Decine di zainetti colorati corrono da una parte all'altra, lungo le scale, entrano ed escono dalle stanze. A volte si fermano, fisso lo sguardo su una scritta, una qualunque...
del 14 novembre 2014
Decine di zainetti colorati corrono da una parte all'altra, lungo le scale, entrano ed escono dalle stanze. A volte si fermano, fisso lo sguardo su una scritta, una qualunque: CORAGGIO MAMMA, oppure: LIBERTÀ, oppure la denuncia di un traditore. Fisso lo sguardo, la bocca un po' aperta, davanti la camicia insanguinata o la divisa stracciata di un martire.
Li ospita il carcere-museo di Via Tasso, dove durante la Seconda Guerra Mondiale i tedeschi torturarono e uccisero oltre duemila antifascisti. E tutti loro, vocianti e ridenti, sono i ragazzi giusti al posto giusto. Perché loro, proprio loro, ben nutriti e chiassosi, erano il sogno. Il sogno degli uomini che in quelle celle trovarono la forza di tacere, di conservare la loro dignità, di non rivelare nascondigli, obiettivi, nomi, difendendo così la possibilità di liberare il proprio paese, la possibilità che a questo paese restasse un po' di orgoglio.
Loro erano il sogno. Il futuro meraviglioso e colorato che sarebbe nato da quel baratro nero in cui il mondo era precipitato. Loro che avrebbero studiato tutti i libri e letto tutti i giornali, liberi di dissentire e di cercare ovunque la propria strada. Liberi anche di negare e offendere il sogno che li aveva generati. La loro visione tenne ancorati alla realtà uomini ridotti a larve, che facilmente avrebbero potuto lasciarsi sedurre dal buco nero della disperazione e dell'annientamento. Al male oscuro e cosmico della tortura e dell'assassinio, rispondono da sempre i figli giovani della verità.
di Gioia Quattrini
tratto da http://www.notedipastoralegiovanile.it
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