Il murale si allunga man mano che i passanti, meravigliati, si fermano per aiutare. Prendono il pennello e dipingono, felici di poter dare il proprio contributo a un segno di uguaglianza e fraternità. Non è tanto il murale ad attirarli, ma la testimonianza che si offre nel farlo insieme.
"Abbiamo volato nel cielo come gli uccelli e nuotato nel mare come i pesci, ma dobbiamo ancora imparare il semplice atto di camminare sulla terra come fratelli" (Martin Luther King)
In Egitto, subito dopo il crollo del regime dittatoriale, un vento gagliardo di speranza e libertà ha percorso le nostre strade. Ma ora che si è affievolito, ha nuovamente lasciato il posto all'insicurezza, allo scoraggiamento. La sensazione di un equilibrio difficile, reso ancor più precario dalla crisi economica e dallo spettro di un futuro incerto, abita negli animi degli egiziani. Ma, nonostante le recenti ferite e le previsioni non certo favorevoli, Dio ci sta aiutando a tessere una tela nascosta, intrecciata di rapporti autentici e fraterni.
Novembre 2011. Mentre i giornali e la TV mostrano al mondo gli attacchi sanguinosi alle chiese e gli atti di violenza contro folle di manifestanti pacifici, in Piazza Tahrir, in un altro quartiere del Cairo, un gruppo di cristiani e musulmani, insieme, lavoriamo a un progetto che, seppur piccolo, vuole essere un segno controcorrente di unità.
Tutto era iniziato otto mesi prima della rivoluzione. "Appartengo" - questo il nome dell'iniziativa - era nata con l'obiettivo di restituire a tanti egiziani il senso di appartenenza al proprio paese, mediante la riscoperta delle sue ricchezze culturali. Con I’aiuto di un artista, volevamo creare spazi dove tutti potessero sentirsi espressi, favorendo rapporti costruttivi tra persone di varie categorie sociali e religiose, incoraggiandole a collaborare per il bene comune. Da ciò era nata l'idea di dipingere dei murali che esprimessero la fraternità, la pace, l'armonia e responsabilizzassero all'impegno civico. Per due giorni, in un gruppo di quaranta giovani e adulti, muniti di regolare permesso, avevamo colorato il muro di una scuola, in un quartiere popolare, sul tema "Abbiamo il diritto di sognare”. Ma, inaspettata, la reazione della circoscrizione era stata netta, appena il mattino dopo, con l'ordine perentorio di cancellare il murale. Una piccola speranza si era spenta. Ma non per sempre.
Infatti, proprio nei giorni seguiti ai disordini in Piazza Tahrir, ci chiama il responsabile di un quartiere. Ci affida la realizzazione di un nuovo murale. Ancor più determinati a mostrare che la fratellanza è possibile fra tutti, cominciamo il lavoro coinvolgendo gli abitanti del quartiere: bambini, giovani e anziani, avvocati e operai, musulmani e cristiani.
Il murale si allunga man mano che i passanti, meravigliati, si fermano per aiutare. Prendono il pennello e dipingono, felici di poter dare il proprio contributo a un segno di uguaglianza e fraternità. Non è tanto il murale ad attirarli, ma la testimonianza che si offre nel farlo insieme. "La vostra iniziativa è la campagna più riuscita per ridare vita e bellezza alla nostra città", ha esclamato un signore, guardando il gruppo al lavoro. Uno dei candidati al nuovo parlamento, tornando da piazza Tahrir, in tono di sfida ci chiede: "Voi pensate che con questo bel quadro cambierete l'Egitto?". Unanime, la gente del quartiere ha risposto: "Questo è ciò che noi possiamo fare. Il cambiamento dell'Egitto comincia anche da qui"».
Mariagrazia Baroni
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