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Il tempo e il Regno

Pasqual Chavez:“Il Regno di Dio è vicino”. Costituisce il contenuto principale di tale “compimento/pienezza”. Non si tratta di instaurare un nuovo sistema sociopolitico, opposto ai regni umani, a mo' di una teocrazia yahvista, ma della sua signoria sul popolo eletto e su tutta l'umanità


Il tempo e il Regno

da Rettor Maggiore

del 06 maggio 2010

 

          Il vangelo di Marco presenta l’inizio della predicazione di Gesù con una sintesi breve e semplice, ma di una densità straordinaria: “Il tempo è compiuto e il Regno di Dio è giunto: convertitevi e credete al vangelo” (Mc 1,15). In certo qual modo, tutto il messaggio di Gesù si trova presente in queste quattro brevissime espressioni inseparabili.

 

           “Il tempo è compiuto”. Tutta la storia di Israele si può considerare nella prospettiva del rapporto tra Dio e il suo popolo. Al centro la promessa messianica e l’attesa del suo compimento. Israele lungo i secoli è passato per diverse vicissitudini, in gran parte negative: guerre con i vicini, smembramento del regno, deportazioni, distruzione della città e del tempio, persecuzione religiosa… eppure la speranza non è mai morta, perché ha sempre creduto nel Dio Fedele alle promesse. Con Gesù cessa l’attesa.

          “Il Regno di Dio è vicino”. Costituisce il contenuto principale di tale “compimento/pienezza”. Non si tratta di instaurare un nuovo sistema sociopolitico, opposto ai regni umani, a mo’ di una teocrazia yahvista, ma della sua signoria sul popolo eletto e su tutta l’umanità; come dice la liturgia, un “Regno di giustizia, di amore e di pace” legato alla persona di Gesù. Origene, con una espressione originale, afferma che Gesù è il Regno in se stesso (Autobasileia): accettare il Regno significa accettare Gesù nella propria vita.

          Tutto ciò appare ancora più chiaro nella terza frase, che è costituita da una sola parola: “Convertitevi”. La conversione, il cambio di rotta cui invita Gesù, ha una configurazione propria e originale. Il termine greco, metanoia, allude oltre che all’osservanza più fedele della Legge a un cambio del modo di pensare e di giudicare, a una trasformazione del cuore.

          “Credete al Vangelo” concretizza questa conversione. Gesù invita ad aprirsi all’amore di Dio che irrompe in modo nuovo, definitivo e sconcertante. I Vangeli non nascondono che la predicazione di Gesù è “segno di contraddizione” (cfr Lc 2,34). È triste dover riconoscere che il suo messaggio e la sua stessa persona, non furono per tutti una “buona notizia”. Al contrario il Vangelo risultò una notizia nefasta e inaccettabile che lo condusse alla croce.

          Tra i molti brani del Vangelo che lo attestano, possiamo ricordare la scena della sinagoga di Nazaret (Lc 4,18s). “L’anno di grazia del Signore”, cioè l’amnistia generale che Gesù annunzia non è ben accolta da chi, chiuso nella propria autosufficienza, non sente il bisogno del perdono di Dio: “Non sono venuto a chiamare i giusti, ma i peccatori” (Mc 2,17; Mt 9,13; Lc 5,32). Per questo “tutti i pubblicani e i peccatori si avvicinavano a lui per ascoltarlo”, perché si sentivano lontani da Dio; mentre quelli che si sentivano sicuri a motivo dell’osservanza della Legge non percepivano che l’amore di Dio è sempre grazia, cioè dono gratuito. Questi tratti fondamentali della predicazione del Regno di Dio da parte di Gesù appaiono nelle parabole.

          La reazione del popolo d’Israele di fronte alla predicazione di Gesù è continuata, lungo i secoli, nella vita dei cristiani. Anche noi ci sentiamo entusiasmati se pensiamo di vivere nella “pienezza dei tempi” con il Regno in mezzo a noi; ma quando l’accettazione di questo Regno comporta un cambio totale di mentalità e di vita, allora cominciano le difficoltà. Vorremmo che tutto ci arrivasse “piovuto dal cielo”, risultandoci difficile accettare che Dio voglia la nostra libera collaborazione nella costruzione del suo Regno. D’altra parte, non dobbiamo vivere la conversione come una “penitenza” o come un “castigo”.

          Per Don Bosco l’autentica conversione è inseparabile dall’allegria; né può essere diversamente poiché consiste nell’accogliere Gesù e la “buona notizia” che Dio è nostro padre e ci ama, e non possiamo vivere come figli e figlie suoi, se non viviamo tra noi come fratelli. Chi non vuole convertirsi, vive nelle tenebre, nella solitudine, nella tristezza. Basta ricordare la gioia del buon pastore, quando si mette sulle spalle la pecora smarrita, o della donna che ritrova la moneta perduta o del padre il cui figlio “era morto ed è ritornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato” (cfr Lc 15).

          Negli scritti di Don Bosco troviamo questo rapporto tra conversione e gioia, come nella vita di Michele Magone che invito a rileggere. Il suo cambio di vita, concretizzato nel sacramento della penitenza, gli permette di assaporare quella stessa gioia e pace che tanto invidiava nei suoi compagni e di gustare le pratiche di pietà che prima gli risultavano difficili: è l’inizio di un cammino di santità che, nell’Oratorio di Don Bosco, consisteva “nello stare sempre allegri”.

don Pascual Ch√°vez Villanueva

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