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Il Sacerdote "impersona" Gesù

Il “carattere” dell'Ordinazione sacerdotale è quello di impersonare Gesù Sacerdote. Sono tre i “luoghi” del parlare e dell'agire del sacerdote nell'impersonare Gesù: l'altare, il confessionale, il pulpito. Impersonare Gesù Sacerdote: vuole significare vivere in Gesù e di Gesù, vivere con Lui e come Lui, vivere Lui.


Il Sacerdote 'impersona' Ges√π

da Teologo Borèl

del 25 maggio 2011

 

 

          L’apice della grandezza sublime del sacerdote è dato dal suo trascendente impersonare Gesù Sacerdote. È questo il mistero ineffabile della grazia sacerdotale: il sacerdote impersona Gesù Sacerdote. Impersona Gesù nel parlare, impersona Gesù nell’agire, impersona Gesù soprattutto quando, nel suo ministero sacerdotale, celebra la Santa Messa, assolve dai peccati, predica, prega, lavora, soffre e gioisce per il Regno di Dio da costruire nel cuore di ogni uomo sulla terra.

          Impersonare Gesù Sacerdote: vuole significare vivere in Gesù e di Gesù, vivere con Lui e come Lui, vivere Lui, dimorando nella sua Casa, presso il suo altare, vicino al Tabernacolo. È questa la beatitudine più alta e più grande di ogni sacerdote, come canta il Salmista: «Beato chi hai scelto e chiamato vicino, abiterà nei tuoi atri. Ci sazieremo dei beni della tua casa, della santità del tuo tempio» (Sal 64,5).

          Impersonare Gesù: soprattutto all’atto della Consacrazione eucaristica. Sull’altare «il sacerdote – scrive san Pier Giuliano Eymard – esercita il suo potere “in persona Christi”, e Gesù Cristo gli è, in qualche modo sottomesso, perché è il sacerdote che stabilisce il tempo, il luogo della Consacrazione e la quantità della materia da consacrare; è lui che limita o estende l’efficacia della Redenzione, in rapporto alla misura della sua azione e del suo zelo apostolico. Il sacerdote partecipa della sovranità di Gesù Cristo» (Il Sacerdote, Torino 1963, p. 43).

          Impersonare Gesù! Sant’Alfonso M. de’ Liguori, nel suo aureo libro Sacerdote ascoltami (Roma 1957), alla scuola dei più grandi Santi Padri della Chiesa, definisce la dignità del sacerdote come «somma» (sant’Ignazio di Antiochia), «infinita» (sant’Efrem), «celestiale» (san Giovanni Crisostomo), «inferiore solo a Dio» (san Cassiano), «divina» (san Dionisio), «supereccellente» (sant’Ambrogio), «venerata dagli Angeli» (san Gregorio Nazianzeno), e via di seguito.

          Tre sono i punti-vertice del parlare e dell’agire del sacerdote nell’impersonare Gesù:1) nel pronunciare le formule della Consacrazione del pane e del vino nella Santa Messa: «Questo è il mio corpo [...] Questo è il calice del mio sangue» (Mt 26,26-27);2) nell’assolvere il peccatore dalle colpe commesse, pronunciando le parole: «Io ti assolvo dai tuoi peccati» (cf Mt 9,2; Lc 7,48);3) nel predicare e insegnare la Buona Novella, secondo la parola di Gesù che dice: «Chi ascolta voi, ascolta me, chi disprezza voi, disprezza me» (Lc 10,16).

          L’altare, il confessionale, il pulpito: sono questi i tre “luoghi” più sacri, potrebbe dirsi, nei quali il sacerdote non solo rappresenta, ma impersona realmente e operosamente Gesù Sacerdote nel suo mistero teandrico; e ciò è talmente vero che se, per ipotesi, il sacerdote non impersonasse realmente Gesù, tutto il suo parlare e il suo agire sacerdotale si ridurrebbe ad una apparenza o ad una gestualità rituale senza alcuna consistenza di grazia e di vita per chi lo ascolta, per chi lo accoglie, per chi lo voglia seguire.

          In effetti, se nell’esercizio del ministero sacerdotale il sacerdote non impersonasse realmente Gesù, il pane e il vino durante la Santa Messa non verrebbero mai transustanziati nel Corpo, Sangue, Anima e Divinità di Gesù; nel confessionale, l’anima del peccatore resterebbe sempre imbrattata dai suoi peccati; sul pulpito, le parole del sacerdote sarebbero soltanto povere parole di uomo, e l’intera Liturgia si trasformerebbe in un ritualismo senz’anima e senza grazia, ossia senza quel “mistero” divino che si fa presente e dona un’anima ai segni sacramentali.

          Impersonare Gesù Sacerdote! È un mistero di grazia sublime, questo, che ha sua matrice divina soltanto nell’azione trascendente che lo Spirito Santo compie all’atto dell’Ordinazione sacerdotale del candidato. È soltanto nell’Ordinazione sacerdotale, in effetti, che lo Spirito Santo agisce configurando divinamente a Cristo Sacerdote l’anima del candidato, imprimendo quindi in essa il “carattere” sacerdotale indelebile, che è il segno certo del potere divino con cui ogni sacerdote può parlare e agire impersonando Gesù Sacerdote, specificamente alla Consacrazione delle specie eucaristiche durante la Santa Messa, e all’assoluzione dei peccati nella Confessione sacramentale.

         Impersonare Gesù Sacerdote! La grazia divina del Sacramento dell’Ordine Sacro, quando viene donata dal Vescovo nel conferimento del ministero sacerdotale, fa sì che il giovane candidato, appena consacrato e profumato del sacro crisma, realmente impersona Gesù Sacerdote in modo stabile e permanente. Ciò significa che in ogni sacerdote, all’atto dell’Ordinazione, avviene una sorta di intima e perenne “trasfigurazione” proprio in Gesù Sacerdote. Tale “trasfigurazione” non è appariscente e non è quindi visibile agli occhi degli uomini – ciò è ben vero –, ma è ben visibile certamente agli occhi degli angeli e dei demoni.

          Talvolta, però, fra le esperienze della fenomenologia mistica si è avuta anche la visibilità del volto di Cristo, come si legge nelle biografie di alcuni Santi sacerdoti: una visibilità realmente “impressionante” fu quella che si vide, ad esempio, nel volto di sant’Antonio di Padova, di san Pietro d’Alcantara, di san Giovanni della Croce, di sant’Alfonso M. de’ Liguori, di san Pio da Pietrelcina...

          Impersonare Gesù Sacerdote! Se il Sacerdote celebra la Santa Messa o confessa, dunque, se egli predica o studia, se mangia o lavora, se viaggia o riposa... egli sempre impersona Gesù nel suo intimo; ma deve essere suo ideale costante l’arrivare a impersonare Gesù proprio sempre, in ogni cosa, ossia anche nelle parole e negli atti che non sono così specificamente “sacerdotali” come quelli che si compiono all’altare nella celebrazione della Santa Messa, o nel confessionale nell’assolvere i peccati, o sul pulpito nel predicare. Il sacerdote che impersona sempre Gesù vive in maniera tale che in tutto «ciò che fa – insegna san Pier Giuliano Eymard – è sempre un altro Gesù Cristo».

          Impersonare Gesù Sacerdote! E non era forse questo impersonare Gesù che appariva sempre presente nel parlare e nell’agire dei Santi sacerdoti? Basta leggere le loro biografie, difatti, per scoprire subito come, in realtà, essi aspiravano e tendevano con tutte le ragioni della fede e con le spinte dell’amore a vivere sempre la loro vita sacerdotale impersonando Gesù Sacerdote in tutto e per tutto, impegnandosi a riprodurre e a prolungare Gesù in tutti i loro gesti e parole, manifestando anche in tutto il loro comportamento esterno, come dice san Paolo (cf 2Cor 4, 11), la vita stessa di Gesù Sacerdote, che fu vita vissuta nel sacrificio costante, generatore, ovunque, di grazie e di benedizioni.

          Di conseguenza, se l’impersonare Gesù Sacerdote è una grazia così sublime, è ben chiaro che non può non comportare una santità altrettanto eccelsa, una santità, quindi, assolutamente incompatibile con il peccato, con qualsiasi peccato, soprattutto se mortale. Ogni peccato, infatti, anche quello soltanto veniale, non può non rivestire una gravità particolare per il sacerdote, perché egli, come insegna sant’Alfonso, a differenza di tutti gli altri uomini, «pecca a vista della luce; peccando, ben sa quello che fa», ed ogni peccato del sacerdote, perciò, è «peccato di malizia, simile al peccato degli Angeli che peccarono a vista della luce».

         È da questa tenebra devastatrice del peccato che bisogna preservare la luce divina dell’impersonare Gesù Sacerdote da parte di ogni sacerdote.

          Gesù ha detto e ripete sempre a tutti i sacerdoti che lo impersonano nella loro vita le sublimi parole sulla loro missione divina da compiere, prolungando nel tempo la sua stessa Missione divina di Salvatore e Redentore: «Voi siete il sale della terra! [...] Voi siete la luce del mondo!» (Mt 5,13.14); «Come il Padre ha mandato me, così io mando voi» (Mt 20,21).

 

Padre Stefano M. Manelli

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