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I segni della vita vera, sono già tra noi. Lc 11, 29-32 SERIE: D'amore si muore,...

Più uno si guarda allo specchio, meno vede gli altri; più si è autocentrati, meno ci accorgiamo delle belle cose che abbiamo attorno: delle persone, delle natura, delle occasioni, dei fatti decisivi per la vita. Più stringiamo l'orizzonte su di noi, meno ci accorgiamo di quello che d' importante capita proprio tra di noi


I segni della vita vera, sono già tra noi. Lc 11, 29-32 SERIE: D'amore si muore, di speranza si vive

da L'autore

del 13 novembre 2006

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Più uno si guarda allo specchio, meno vede gli altri; più si è autocentrati, meno ci accorgiamo delle belle cose che abbiamo attorno: delle persone, delle natura, delle occasioni, dei fatti decisivi per la vita. Più stringiamo l’orizzonte su di noi, meno ci accorgiamo di quello che d’ importante capita proprio tra di noi. Sicumera la si chiama questo atteggiamento di sentirci l’ombelico della terra, di aver risolto tutto perché noi siamo bravi, di sentirci autosufficienti e autoreferenziali. Tutto ci è dovuto, tutto è scontato, tutto è scolorito.

Erano così anche gli abitanti della Palestina al tempo di Cristo, i suoi stessi compaesani, gli uomini del potere e della religione. Nel loro tessuto di relazioni c’era Gesù, ma non si accorgevano. Lui diceva di sé e del Regno di Dio, ma non gli credevano. Molta gente veniva da ogni parte per ascoltarlo e loro lo davano per scontato. Anzi volevano una prova ogni giorno. Non bastavano le sue parole, i segni della sua forza e della sua bontà, i ciechi che tornavano a vedere, i disperati che tornavano ad avere fiducia nella vita, volevano segni straordinari, eclatanti, inequivocabili. Il giorno dopo ne avrebbero voluto un altro ancora più strepitoso.

La verità era che non volevano cambiare. Stavano troppo comodi nella loro routine quotidiana. Se avessero creduto a Gesù avrebbero dovuto cambiare alla grande, il loro potere sarebbe stato messo in difficoltà. Molta gente ci invidia la nostra fede cristiana, molti cercano la verità, vorrebbero poter dialogare con il Dio di Gesù Cristo, se avessero a disposizione il vangelo, sarebbero felici. Noi invece lo buttiamo, la religione la sopportiamo, ci siamo abituati al vangelo, l’abbiamo perfino sbiadito; il nostro modo di credere ha perso nerbo. Forse anche noi vorremmo dei miracoli, per essere confermati, ma il miracolo vero è sempre e solo Gesù, il risorto, colui per il quale i martiri della nostra terra hanno testimoniato con la vita. Sono i nostri avi che hanno costruito queste nostre città, queste chiese perché erano sicuri della fiducia che avevano posto in Gesù. In lui hanno sempre trovato la speranza.

E noi dove la poniamo questa speranza?

mons. Domenico Sigalini

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