Il Rosario è contemplare il Figlio con gli occhi della Madre. La mamma al suo bambino sa dire solo “Tesoro”. Poche parole quindi cariche di una valenza emotiva straordinaria, di una ricchezza interiore enorme.
Attraverso le scene evangeliche, proposte dai 20 misteri del Rosario, siamo portati a fissare il nostro sguardo sul Protagonista, su Gesù che si fa uomo per noi, muore, risorge e invia lo Spirito Santo alla Chiesa e al mondo. In questa contemplazione il nostro cuore si apre per gustare e, direi, sperimentare l’amore del Padre, la vita del Figlio e la gioia dello Spirito.
“La contemplazione di Cristo ha in Maria il suo modello insuperabile. Il volto del Figlio le appartiene a titolo speciale. È nel suo grembo che si è plasmato, prendendo da Lei anche un’umana somiglianza che evoca un’intimità spirituale certo ancora più grande. Alla contemplazione del volto di Cristo nessuno si è dedicato con altrettanta assiduità di Maria” (n. 10)
In questo senso recitare il Rosario non è solo invocare Gesù con Maria, ma è un progressivo addentrarsi nel mistero del Figlio con gli occhi della Madre. Lei che “conservava tutte queste cose meditandole nel suo cuore” è al nostro fianco per farci partecipi dei ricordi di Gesù (bambino, ragazzo, adulto, gli anni della vita pubblica, ... la sua passione, morte e risurrezione, i primi passi della comunità cristiana, della Chiesa...) impressi nel suo cuore e offerti a noi perché la forza di salvezza che quelli proviene giunga a noi e ci doni vita e speranza.
“L’immergersi, di mistero in mistero, nella vita del Redentore, fa sì che quanto Egli ha operato venga profondamente assimilato e plasmi l’esistenza” (n. 13)
In altre parole, recitare il Rosario è “mettersi alla scuola di Maria per leggere Cristo, per penetrarne i segreti, per capirne il messaggio” (n. 14). È Lei la Maestra esperta, che ci porta ad una conoscenza sempre più profonda del mistero del suo Figlio. E Maria è Maestra non solo nel senso che ha visto, ha conosciuto, ma soprattutto nel senso che ha fatto esperienza, ha vissuto Lei per prima la fatica della fede, l’umiltà del servizio, la disponibilità dell’accoglienza, il dolore e il buio della croce, la gioia della festa, l’attesa del Paradiso, la generosità del suo ‘sì’. Ora tutto questo lo sperimentiamo anche noi nel nostro vivere quotidiano e Maria ci è accanto, ci conforta, ci incoraggia come Maestra incomparabile.
In questo senso, lo ricordavo precedentemente, il Rosario diventa scuola di contemplazione.
1. Il Rosario è Maria che porta a Gesù.
Abbiamo detto che il Vangelo è il grande scenario su cui si inseriscono i diversi misteri del Santo Rosario; anzi è Cristo che attraverso le varie decine vogliamo contemplare e incontrare. Il Rosario ci offre un “segreto” per aprirsi più facilmente ad una conoscenza profonda e coinvolgente di Cristo. È la via di Maria per cui i misteri di Cristo diventano in un certo senso i misteri di Maria.
Ma chi è Maria?
Sono convinto che qui stia uno dei motivi della disaffezione al Rosario, specie tra i giovani: non sanno chi è Maria, non la conoscono; al più ne conservano un ricordo vago, molto legato al sentimento e a qualche devozione superficiale (ceri, immaginette, medaglie, ....). nella preghiera del Rosario invece bisogna immedesimarsi nei sentimenti e far propri gli atteggiamenti di Maria.
a. Maria, la fedeltà al quotidiano
“Eccomi, sono a tuo servizio, Signore! Fa’ di me quello che vuoi!”. Ciascuno di noi in tanti momenti ha ripetuto e fatta propria questa disponibilità. Ma il tempo passa e si è tentati di far marcia indietro, di riprendere quanto si era promesso a Dio in un momento di entusiasmo.
Maria passa a Nazaret 30 anni con Gesù e Giuseppe. Per me è il luogo più santo del mondo. Pensa: non un giorno, un anno, ma 30 anni! Una vita! Ogni giorno voleva dire ripetere “Sì”! qui sta la grandezza di Maria: una grandezza semplice, silenziosa, nutrita di quotidianità, di gesti ordinari, di cose di tutti i giorni, ma fatte col cuore tutto di Dio, con la generosità e lo slancio della prima volta, con la gioia di chi ama con cuore indiviso.
b. Maria, la donna dell’attenzione
Per saper ascoltare occorre tacere, fare silenzio dentro di noi, diventare capaci di accogliere quanto l’altro ha da dire. A Nazaret Maria è attenta a Gesù, a Giuseppe, ai vicini di casa... è attenta alla richiesta di aiuto di Elisabetta; si sobbarca un viaggio lungo, massacrante per quei tempi e va. È attenta e scopre che Gesù non è con lei nè con Giuseppe quanto a 12 anni lo portano al Tempio. Questa attenzione (che è tensione verso l’altro) la porterà a partecipare alle nozze di Cana e ad accorgersi dell’imbarazzo degli sposi quando il vino finisce. Sarà proprio questa attenzione a provocare il primo miracolo di Gesù, in seguito al quale ‘ i discepoli credettero in lui’.
c. Maria, la mamma di ogni giovinezza.
“Santa Maria, Madre di Dio” recitiamo spesso. Quel Dio è Gesù di Nazaret, figlio di Maria. Lei lo ha dato alla luce, lo ha curato, seguito, allevato come fa ogni mamma con la propria creatura. Hanno condiviso, giorno dopo giorno, 30 anni di esistenza: “... e Gesù cresceva in sapienza, in età e in grazia presso Dio e gli uomini”. Poi Gesù lascia la casa e se ne va per compiere la sua missione. Maria non lo abbandona, ma continua a seguirlo e il Vangelo ce lo ricorda.
Quando Gesù muore, la mamma è là, sotto la croce a raccogliere il suo ultimo respiro e a ricevere un nuovo figlio, Giovanni e in lui tutti noi.
Poche settimane dopo Maria è con gli Apostoli a ricevere il Spirito Santo nel giorno di Pentecoste: nasce la Chiesa e c’era bisogno, come ad ogni nascita, di una mamma!
Mi piace pensare a Maria che, come ci ricorda don Bosco, segue con il cuore di mamma ogni giovane nel periodo più delicato e straordinario della sua vita: la giovinezza. “Là dove c’è una vita che cresce, là c’è bisogno di una mamma” aveva scritto un giovane nel carcere.
Recitare il Rosario è stare un po’ di tempo con questa mamma, ascoltarla, parlarle, invocare il suo aiuto: “Maria, prega per noi... adesso....!”
2. Il Rosario è la preghiera dei ‘poveri’ e degli innamorati.
“Il Rosario è sempre stato la preghiera delle persone semplice, umili, di coloro che non sanno fare profondi discorsi, ma vanno dritto al cuore. Per molti anni la beatitudine di Gesù sui poveri mi è sembrata incomprensibile, se non addirittura di cattivo gusto. Poi ho fatto un’esperienza che mi ha messo a contatto con i poveri e allora ho capito perché sono ‘beati’. Sanno attendere, hanno la pazienza del contadino che non forza le stagioni; sanno ascoltare perché sanno gustare il silenzio; vanno all’essenziale perché la loro vita è priva di fronzoli. Sono stati loro ad arricchire la mia vita. È proprio così: se non mi faccio piccola, povera, se non creo senso di attesa e spazio nel mio cuore, non riesco a pregare il Rosario, preghiera dei poveri.” (Federica, 23 anni)
“Ricordo mi mamma: non ha frequentato neppure tutte le elementari. Donna semplice. Sul suo comodino c’è sempre la corona del Rosario e so che lo recita tutti i giorni. Quando vado a trovarla e mi fermo la sera, lo recitiamo insieme. Io non so cosa passa nel suo cuore e nella sua mente, non so come dice il Rosario. Sono sicuro però che per lei è un profondo momento di raccoglimento, di sguardo fisso in Dio, di abbandono alla sua volontà, di intensa preghiera per tutta la famiglia.
Posso dire che mi mamma è una donna ‘povera’ che non sa fare grossi discorsi di teologia e neppure approfondite considerazioni bibliche. Ripete le Ave Maria stando alla presenza di Dio e offrendo a lui i suoi giorni. Proprio come fa il povero che non è esperto nel parlare e comunica più con i gesti che con le parole: a volte un sorriso, uno sguardo valgono un trattato. Anche Maria mi piace pensarla così: ‘povera’. Nel Vangelo appare come la donna del silenzio, che preferisce custodire nel suo cuore ciò che sente e vede. “Beati quelli che ascoltano la Parola di Dio e la vivono ogni giorno” (Sergio, 25 anni)
E in che senso si può dire che il Rosario è la preghiera degli innamorati?
Sono stato colpito, correndo attraverso un parco della città, di quante scritte ‘amoroso’ siano state fatto oggetto panchine, alberi, tavoloni, palizzate, parapetti di fiumi e ponti... “Ti amo... remember me... I love you ... for ever...” con diversi nomi di ragazzi e ragazze, scritti con il gesso, il pennarello o intagliati nel legno. Sempre lo stesso, perenne, eterno sentimento dell’amore. E andate a dire agli innamorati che sono monotoni e quasi infantili a esprimere i loro sentimenti ripetendo le solite parole! Pensate se facessero lunghe dissertazioni sulla ‘filosofia’ dell’amore!
L’Ave Maria, ripetuta decine di volte, è dire l’amore a Maria, servendosi di espressioni evangeliche che colgono tutta la realtà di questa Donna benedetta: “ ... piena di grazia, il Signore è conte, tu sei benedetta fra le donne e benedetto è il Frutto del tuo seno... Madre di Dio”
Così pure, di fronte ad uno spettacolo della natura, si resta muti e “Che bello!” è l’unica cosa che si sa dire; oppure la reazione a certe sciagure è “Impossibile! Non può essere vero!” La mamma al suo bambino sa dire solo “Tesoro”. Poche parole quindi cariche di una valenza emotiva straordinaria, di una ricchezza interiore enorme.
Ancora una considerazione: la ripetizione non è forse un elemento della vita? Non la caratteristica della vitalità dei bambini? Ti lascio alla lettura di questo splendido e simpatico brano di Chesterton.
“I bambini hanno una grande vitalità, poiché sono fieri e liberi nello spirito; è per questo che vogliono sentirsi ripetere le cose immutate. Essi dicono sempre: “Fallo ancora” e gli adulti eseguono fino ad essere esausti, perché l’adulto non è così forte da esultare della monotonia. Ma forse Dio è tanto forte da esultare della monotonia. Può darsi che Dio ogni mattina dica al sole: “Fallo ancora” e ogni sera alla luna: “Fallo ancora”. Forse non è per una necessità automatica che tutte le margherite sono uguali; può darsi che Dio faccia ogni margherita separatamente, ma non si è mai stancato di farle. O forse egli possiede l’eterno appetito dell’infanzia; poiché noi abbiamo peccato e siamo diventati vecchi, mentre il nostro Padre è più giovane di noi. Non è detto che la ripetizione in natura sia un semplice ricorso ciclico; potrebbe essere un bis teatrale. Forse il Cielo chiede il bis all’uccello che ha deposto un uovo”.
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