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«Il mio gloria dei diritti umani»

Proponiamo un'omelia di Natale del presule ucciso nel 1980 per aver difeso la dignità di ogni uomo, un testo che - come le parole di ogni maestro - pur essendo di qualche anno fa mantiene la sua attualità. È un'omelia che tre anni prima di essere ucciso l'arcivescovo Oscar Arnulfo Romero pronunciò nella cattedrale di San Salvador il 25 dicembre 1977.


«Il mio gloria dei diritti umani»

da Teologo Borèl

del 24 dicembre 2010

POCO FA HO SENTITO un seminarista leggere il numero 22 della Gaudium et Spes, il documento del Concilio Vaticano II sul dialogo tra la Chiesa e il mondo di oggi. Quel passo diceva che il mistero dell'uomo non si può decifrare se non in Cristo. Cristo rivela l'uomo a se stesso. Senza Cristo, l'uomo è un'assurdità. Che senso ha la mia vita? Che senso hanno tutte queste cose che Dio ha posto sotto i miei piedi? Quando una persona si dimentica di Cristo, trasforma tutte le capacità umane in un sistema di oppressione, di schiavitù, di odio, di vendetta. Non c'è cosa più orribile del peccato che macchia questo ritratto di Dio che è l'uomo.

L'uomo non troverà altra ragion d'essere e di felicità se non riflettendo sul canto degli angeli: «Gloria a Dio». La mia vita deve essere per la gloria di Dio. Non devo più cercare vantaggi politici, sociali, economici. Queste sono cose molto secondarie. Ciò che devo cercare, nel contesto in cui devo sviluppare la mia vita, nell'ambito delle mie relazioni politiche, economiche o sociali, è la gloria di Dio. Nel mezzo della mia povertà, della mia miseria, della mia oppressione, della mia prigionia, non devo dimenticarmi che sono impronta, immagine di Dio.

 

ORA CAPITE, FRATELLI, perché la Chiesa è così gelosa dei diritti umani, della dignità umana, della libertà umana. Perché urla come una madre che sente che il proprio bambino viene calpestato quando vede che vengono maltrattate le immagini di Dio che lei deve riportare alla bellezza originale. È per questo, perché Dio ha affidato alla Chiesa il prolungamento dell'impronta di Dio, di questo sigillo del Signore. Comprendiamo allora, fratelli, la nostra stessa dignità. Cristo ha lavorato con mani d'uomo, ha pensato con pensieri d'uomo, ha amato con cuore d'uomo e da quel momento, possiamo dire, il mio cuore d'uomo ormai è il cuore di Dio, la mia mente d'uomo ormai si può elevare a categoria di Dio, perché quel Dio che è venuto a portarmi la vita di Dio, quando si è fatto uomo ha voluto insegnarmi come devo gestire le mie mani, i miei piedi.

Bel passaggio quello che è stato letto oggi nella Prima lettura: come sono belli i piedi di colui che va annunciando la pace sulle montagne, che va annunciando la libertà dei popoli oppressi. È Cristo quel misterioso messaggero. Questo è il canto di Natale, il messaggero che viene con piedi d'uomo per posarsi sulla terra e insegnarci a camminare, con le piccole mani di un bambino che saranno le mani di un Maestro Divino che un giorno saranno inchiodate alla croce. Il messaggero che viene col cuore dell'uomo che ha imparato ad amare, nell'amore verginale di Maria, le esperienze umane della casa della terra; e che ha imparato dal suo padre secondo la legge, san Giuseppe, l'onestà nel lavoro. Un uomo che ha imparato tra gli uomini ed è vissuto tra gli uomini. Che ha voluto farsi in tutto simile agli uomini, tranne che nel peccato, come dice chiaramente la Bibbia. Tutto il resto che noi sentiamo Cristo l'ha sentito: fatica, tristezza, sconforto, solitudine, gioia, speranza, amicizia. Dio in Cristo ha sentito tutto ciò che sente il cuore dell'uomo. Per questo Cristo è la rivelazione dell'uomo a se stesso.

 

VORREI AGGIUNGERE che queste cose così belle non le apprenderemmo adesso, a venti secoli di distanza da Cristo, se non esistesse un'istituzione fondata da Cristo stesso chiamata Chiesa. La Chiesa è la manifestazione di Cristo, come Cristo è la manifestazione di Dio. La Chiesa manifesta Cristo agli uomini di tutti i popoli. Grazie alla Chiesa, l'impronta di Dio in Cristo sarà presentata agli uomini di tutti i tempi, affinché essi scoprano e vivano la loro vera grandezza, la loro vera vocazione. Se non fosse per la Chiesa, questo lampo della gloria di Dio nella notte di Betlemme sarebbe morto quella notte. Nella migliore delle ipotesi, in quegli anni, si sarebbe raccontato il fatto come qualcosa di già avvenuto. Ma il bello è che questa liturgia di Natale del 1977 sta rendendo presente la nascita di Cristo a Betlemme, come se avvenisse ora. Oggi non è solo Betlemme, è San Salvador, è tutti i villaggi che sono sintonizzati alla radio, è tutte le comunità, tutti i caseggiati dove si sta ascoltando questo messaggio della Chiesa.

Ho il grande onore, oggi, di essere la voce della Chiesa, di annunciare la nascita di Cristo agli uomini del 1977 e di dire loro che sopra tutte le gioie - o meglio, dando ragione a tutte le gioie del Natale -, c'è una cosa che molti non comprendono: l'allegria per il fatto che anche chi non è credente celebra il Natale. Anche i nemici della Chiesa, quelli che quest'anno hanno calunniato e diffamato la Chiesa, si stanno avvalendo della Chiesa per questa gioia del Natale. Ecco perché ho detto, nei miei auguri di Natale, che nel mio cuore di pastore non c'è alcun risentimento nemmeno per le offese personali. Nessuno può togliermi la gioia di dire ai miei stessi nemici: Buon Natale! Questo messaggio non è mio, ma appartiene alla Chiesa, che da Cristo sta portando felicità e gioia, anche senza che questa venga compresa.

La Chiesa, prolungamento dell'Incarnazione di Cristo, ha una parte umana e una parte divina. Come il bambino Gesù ha membra umane prese dal grembo di una donna, ma ha un elemento divino che non proviene dalla Vergine Maria, ma dal Padre eterno, che ha mandato il suo Verbo, la sua parola, affinché si incarnasse in queste espressioni umane che la Madonna ha dato a Gesù bambino. E così abbiamo che la Chiesa, essendo come Cristo da un lato umana (la parte che le diamo noi uomini) e dall'altro divina (la parte che viene da Dio) deve essere la meravigliosa combinazione dell'imperfetto e del divino. Come Cristo, che come uomo si stanca, soffre, ha debolezze umane, ma che come Dio non si stanca, è infinito, perfetto, anche la Chiesa, in quanto umana non ha ragione di vergognarsi delle mancanze umane.

 

SIAMO TANTO UMANI come voi, nemici della Chiesa, e capaci di odiare tanto. La Chiesa è umana e può anche cadere nel peccato del disamore. Nella sua parte umana la Chiesa sente quello che sente ogni uomo, sente il disprezzo, sente il desiderio, sente la tentazione. Ma in quanto divina la Chiesa è impeccabile. Il bambino Gesù, in quanto Dio, può affrontare tutti gli uomini e dire: «Chi di voi mi può rimproverare un solo peccato?». Anche la Chiesa, come incarnazione del divino, può dire a tutti gli uomini: «Potete rinfacciarmi molti difetti e peccati degli uomini, ma sfido chiunque a rinfacciarmi un solo peccato come istituzione divina». Che un giorno abbia insegnato la menzogna, l'odio, la violenza, mai; perché l'amore di Dio che lei incarna è impeccabile, è divino, è incarnazione di Cristo.

Perciò la Chiesa, fratelli, continuerà a proclamare la sua parola di manifestazione di Cristo nella storia (...). La Chiesa non deve essere temuta, è il messaggio di Cristo che è venuto nella notte di Betlemme.

Ma una cosa, fratelli: questa Chiesa, come Cristo, si sviluppa anche in una notte di tenebre. Così dice la lettura del Vangelo di Giovanni: «È venuto a questo mondo e questo mondo non lo riconobbe». Le tenebre non sono riuscite a comprenderlo. Che tristezza pensare che questa luce, che questa vita di Dio, che l'amore infinito che il Padre ha in Cristo e che la Chiesa continua a offrire agli uomini, gli uomini non lo vogliano capire. Non è che Dio abbia reso alcuni capaci e altri incapaci di capire il messaggio di Cristo. Il segreto sta nella libertà di ciascuno. Il segreto è riposto nella buona volontà con cui alcuni accolgono e ricevono, come Maria e i pastori, il Gesù che nasce a Betlemme, mentre altri come Erode, come l'orgoglio di Gerusalemme, non si sono resi conto di quanto stesse passando vicino a loro la fonte della vita eterna.

 

QUANDO I MAGI vennero da Oriente e chiesero al re di Gerusalemme dove doveva nascere il re, i suoi saggi non glielo hanno saputo dire, ma una stella li ha saputi guidare dove i pastori e gli umili incontravano colui che cercavano anche i saggi e i ricchi, quando si facevano umili e semplici come i Magi venuti da Oriente ad offrire oro, incenso e mirra. Vicino alla culla del bambino Gesù c'è posto anche per le ricchezze, ma quando sono depositate dalle mani umili dei pastori e dei Magi.

Cari amici, abbiamo riflettuto chiedendo alla Vergine Maria di farci comprendere il mistero del suo bambino e lei ci ha sintetizzato attraverso la mia umile parola che suo figlio non è altra cosa e niente di meno che la manifestazione dell'uomo agli uomini stessi: la sua dignità, la sua grandezza divina, che portano in sé come immagini di Dio. Sappiate essere degni di tale marchio che ogni uomo ha in sé. Questo bambino tra le mie braccia, ci dice Maria, è la bella immagine della Chiesa che durerà per sempre portando la vita di Dio in mezzo alle carenze umane, inclusa la povertà della culla di Betlemme. Beati quelli che non si scandalizzano - ha detto Gesù Cristo - ma che sanno cogliere la bellezza della luce sopra tutte le bellezze della terra. Così sia.

 

(Traduzione dallo spagnolo a cura di A. Armato)

 

Oscar Arnulfo Romero

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