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Il diritto ad avere i genitori

È legittimo vietare la fecondazione eterologa, cioè con gameti estranei alla coppia che cerca un bambino con la procreazione assistita: lo ha stabilito la Corte di Strasburgo per i diritti umani.


Il diritto ad avere i genitori

da Quaderni Cannibali

del 10 novembre 2011 (function(d, s, id) { var js, fjs = d.getElementsByTagName(s)[0]; if (d.getElementById(id)) {return;} js = d.createElement(s); js.id = id; js.src = '//connect.facebook.net/it_IT/all.js#xfbml=1'; fjs.parentNode.insertBefore(js, fjs);}(document, 'script', 'facebook-jssdk')); 

 

Questo il primo commento di Lucio Romano, copresidente nazionale dell'Associazione Scienza & Vita, alla sentenza della 'Grand Chambrè di Strasburgo che stabilisce che il divieto di fecondazione eterologa non viola la Convenzione europea dei Diritti dell'uomo.

'Nella fattispecie - continua Romano - il divieto di fecondazione eterologa pone le sue basi sulla necessità di tenere conto che la 'dissociazionè di maternità e di paternità, propria della tecnica, crea dei rapporti del tutto diversi rispetto a quelli che si determinano con l'adozione. La Corte evidenzia, quindi, in maniera inequivocabile la prevalenza di un principio fondamentale del diritto: la certezza dell'identità genitoriale'. Secondo Romano 'ancora una volta, nel giro di pochi giorni, dopo la recente sentenza sulla non brevettabilità degli embrioni, un organismo internazionale si pronuncia con chiarezza su temi eticamente sensibili e con argomentazioni rigorosamente laiche. I giudici hanno ribadito che non tutto ciò che è scientificamente possibile è anche eticamente lecito'.'La sentenza con cui la Corte Europea per i diritti dell'Uomo ha riconosciuto la legittimità del divieto di eterologa della legge austriaca, è l'ennesima conferma della saggezza e lungimiranza della nostra legge 40. Il governo italiano insieme a quello tedesco ha voluto affiancare l'Austria nel ricorso, per ribadire l'autonomia dei singoli stati europei in ambiti tanto delicati, sia dal punto di vista etico che da quello medico e sociale'. È quanto dichiara il sottosegretario alla Salute Eugenia Roccella, a proposito della sentenza della Corte Europea dei diritti dell'Uomo di Strasburgo sulla fecondazione in vitro.'Soddisfazione per l'odierna decisione della Corte Europea, che riconosce agli Stati la libertà di vietare la fecondazione eterologa' viene espressa da Carlo Casini, presidente del Movimento per la vita, intervenuto nel processo a sostegno dell'Austria, ricordando di aver 'inviato ai giudici una memoria, anche a nome di un folto gruppo di parlamentari europei, i cui argomenti si ritrovano nella sentenza'.  

 

Il verdetto definitivo di Strasburgo sull'eterologa 

L'Europa chiude la porta agli eccessi in provetta È legittimo vietare la fecondazione eterologa, cioè con gameti estranei alla coppia che cerca un bambino con la procreazione assistita: lo ha stabilito la Grande Chambre della Corte di Strasburgo per i diritti umani, rovesciando la sentenza con cui più di un anno fa l’Austria era stata condannata per questo divieto da una delle camere della stessa Corte.Nessuna violazione della Convenzione europea dei diritti dell’uomo, quindi, se regolando la fecondazione in vitro sono consentite alcune tecniche e vietate altre: su temi tanto sensibili in merito ai quali non c’è orientamento condiviso è bene che ogni Stato mantenga la propria autonomia legislativa, nel rispetto dei princìpi delle carte fondamentali, e al tempo stesso della cultura e della volontà popolare dei singoli Paesi.La legge austriaca per esempio, come quella tedesca, vieta l’eterologa tranne nel caso di inseminazione, cioè quando il seme maschile è immesso nel corpo della donna e non ci sono embrioni creati in laboratorio. La legge italiana, invece, la vieta sempre, ma nonostante la differenza normativa – per cui un’eventuale abolizione del divieto austriaco da noi non sarebbe stata efficace – il nostro governo è intervenuto a fianco dell’Austria (con la Germania) per ribadire il principio del margine di autonomia che spetta a ogni Stato, ora definitivamente riconosciuto dalla Corte europea.Ed è molto interessante l’improvviso cambiamento di opinione di quei sostenitori dell’eterologa che finora hanno agitato il vessillo europeo, sostenendo che quanto stabilito per l’Austria valesse anche per l’Italia e ignorando bellamente la differenza del quadro giuridico: dopo aver affermato per mesi – con assoluta certezza – che l’Italia si sarebbe dovuta adeguare alla prima sentenza eliminando il divieto per l’eterologa, gli stessi dichiarano adesso – con la medesima certezza – che la seconda sentenza, stavolta definitiva, non ci riguarderebbe perché la nostra legge è diversa da quella austriaca. Peccato per loro che la Grande Chambre ne abbia fatto una questione di criterio (vale il margine di apprezzamento dei singoli Paesi, appunto) senza entrare nel merito. Come è anche ovvio che sia: considerata l’enorme difformità fra le tante e mutevoli leggi nazionali che regolano la fecondazione artificiale, occuparsi dei contenuti dei singoli provvedimenti avrebbe significato per la Corte inoltrarsi in un ginepraio senza fine. Perché consentire l’eterologa, per esempio, e non la maternità surrogata (il cosiddetto 'utero in affitto'), o l’adozione degli embrioni, o la fecondazione post-mortem? Al contrario, in alcuni passaggi la Corte mostra apprezzamento per la cautela dell’Austria nel conciliare la realtà sociale e i princìpi in gioco, e precisa che comunque non è vietato, per chi volesse sottoporsi a trattamenti non consentiti in patria, andare all’estero. Il cosiddetto 'turismo procreativo', insomma, non è condannato, ma visto come libertà di cura.La legge 40 – necessaria anche per i cattolici, sebbene non la condividano per intero – si rafforza ancora, pur indirettamente. Una norma in linea con la giurisprudenza internazionale, a dispetto della voluta disinformazione malevola che la circonda: solo poche settimane fa una sentenza europea sulla non brevettabilità di farmaci derivati da embrioni umani – tutt’altra questione e tribunale – ricalcava pienamente un articolo della legge 40.Fallito il referendum abrogativo nel 2005, falliti i tentativi di smontare la norma, sostanzialmente confermata nel suo impianto anche dalla Corte costituzionale nel 2009, fallisce anche la manovra – maldestra e forzata – di attaccare la 40 dall’Europa.Una tecnica, quella eterologa, che pone molti più problemi di quelli che cerca di risolvere: madri e padri distinguibili solo con aggettivi (biologico, sociale, legale), origini e parentele incerte e sconosciute, per non parlare del mercato di gameti, spesso con connotazioni razziste. Un’occasione in più, la sentenza di Strasburgo, per ripensare a tutto questo. 

Assuntina Morresi

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