In questo percorso di Quaresima vogliamo presentare alcuni luoghi che segnano la vita cristiana. Oggi presentiamo il deserto.
Il deserto evoca un luogo negativo portatore di morte. Nel deserto, infatti, mancano il cibo e l'acqua elementi essenziali alla vita (Num 20,5); è abitato da bestie feroci (Dt 8,15); nel deserto mancano le strade e in esso s'incontrano i briganti. Il vivere nel deserto corrisponde a una solitudine pericolosa.
Alcune espressioni bibliche indicano la pericolosità di questa esperienza: il deserto era grande e spaventoso (cfr. Dt 1,19), vi erano serpenti velenosi (cfr. Dt 8,15). La tentazione di mormorare contro Dio era grande.
L'esperienza del deserto segna il cammino di fede che il popolo, liberato dalla schiavitù egiziana, deve percorrere, per raggiungere la terra promessa, fidandosi di Dio. Il deserto diviene luogo di prova della fede e di purificazione dalle infedeltà. Nel deserto gli israeliti imparano a fidarsi di Dio, a ricercare la sua guida e a vivere la libertà ricevuta nella fraternità solidale. La solitudine e le privazioni del deserto fanno apprezzare l'essenzialità delle cose e sperimentare che la vita è dono di Dio di cui egli si prende cura (Dt 2,7). Ecco perché nell'esperienza biblica il deserto è luogo di grazia e d'incontro con Dio. Nel deserto si prese cura del popolo donandogli l'acqua, la manna, le quaglie e soprattutto la sua legge d'amore che permette loro di camminare su vie sicure. Il popolo giunto nella terra promessa dovrà ricordare ciò che Dio ha fatto per lui durante il cammino nel deserto durato quaranta anni (cfr. Dt 8,2-6).
Dopo il peccato compiuto nella stabilità della terra promessa, Dio condusse di nuovo il popolo infedele nel deserto, perché, privato dagli idoli di cui si era arricchito, si ricordasse del suo Signore e decidere di appartenere unicamente a lui. Nel deserto riconoscerà il suo peccato e la fedeltà di Dio intrisa di amore geloso che non sopporta il male (Os 2).
Il deserto è simbolo delle conseguenze dell'infedeltà. Il popolo che vive lontano da Dio è come un paese ridotto a deserto (Ger 4,23-26; cfr. 4,27) nel quale abitano animali maligni e pericolosi (Is 13,21). Quando un paese è trasformato in deserto significa che è ridotto al caos originario, paragonabile a una situazione di non vita (Ger 4,23-26; cfr. 4,27).
Dio trasforma il deserto da situazione di morte in luogo di vita; da terra arida e sterile in terra feconda e irrigata, da regione paurosa e senza strade in spazio relazionale colmo della sua sicurezza e protezione. Quando, dopo l'esilio babilonese, fece ritornare il suo popolo dall'esilio alla terra promessa rese il deserto una terra feconda (Is 35,1.7) e il popolo camminò nel deserto cantando le sue lodi.
Nel Nuovo Testamento il deserto, luogo senza strade, è il luogo da dove Giovanni Battista prepara la via al Signore, che è la via della conversione. I vangeli Sinottici ognuno dalla sua angolatura mostra che anche Gesù nel deserto provò le tentazioni che il popolo di Dio nel deserto non seppe vincere. Gesù le sconfisse mostrando che esse vanno superate lasciandosi guidare dalla parola di Dio (cfr. Lc 4,1-13).
Il deserto nella Bibbia, anche quando rappresenta un'esperienza positiva, è sempre una tappa provvisoria. Mai può costituire una dimora stabile. Il profeta Geremia (cap. 35) esprime tale concezione.
Riguardo alla solitudine come luogo d'incontro con Dio è illuminante la storia del profeta Elia che solo sul monte Oreb sperimenta la presenza di Dio (1 Re 19).
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Tratto da: Paoline - Il deserto
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