Donboscoland

I bambini si preparino a combattere.

Attendeva il suo turno. Ha obbedito. A un gioco organizzato dai grandi. Non ha capito che il gioco era la sua morte. Non glielo hanno detto, quei bastardi. A loro non importava nulla di lui. Dio faccia del piccolo kamikaze con la cintura di fuoco il protettore di tutti i bambini in guerra. Dio, lui solo può cavare un bene da questo nero infinito. Lo cavi, se è Dio.


I bambini si preparino a combattere.

da Attualità

del 03 novembre 2005

Ha obbedito. Come fanno spesso i bambini. Qualcuno gli ha detto: là, vai là. Ed è corso verso la strada dove passava il generale della polizia. Con la cintura esplosiva ben stretta ai teneri fianchi. È andato verso la propria morte con l'incoscienza dei bimbi. A chi lo ha reso così, mostruoso ordigno, l'anima deve esplodere per tutto il resto dei giorni.

Se la versione raccontata dalla vittima predestinata sarà confermata, mille interrogativi si riproporranno. Che gioco pensava di fare, quel bimbo, nella lunga attesa sulla strada? Lo hanno visto lì per molto. Che pensieri infantili metteva nella sua piccola collana, nella morbida cera della sua concentrazione. Cosa pensava di fare? È l'età in cui i bimbi mettono su le prime vere espressioni da grandi. Attendeva il suo turno. Ha obbedito. A un gioco organizzato dai grandi. Ha giocato un gioco più grande di lui. Agli altri giocatori non gliene fregava niente di lui. Non ha capito che il gioco era la sua morte. A un bambino è impossibile spiegare che deve morire. Non glielo hanno detto, quei bastardi. A loro non importava nulla di lui. Andava bene allo scopo. Come una mitraglietta, un'arma leggera. La sua schiena gentile, ancora flessibile, come una pistola adatta, ben camuffabile. L'avranno accarezzata come un killer accarezza la canna della pistola.

Chi è l'uomo che gli ha detto: ecco, vai? Perché non lo ha fermato, non gli ha detto: ma cosa stiamo facendo, vieni, slacciati la cintura, andiamo a giocare davvero? Perché non lo ha fatto? Che malattia dev'essere il pensiero di quell'uomo. Che peste, che lebbra. Che flagello da combattere, da stanare, da sterminare. Si è messo sulla strada ad aspettare. Il suo turno d'essere l'ennesimo uomo bomba. Non è una novità l'uso dei bimbi nella guerra. A questo eravamo già arrivati da tanto. Mai in Europa. Mai nelle terre cristiane, e un motivo ci sarà. Abbiamo già visto i bimbi soldato, in molti luoghi di questo infausto pianeta. Uno spettacolo insostenibile. Peggio di qualsiasi orrida disfunzione della natura è questo snaturamento dell'infanzia. Peggio di ogni cataclisma è questo torcere la vita piccola in arma. Peggio. Non è solo un tradimento, non è solo una malvagia strumentalizzazione. È la negazione duplicata del futuro. Il kamikaze come figura guerriera è apparso nelle guerre combattute da popoli in cui fede, onore e senso della vittoria sono una miscela indivisibile e tremenda. In cui il sacrificio della vita coincide con l'odio per l'avversario. Un corto circuito di ogni senso, e di ogni rispetto. La perversione del combattente. Perché la guerra è il luogo degli orrori possibili. Mentre il kamikaze di oggi è la figura dell'orrore ricercato con cura maniacale.

Ora la figura del kamikaze bambino oscura ancora di più, se è possibile, il volto di questo protagonista del nostro tempo. Lo getta non solo nel nero dell'incomprensibile. Ora il kamikaze è davvero invincibile. Ora il suo potere è tremendo. Ora non si può fare nessuno sconto al pensiero-peste che manda i bambini bomba in mezzo alla strada. Nessuna rivendicazione politica, nessuna ingiustizia, e nessuna giusta causa possono permettere di chiamare quegli uomini dei 'combattenti'. Quelli sono la peste.

Ma Dio faccia del piccolo kamikaze con la cintura di fuoco il protettore di tutti i bambini in guerra. Dio, lui solo può cavare un bene da questo nero infinito. Lo cavi, se è Dio. Toccando i cuori di chi può, di chi sta giocando questo gioco infernale della guerra. Sennò ci lasci perdere, in balia di questa feroce aiuola del mondo. E i bambini si preparino a combattere.

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