Prima messa a Santa Marta del 2018: «Cosa c'è dentro di noi, che ci porta a disprezzare, maltrattare e farci beffa dei più deboli?»
del 09 gennaio 2018
Prima messa a Santa Marta del 2018: «Cosa c’è dentro di noi, che ci porta a disprezzare, maltrattare e farci beffa dei più deboli?»
Si comincia dall’infanzia, da quando si è bambini e a scuola si aggredisce il più «debole» perché è grasso, è nero, è straniero o un po’ così. È quell’istinto che sociologi e psicologi identificano nel fenomeno del bullying, più semplicemente bullismo, il «forte che si prende beffa e disprezza il più debole». Per il Papa ha una radice chiara: Satana.
«Forse gli psicologi daranno le loro spiegazioni di questa volontà di annientare l’altro perché è debole, ma io dico che questa è una delle tracce del peccato originale. Questa è opera di Satana», afferma Francesco nella messa a Santa Marta, la prima del 2018 dopo le vacanze. È evidente che sia così: «In Satana non c’è compassione».
E anche nella Bibbia, sottolinea il Pontefice nella sua omelia, in cui commenta le letture della liturgia odierna, ci sono tracce di quest’odio che si trasforma in aggressione verbale e fisica. Il primo libro di Samuele, ad esempio, racconta la storia dei genitori del profeta, Anna e Elkanà che aveva due mogli: Anna era sterile, l’altra, Peninna, aveva dei figli. Peninnà, invece di consolare Anna non perde occasione per umiliarla e la maltratta con durezza ricordandole la sua sterilità. Qualcosa di simile accade anche con Agar e Sara, le donne di Abramo, di cui la seconda sterile. O con Golia di fronte a Davide o con la moglie di Giobbe e quella di Tobia che disprezzano i loro mariti sofferenti.
«Io mi domando: cosa c’è dentro queste persone? Cosa c’è dentro di noi, che ci porta a disprezzare, a maltrattare, a farci beffa dei più deboli?», riflette Papa Francesco. «Si capisce che uno se la prenda con uno che è più forte: può essere l’invidia che ti porta … Ma i più deboli? Cosa c’è dentro che ci porta? È una cosa che è abituale, come se io avessi bisogno di disprezzare l’altro per sentirmi sicuro. Come una necessità».
Necessità che si avverte già quando si è piccoli. Bergoglio ricorda in proposito un episodio personale: quello di Angiolina, una donna malata di mente che girava tutto il giorno per le strade del suo quartiere a Buenos Aires. «Le donne le davano qualcosa da mangiare, qualche vestito, ma i bambini la prendevano in giro. Si dicevano: “Andiamo a cercare la Angiolina per divertirci un po’”». «Quanta malvagità anche nei bambini!», osserva il Papa, «prendersela con il più debole!».
E oggi più che mai questa tendenza è andata crescendo: « Lo vediamo continuamente, nelle scuole, con il fenomeno del bullismo, aggredire il debole, perché tu sei grasso o perché tu sei così o tu sei straniero o perché tu sei nero, per questo… Aggredire, aggredire… I bambini, i ragazzi…», denuncia Francesco. E insiste: «Questo significa che c’è qualcosa dentro di noi che ci porta a questo. All’aggressione del debole. E credo che sia una delle tracce del peccato originale».
Un’opera di Satana, dunque.
Come quando in noi nasce il desiderio di fare un gesto di carità diciamo «è lo Spirito Santo che mi ispira a fare questo», così quando «ci accorgiamo che abbiamo dentro di noi questo desiderio di aggredire quello perché è debole, non dubitiamo: c’è il diavolo, lì. Perché questa è opera del diavolo, aggredire il debole», rimarca il Papa.
E conclude la sua omelia invitando a chiedere al Signore «la grazia della compassione». «Quella è di Dio», in Satana non vi è traccia; il Signore invece «ha compassione di noi e ci aiuta a camminare».
Salvatore Cernuzio
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