa si ritrovò etichettato e accusato di “conservatorismo”, di scarso coraggio, per alcuni anche di aver tradito la potenza rivoluzionaria del concilio Vaticano II. Lui stesso sicuramente ebbe a soffrire personalmente, da lì in poi. La storia oggi è nota a tutti: i cosiddetti “metodi naturali”, che per molti sono stati un’importante palestra di umanità nella coppia, sono stati scarsamente utilizzati (anche perché poco promossi a livello pastorale, nonostante il grande impegno di pochi), e anche le coppie credenti più impegnate in genere operano già da decenni un proprio “discernimento privato” riguardo l’etica sessuale, e nella cura pastorale quotidiana il tema non è quasi mai decisivo. Così come accade per l’esercizio della sessualità fuori dal matrimonio, pressoché totalmente sparita dai radar etici e morali come “peccato”.
La rivoluzione pastorale di Amoris laetitia ha investito anche questo aspetto, di fatto riaprendo il dibattito, aiutando così l’intera Chiesa a riflettere nuovamente sulla responsabilità dei laici nelle proprie scelte di vita, sul ruolo dell’accompagnamento spirituale, su come offrire indicazioni sul valore ideale cui si è chiamati, senza puntare il dito su chi quel valore non riesce a perseguire. E anche a riscoprire il significato della sessualità e dell’apertura alla vita: «Fin dall’inizio l’amore rifiuta ogni impulso di chiudersi in se stesso e si apre ad una fecondità che lo prolunga oltre la propria esistenza. Dunque nessun atto genitale degli sposi può negare questo significato (HV, 11-12), benché per diverse ragioni non sempre possa di fatto generare una nuova vita», sono le parole di Amoris laetitia, n. 80.
Ma forse per capire meglio il percorso dall’Humanae vitae all’Amoris laetitia è importante uscire dalle sacrestie e dare un’occhiata al mondo intorno a noi, con messaggi che già nel Sessantotto (l’anno dell’enciclica, non dimentichiamolo) erano potenti. In primo luogo l’esercizio della sessualità come gioco, come libertà assoluta, per arrivare, oggi, a un pansessualismo in cui viene spesso calpestata la dignità della persona (e soprattutto della donna, se non addirittura dei bambini), in cui l’atto sessuale è spesso “il primo incontro” tra i due, magari all’inizio dell’adolescenza, anziché il completamento di un percorso di integrazione tra due libertà. Dove l’atto sessuale è “vuoto”, perché indirizzato a sé stessi, anziché pieno di senso, proprio perché riempito dall’altro. Ma ricordiamo anche il grande dibattito sulla cosiddetta bomba demografica, a livello internazionale, che nascondeva le macrodisuguaglianze economico-sociali tra le varie parti del mondo dietro l’allarme del “Siamo troppi”, e obbligava a scambiare aiuti al Terzo mondo con campagne di family planningattuate con pillole, aborto e sterilizzazioni di massa più o meno obbligatorie. E oggi, paradossalmente, tutte le società occidentali si scontrano con un progressivo e drammatico crollo della natalità, segno di una più ampia e ancora più drammatica incapacità di generare e accogliere speranza, futuro e vita.
Occorreva davvero, allora come oggi, una voce profetica per ricordare, oltre la casistica dei metodi, il cuore del messaggio, cioè la bellezza della vita umana, o, come iniziava proprio l’Humanae Vitae, «il gravissimo dovere di trasmettere la vita umana, per il quale gli sposi sono liberi e responsabili collaboratori di Dio creatore».
Francesco Belletti
http://www.famigliacristiana.it
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