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I doni dello Spirito Santo - Parte II

Vi offriamo un piccolo itinerario a due puntate sui Sette Doni che lo Spirito Santo elargisce. Seconda puntata: il dono della fortezza, il dono della pietà, il dono del consiglio e il dono della scienza.


I doni dello Spirito Santo - Parte II

da Teologo Borèl

del 08 novembre 2011 (function(d, s, id) { var js, fjs = d.getElementsByTagName(s)[0]; if (d.getElementById(id)) {return;} js = d.createElement(s); js.id = id; js.src = '//connect.facebook.net/it_IT/all.js#xfbml=1'; fjs.parentNode.insertBefore(js, fjs);}(document, 'script', 'facebook-jssdk'));  - 4. Il Dono della Fortezza -           Con il dono della Fortezza, lo Spirito viene in aiuto alla nostra debolezza fortificando la nostra volontà e rendendoci perseveranti nelle opere buone, saldi nell’esercizio delle virtù e stabili nel proposito della santità.La debolezza della nostra volontà, spesso anche impedita da legami occulti, ci impedisce di fare dei seri progressi nella via del Signore. Spesso siamo come quel terreno sassoso di cui parla Gesù nella parabola del buon seminatore. Su questo terreno cade il seme della Parola: la ascoltiamo, la accogliamo con gioia, ma non abbiamo radici in noi e siamo incostanti. Appena giunge una tribolazione o una persecuzione ne rimaniamo scandalizzati e turbati (Matteo 13,20). Molti cristiani non riescono a raggiungere la perfezione a motivo della loro incostanza.Abbiamo pertanto tutti bisogno di essere avvolti dalla forza del Signore, la cui fedeltà rimane come scudo e corazza.“Mia forza e mio canto è il Signore” (Esodo 15, 21).Lo Spirito della forza si manifesta quando l’uomo ha rinunciato alla sua forza e alla sua presunzione di potersi salvare ed aiutare da sé. Scrive il profeta Isaia: “Nella conversione e nella calma sta la vostra salvezza, nell’abbandono confidente sta la vostra forza” (Isaia 30, 15). L’esempio luminoso di fortezza è Cristo Gesù che ha rinunciato a tutte le sicurezze che Gli potevano divenire dall’essere per natura Figlio di Dio, ma vi ha rinunciato apparendo sulla scena del mondo umile, povero, feribile, indifeso, disarmato e disarmante, arreso agli uomini i quali lo hanno fatto morire sulla Croce (Filippesi 2, 5-11). Sul suo esempio Paolo potrà dire: “Considerate la vostra chiamata fratelli, fra di voi non ci sono molti sapienti secondo la carne, non molti potenti, non molti nobili. Ma Dio ha scelto ciò che nel mondo è stolto per confondere i sapienti, Dio ha scelto ciò che nel mondo è debole per confondere i forti. Dio ha scelto ciò che nel mondo è ignobile e disprezzato e ciò che è nulla, per ridurre al nulla le cose che sono…” (1Cor 1, 26-28).           Più in particolare possiamo dire che come il corpo senza anima non ha forza vitale, né alito di vita, così, l’anima, l’intimo dell’uomo non ha forza senza lo Spirito del Signore. Lo Spirito della fortezza opera in noi come lo scudo invincibile della fede, come il conforto imperturbabile della speranza e come l’inestinguibile fuoco della carità. Si manifesta nella fede intrepida, perché estingue i dardi infuocati del maligno (Efesini 6, 6). La fortezza si manifesta anche nella nostra Speranza. Affermi infatti il profeta Isaia: “Quanti sperano nel Signore riacquistano forza, mettono ali come di aquila, corrono senza affannarsi, camminano senza stancarsi” (Isaia 40, 31). La fortezza infine si manifesta con l’incendio inestinguibile della carità poiché l’Amore è forte come la morte. Per l’Amore furono forti i martiri, i confessori, le vergini e i vergini…Quando abbiamo cominciato a conoscere il Signore, quando la vita di Cristo ha cominciato a germogliare in noi e abbiamo capito che il suo Vangelo è Parola che dona la vita, dobbiamo seriamente impegnarci a rimuovere gli ostacoli che impediscono alla vita, che ci viene dal Signore, di svilupparsi. Ma come fare, deboli come siamo? Ma è proprio qui che si innesta l’opera dello Spirito Santo con il dono della fortezza. Non viene Egli forse in aiuto ed in soccorso alla nostra debolezza? Non è forse Egli il “Padre dei poveri”, come cantiamo nella sequenza della solennità di Pentecoste? “Veni pater pauperum!” Vieni ,Padre dei poveri!”.La vita cristiana, come risposta al Vangelo, non è per gli smidollati, ma per uomini e donne che sanno conoscere, nella loro debolezza, la necessità di essere forti! Da dove attingere la fortezza se non dallo Spirito Santo che ci è stato donato? Come si fà ad amare i nemici, per esempio, chi mi ha ucciso un figlio, un padre, un amico, chi mi ha fatto torto e perfino tradito? C’è un’esigenza evangelica più forte di questa? Chi, umanamente parlando, possiede questa forza? Nessuno. Solo lo Spirito del Signore può creare in noi.            Lo Spirito della fortezza ci aiuta sempre ad avere il coraggio dell’Amore, il coraggio di non scendere mai a compromessi, il coraggio della verità, di non cercare mai il nostro interesse, il coraggio di perseverare e rimanere nel bene, il coraggio soprattutto di essere profeti in un mondo che, culturalmente parlando, ha ormai acquisito la negazione sistematica di negare la Verità. Spirito della fortezza, vieni in noi. Amen  - 5. Il Dono della Pietà -           I nostri rapporti con gli altri sono regolati da una particolare virtù che chiamiamo “giustizia”. Praticandola, noi siamo portati a dare agli altri ciò che è loro dovuto. Gesù nel Vangelo sintetizza il significato della giustizia quando afferma: “Tutto quanto volete che gli uomini facciano a voi, anche voi fatelo a loro: questa è infatti la Legge e i Profeti” (Matteo 7, 12). L’intero discorso della montagna è improntato ad una esigenza di giustizia. Ma la giustizia di Gesù non è più quella degli scribi e dei farisei, è una giustizia superiore: “Se la vostra giustizia non supererà quella degli scribi e dei farisei, non entrerete nel Regno dei cieli” (Matteo 5,20). La giustizia di Gesù è tutta incentrata sulla pietà e quindi sulla misericordia e sull’amore. E’ la giustizia che, per esempio, pratica il pio e buon samaritano che cura le ferite dell’uomo percosso dai ladroni e lasciato a terra semimorto (Luca 10, 29 e seguenti). E’ la giustizia che sà accogliere i peccatori, lebbrosi, ammalati e li sà amare, curare e guarire.            L’uomo pio e giusto è colui che sà individuare le ragioni dell’amore al di là del puro legalismo e che quindi sà pienamente soddisfare il diritto degli altri ad essere amati, ivi compreso il diritto di Dio che vuole essere amato, servito ed adorato.Fin qui il compito della giustizia che, quando è applicato nei confronti di Dio viene chiamata anche virtù delle religione, mediante la quale diamo a Dio ciò che gli è dovuto in quanto Creatore, Benefattore e che ci conserva in vita. Ora possiamo definire il dono della Pietà.Esso è un influsso, un tocco soprannaturale dello Spirito santo, che trasforma tutte le esigenze della giustizia, sia nei confronti degli uomini che di Dio, in un atteggiamento di amore che porta in sé anche una carica di dolce e sobria affettività, perché coinvolge le fibre più interiori dell’uomo.Sotto l’influsso del dono della Pietà diamo agli altri con gusto e diletto, non solo ciò che è dovuto, ma anche di più, quel molto di più che ha per limite lo spazio senza limite della carità. Parimenti, trascinati dalla forza del dono, tributiamo a Dio molto di più di quanto, la semplice virtù della religione, ci porta a dargli. Sentiamo che il suo Amore esige un’adorazione in “spirito e verità”, una risposta d’amore che non è più un semplice atto di dovere, ma gratuità ed attrazione verso un Amore più grande ed esigente. Con il dono della Pietà si và molto oltre del semplice “dovuto” e si entra nella libertà bella e nella bellezza della libertà che è il cielo di Dio!Per comprendere meglio, guardiamo a Gesù, il “pio” per eccellenza. Nessuno più di Lui sente il rapporto di figliolanza con il Padre, nessuno più di Lui lo vive con tenerezza affettiva. Egli è venuto a servire il Padre e fare le sue opere, compiendone con libertà amorosa la Volontà sino alla fine: “Sì, Padre, perché è piaciuto a te” (Matteo 11, 25-30).Con il dono della Pietà lo Spirito santo ci comunica lo stesso rapporto di legame affettivo che unisce Cristo al Padre e il Padre a Cristo. Lo Spirito ricopia in noi ciò che è la realtà più intima del cuore di Cristo, ciò che è più propriamente e più intimamente suo: il rapporto di filialità. Lo Spirito di Pietà dunque, con il suo grido, con la sua preghiera, con il suo zampillante mormorio d’acqua viva che sale fino al cielo, ci fà sentire e gustare l’affetto dei figli verso il Padre. Non un affetto qualunque, ma lo stesso affetto che Gesù nutriva per il Padre celeste.Attenti, però, esiste una falsa pietà che è solo apparenza, fatta di parole studiate, di comportamenti artefatti e spesso anche affettati. Di questo tipo di pietà, che non viene dallo Spirito santo, Dio ha nausea, infatti nasce da un cuore che vuole piacere a sè stesso.Sul piano dei rapporti con il prossimo, infine, la Pietà porta a compimento e a perfezione il culto gradito a Dio, che si consuma sull’altare del cuore degli uomini, fratelli perché figli dello stesso Padre.- 6. Il dono del Consiglio -           Ciascuno di noi, nel suo cammino di impegno cristiano, si viene a trovare sempre in situazioni particolari. La vita ci impone scelte da compiere, idee da manifestare, comportamenti da assumere, ricerca di come sia meglio esercitare un atto di carità, di come potere aiutare un’altra persona....Sono tante insomma, le situazioni concrete, in cui la nostra capacità di tradurre in pratica le esigenze del Vangelo, viene chiamata continuamente in causa.Il nostro proposito di vivere secondo la Volontà di Dio, anche se rassodato sotto l’influsso degli altri doni, talvolta non può tradursi in pratica, perché il nostro istinto naturale, la ragione e la volontà si trovano dominati dalle passioni. Esse infatti ci inclinano a fare delle scelte poco equilibrate, dettate qualche volta, più dall’impeto delle emozioni, che da una chiarezza interiore. Le scelte derivanti risultano precipitose.            “Mostrami Signore la tua via, perché nella tua verità io cammini” (Salmo 86,11).Anche in queste particolari situazioni, lo Spirito ci viene in aiuto con il Dono del Consiglio. Egli prima di tutto, guarisce la nostra naturale precipitazione nel dare risposte ai problemi concreti della vita, che ci travagliano interiormente e ci dona la luce, per potere scegliere secondo il volere di Dio. Per questo motivo lo Spirito Santo viene chiamato il “Maestro dell’Ora”. Egli ci visita con il suo dono negli atti più ordinari della nostra vita e ci fà comprendere quello che è meglio fare, dire, scegliere , tutto questo soprattutto in ordine alla nostra vita spirituale.           Ricordiamo che i doni ci sono dati in aiuto all’esercizio delle virtù. Tra le virtù morali, ce n’è una che ha il compito di armonizzare ed equilibrare l’esercizio di tutte le altre virtù. Si tratta della virtù della Prudenza. Essa, per esempio, armonizza la virtù della fortezza perché da una parte non diventi temerarietà, e dall’altra perché non si riduca a debolezza e viltà. Essa regola ed armonizza la carità perché non diventi sdolcinata, sentimentale, o interessata in qualunque modo e la orienta secondo lo Spirito del Vangelo, perché sia veramente carità di Dio e secondo Dio. Essa ci insegna a saper conciliare gli opposti: la prudenza del serpente e la semplicità della colomba; ci insegna quando è bene tacere e quanto è meglio parlare; come armonizzare la virtù della fortezza e della giustizia con la dolcezza e la mitezza. Il dono del Consiglio perfeziona maggiormente la virtù della Prudenza, che viene chiamata da san Bonaventura “auriga virtutum”, vale a dire il “cocchiere di tutte le virtù”.Il Dono del Consiglio, è il tocco dello Spirito Santo, che ci aiuta e ci rende capaci, quasi per un istinto soprannaturale, di giudicare con prontezza ciò che sia giusto fare nelle varie situazioni concrete della vita.Spirito del Consiglio, scendi su di noi!.- 7. Il dono della Scienza -           E’ il dono che ha per attività propria comunicare alla coscienza il retto giudizio e la giusta valutazione circa le creature. Chi non ha retto giudizio verso le creature, pensa che in esse ci sia la felicità perfetta, le scambia per il vero fine della vita, mentre in realtà sono solo mezzi per raggiungere il fine stesso.L’uomo comprende questo, quando ha un senso retto delle cose create e non ne fà un culto idolatrico. Ciò avviene attraverso il dono della Scienza. Esso ha una duplice finalità. La prima è quella di aiutare a fissare l’attenzione del cuore e della mente sul vero fine della vita, che è il Sommo Bene e la vera Bellezza: il Volto di Dio. La seconda è quella di farci esercitare un vero discernimento sulle creature, persone, fatti, avvenimenti, perché nulla possa imprigionare il cuore dell’uomo facendolo schiavo.Mediante questo Dono, l’uomo ha la Scienza di Dio applicata alle creature.Sappiamo molto bene, magari per esperienza personale, quanto sia terribilmente facile per l’uomo, asservire a sè le creature, legarsi ad esse facendone degli idoli, cui tributare il culto della propria esistenza. Quante volte si sente dire: “Senza di … non posso vivere!” L’idolatria è il peccato originale dell’uomo. Avvertitamente o inavvertitamente, l’uso delle creature porta con sé l’impronta di tale peccato: per cui l’uomo è fortemente inclinato ad aderire ad esse in maniera disordinata, con la conseguenza che Dio si allontana dal suo cuore. E’ stato scritto che l’uomo per vivere ha bisogno di miti e di idoli, cui tributare onori e gloria. Ma inseguendo questa strada egli muore alla Vita perché consacra sè stesso al vuoto e al nulla.           Attenti: non che le creature siano vuote e nulla, esse portano in sé l’impronta di Chi le ha fatte: Dio. La creazione viene dalle mani di Dio e quindi in sé è buona e bella, ossia affascinante. Ma è l’uso che l’uomo ne fà che può cambiare e rovinare tutto. Se attraverso le creature risalgo a Dio e ne ammiro la Bellezza, allora esse servono a far conoscere la potenza di Dio, Se, al contrario, mi fermo solo ad esse e non vado oltre, allora cado nel peccato di idolatria. Con il dono della Scienza, l’uomo può cantare due canti. O un canto di lode al Creatore, per Colui che ha creato, oppure un lamento di morte, se si lega ad esse in maniera disordinata. Il canto di lode è meravigliosamente registrato dal Salmo 19, 2-7. Dal Salmo 8, dal Salmo 148: in questi Salmi si canta la lode cosmica all’Autore di tanta bellezza. Anche l’uomo è bello, Dio lo ha fatto come una meraviglia stupenda (Salmo 139,14). Con il dono della Scienza, l’anima, quasi in estatica contemplazione, può ripetere del Salmo 92, 5: “Mi dai gioia Signore con le tue meraviglie, esulto per l’opera delle tue mani”.L’importanza del Dono si scienza si rivela su due piani in modo particolare: sul piano della vita interiore e sul piano dell’apostolato.Sul piano della vita interiore, il Dono allarga ed espande tutte le sue potenzialità, la virtù teologale della fede porta il cristiano innanzitutto ad una via di purificazione, suggerendogli in maniera istintiva, un progressivo distacco dalle creature, poi incamminandolo verso una retta ed equilibrata armonizzazione di esse, perché se ne serva, nella libertà interiore per la lode al Signore. Il tal modo l’uomo ha in sé la comprensione del valore delle cose e delle persone ed equilibratamente le usa esercitando su di esse un dominio regale, cioè un servizio di amore e di lode.Sul piano dell’apostolato, il dono della Scienza manifesta tutta una particolare efficacia. L’apostolato mette infatti a contatto l’apostolo con uomini, mezzi, beni creati. L’apostolato spalanca il cuore dell’apostolo al mondo. Può essere allora estremamente facile scambiare i mezzi con i fini. Anche inavvertitamente diventa facile attaccarsi, a motivo della fragilità emotiva ed anche sentimentale, alle persone alle quali deve porgere la Parola di Dio. Ed è ancora più facile, purtroppo, mettere al centro di tutto più le cose da fare, che l’annunzio di Gesù Cristo. Con il dono della Scienza, infuso dallo Spirito Santo, il vero apostolo impara la vera libertà secondo l’esempio di Paolo, il quale afferma di sé: “Essendo libero da tutti, mi sono fatto servo di tutti, per guadagnarne il maggior numero possibile…Tratto duramente il mio corpo e lo trascino in schiavitù, perché non succeda che, dopo aver predicato agli altri, venga io stesso squalificato”(1Cor 9, 19-26). Il Dono della Scienza, porta dunque l’apostolo ad un senso altissimo di distacco, perché gli dona la libertà dalle persone e dalle cose, ciò insomma che è assolutamente necessario per l’annuncio della Parola del Signore. Essere liberi per liberare gli altri. Questo non significa che non bisogna vivere in sana e buona amicizia con gli altri. Tutt’altro. La vera amicizia, anche affettivamente parlando, è veicolo di vero apostolato. Occorre avere un sano rapporto amicale con tutti. Quello che si vuole sottolineare che non si debbano creare legami affettivi che possono impedire la libertà stessa dell’annuncio e la sua qualità.Occorre fare di tutto e con tutto una sintesi vitale. Questa può essere operata solo dallo Spirito e dal Dono della Scienza.  Preghiera allo Spirito Santo:Sequenza allo Spirito Santo Vieni, Santo Spirito manda a noi dal cielo un raggio della tua luce. Vieni, padre dei poveri, vieni, datore dei doni, vieni, luce dei cuori. Consolatore perfetto; ospite dolce dell'anima, dolcissimo sollievo. Nella fatica, riposo, nella calura riparo, nel pianto conforto. 0 luce beatissima, invadi nell'intimo il cuore dei tuoi fedeli. Senza la tua forza nulla è nell'uomo, nulla senza colpa. Lava ciò che è sordido, bagna ciò che è arido, sana ciò che sanguina. Piega ciò che è rigido, scalda ciò che è gelido, drizza ciò che è sviato. Dona ai tuoi fedeli che solo in te confidano i tuoi santi doni. Dona virtù e premio, dona morte santa, dona gioia eterna.Amen

Padre Augusto Drago

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