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Il coraggio di dire la verità ai giovani

Giustamente si rileva che questa inquietudine nasce dal disagio profondo che corre in generazioni incerte circa il loro futuro, private di un rapporto sicuro fra competenza e propria valorizzazione, sballottate da una cultura di massa che le ha abituate a ridurre troppe cose, se non tutte a slogan para-pubblicitari...


Il coraggio di dire la verità ai giovani

da Quaderni Cannibali

del 22 dicembre 2010

        

        

         Di fronte alle inquietudini del mondo giovanile bisogna avere il coraggio di dire la verità. E questo è ben diverso dallo sdraiarsi comodamente sulle interpretazioni più banali, siano esse quelle che giustificano tutto, siano quelle che condannano senza appello. La verità purtroppo è sempre una cosa complicata e accettarla richiede maturità e disponibilità ad accogliere i suoi lati ambigui e sfuggenti.

         Giustamente si rileva che questa inquietudine nasce dal disagio profondo che corre in generazioni incerte circa il loro futuro, private di un rapporto sicuro fra competenza e propria valorizzazione, sballottate da una cultura di massa che le ha abituate a ridurre troppe cose, se non tutte a slogan para-pubblicitari.

         Tuttavia a queste generazioni va anche detto che quella giusta ricerca di una soluzione diversa e più aperta per il loro futuro non potrà venire dalla restaurazione di un mondo mitico in cui tutti erano garantiti, lo stato dava gratis tutto a tutti, c`erano solo 'diritti' e i doveri non si sapeva più dove fossero.

         Prima di tutto perché quel mondo in quelle forme estreme che oggi si sognano non è mai esistito. Certo in età di abbondanza e di economia 'allegra' c`era un poco di spazi in più, ma anche allora questi erano marginali nel sistema ed oggi i giovani pagano quella 'spensieratezza' e quelle pretese dei loro genitori. In secondo luogo comunque la trasformazione dei mondo è oggi tale che a quei contesti non si ritornerà: forse per secoli, ma sicuramente per un tempo assai lungo.

         Illudersi di 'fermare il mondo' lasciando sfogo alla rabbia è una ingenuità storica: ricorda quella degli operai che fra fine Settecento e inizio Ottocento distruggevano i telai meccanici e le altre macchine convinti di poter così bloccare la disoccupazione che derivava dall`avvio del moderno sistema di produzione.

         Si sa come andò a finire:

         furono il sindacalismo responsabile che aveva accettato il nuovo modo di produrre, il movimento cooperativo che inventava altre forme di rapporto fra produzione e lavoro, che consentirono il miglioramento della situazione, non certo quelli che distruggevano le 'macchine'.

         Coi giovani bisogna dunque dialogare e molto, ma dicendo loro la verità, a cominciare da quella della stupida inutilità della violenza e del bullismo da stadio di quelli che pensano che sia 'rivoluzionario' fare a botte con le forze dell`ordine e danneggiare cose altrui.

         Poi bisogna scendere sul terreno di questa assurda querelle sulla riforma della scuola e dell`università. Qui non si tratta di dire che le leggi che sono state fatte o che sono in via di approvazione sono il meglio che si possa immaginare. Si tratta di avere il coraggio di dire che così com`è tanto la scuola quanto l`università funzionano male. E questo è un danno, e grave, proprio per gli stud enti, soprattutto per quelli che non godono di privilegi e posizioni sociali o familiari in grado di tutelarli. Intendiamoci:

         gran parte dei giovani lo sa o lo intuisce, tanto è vero che occupazioni e manifestazioni coinvolgono uno strato ridotto del corpo studentesco.

         È ben vero, e anche questo va riconosciuto, che la massa non partecipa, ma assiste senza un vero moto di rigetto a quanto accade, proprio per le ragioni di frustrazione generazionale che abbiamo descritto prima. Resta il fatto che al momento ne maggioranza ne minoranze degli studenti si pongono alcun problema serio su come evitare che il degrado del sistema di istruzione li butti su un mercato del lavoro difficilissimo con qualificazioni e preparàzioni al di sotto di quello che sarebbe richiesto in un momento tanto complicato.

         Non possiamo certo considerare 'proposte' o 'analisi' gli stanchi slogan che sentiamo ripetere contro la presunta 'privatizzazione' della scuola 'pubblica'. Ci chiediamo come sia possibile che nessuno abbia il coraggio di dire che questa è una leggenda metropolitana, perché di smantellare la scuola e l`università pubblica non c`è alcuna intenzione (ahimé, è già smantellata in buona parte), mentre il richiamare anche la società civile alla responsabilità nella loro gestione sarebbe non solo opportuno, ma saggio.

         Nessuna struttura pubblica rimane veramente tale se la si lascia ostaggio esclusivo della 'corporazione' che la gestisce: vale per i professori con la scuola, come per gli addetti ai trasporti per ferrovie e quant`altro, per i magistrati con la giustizia, e via elencando.

         Se giustamente vogliamo avere un sistema di educazione migliore che sia veramente 'pubblico', cioè gestito nell`interesse della collettività ed indirizzato a formare i giovani a cogliere tutte le opportunità che possono avere in relazione alle loro capacità, non possiamo eludere il tema della riforma del sistema dell`istruzione.

         Se vogliamo rispondere al giusto bisogno dei giovani di avere davanti un futuro che offra loro opportunità di lavoro e di realizzazione di sé, dobbiamo partire dal misurarci col problema di adattare il nostro sistema produttivo alle sfide di un mondo che non solo cambia velocemente, ma che è già cambiato in maniera radicale.

Poi non si potrà fare a meno di ricordare che tutto richiederà fatica, rigore e coraggio di affrontare sfide niente affatto facili, per rispondere alle quali tutto serve meno che gli slogan e le leggende metropolitane.

         Con l`avvertenza però che si vuole essere credibili davanti ai giovani nel proclamare queste non sempre piacevoli verità, è indispensabile che ad essere rigorosi, disposti alla fatica, coraggiosi nell`affrontare le difficoltà, siano il mondo delle istituzioni e le generazioni che hanno sin qui goduto di un`età per loro molto favorevole.

         Altrimenti finiremo sempre per parlare tutti solo di fantasie, baloccandoci fra prediche inutili e rincorsa al facile consenso demagogico.

         Fonte: Messaggero

Paolo Pombeni

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