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In cammino verso la Pasqua - Passo 9

Gli agnelli, che ricordavano agli ebrei la liberazione del loro popolo a opera di Dio, erano il simbolo di una protezione contro la morte. Analogamente, Gesù, Agnello di Dio, ci protegge con il suo sangue dalla morte eterna. Gesù è dunque il nuovo Agnello che ha offerto la sua vita liberamente, per amore verso suo Padre e verso il mondo.


In cammino verso la Pasqua - Passo 9

da Teologo Borèl

del 13 aprile 2011

 

 

Pasqua, sacrificio dell’agnello

          Come riferiscono i Vangeli, Gesù è morto crocifisso intorno all’anno 30, a Gerusalemme, all’inizio della Pasqua ebraica. Il fatto che sia morto proprio in occasione di questa festa ha un preciso significato.

          Al tempo di Gesù, una volta all’anno gli ebrei si riunivano nel tempio di Gerusalemme, in cui offrivano agnelli in sacrificio per festeggiare la liberazione dei loro antenati dal paese d’Egitto, avvenuta circa milleduecento anni prima. Questo avvenimento è raccontato nel capitolo 12 dell’Esodo: una notte, gli israeliti (che erano schiavi degli egiziani) cosparsero gli stipiti delle loro porte con il sangue degli agnelli che avevano sgozzato. Questo sangue li protesse dalla maledizione divina che colpì i primogeniti degli egiziani. Vedendo questo dramma che colpiva il suo popolo, il faraone autorizzò gli ebrei a lasciare il paese, perché li considerava responsabili di questa maledizione. Gli ebrei fuggirono subito, guidati da Mosè, per procedere verso la terra promessa. Così, in questo avvenimento dell’Antico Testamento, Dio fa passare il suo popolo dalla schiavitù a una nuova libertà.

Ges√π, il nuovo Agnello

          Come ci riferiscono i Vangeli, Gesù è stato imprigionato a Gerusalemme all’inizio della grande festa di Pasqua. È stato condannato dalle autorità romane e crocifisso. È morto e il terzo giorno è risuscitato. Giovanni lo presenta dunque come l’”Agnello di Dio” (Gv 1,29). Un’espressione decisamente curiosa! Forse l’evangelista si è ispirato al Canto del servo sofferente, il poema nel quale il profeta Isaia descrive il destino di un uomo che offre la propria vita assumendo su di sé le sofferenze e gli errori degli altri e somiglia a “un agnello condotto al macello” (Is 53,7). Giovanni propone certamente anche il parallelismo con gli agnelli offerti in sacrificio al tempio il giorno di Pasqua.

          Questi agnelli, che ricordavano agli ebrei la liberazione del loro popolo a opera di Dio, erano il simbolo di una protezione contro la morte. Analogamente, Gesù, Agnello di Dio, ci protegge con il suo sangue dalla morte eterna. Gesù è dunque il nuovo Agnello che ha offerto la sua vita liberamente, per amore verso suo Padre e verso il mondo.

          Come Dio ha fatto passare il suo popolo dalla schiavitù in Egitto alla terra promessa, così Gesù fa passare il suo popolo dalla morte alla vita. Grazie alla morte e alla Risurrezione di Gesù, l’uomo è liberato dal male, o dal peccato, cioè da una vita senza speranza che lo separa da Dio. Se desidera, ora l’uomo può procedere sulla strada dell’amore, amando Dio e il suo prossimo.

Era necessario che Cristo morisse così?

          Gesù, che era venuto ad annunciare la Bella Notizia improntata all’amore, è stato condannato a morte e crocifisso come un malfattore. La sua missione si è dunque rivelata un fallimento? Alcuni discepoli si posero questa domanda subito dopo la morte di Gesù. Infatti, Luca presenta il resoconto del momento in cui due discepoli procedevano da Gerusalemme a Emmaus, un villaggio distante circa 30 km dalla città (Lc 24,13-35). Allora appare loro Gesù risorto per camminare con loro, ma essi non lo riconoscono, perché «i loro occhi erano come accecati». E i due discepoli confidano a quello sconosciuto tutta la loro delusione: com’è possibile che Gesù, «un profeta potente davanti a Dio e agli uomini», sia finito così? Ma «il Messia non doveva forse soffrire queste cose prima di entrare nella sua gloria?». Gesù spiega che la morte del loro maestro ha un senso, che egli ha obbedito alla necessità imperiosa di andare fino in fondo alla sua missione, che consisteva nel rivelare agli uomini la gloria di Dio. Di sera, una volta arrivati a Emmaus, i due discepoli invitano l’uomo a condividere la cena con loro. E, appena benedice il pane, riconoscono Gesù. Pieni di meraviglia, tornano allora a Gerusalemme per annunciare la Bella Notizia agli altri discepoli.

L’Ultima Cena di Gesù

          In che modo questi due pellegrini hanno potuto riconoscere Gesù? Di fatto, questo brano allude a un altro avvenimento: l’ultima cena di Gesù con i suoi discepoli. Ricordiamo infatti che Gesù fu arrestato uno o due giorni prima della Pasqua ebraica, nell’anno 30 o 31. Gli ebrei si preparavano a celebrare con una cena questa grande festa (cf p. 262). Giovedì sera, Gesù, sapendo che stava per essere arrestato, condivise il pane e il vino con i suoi discepoli. L’unica differenza rispetto al pasto degli ebrei fu l’assenza dell’agnello. Dopo aver spezzato e benedetto il pane, Gesù disse: «Questo è il mio corpo, che viene offerto per voi. Fate questo in memoria di me». Poi offrì ai discepoli il calice del vino pronunciando queste parole: «Questo calice è la nuova alleanza che Dio stabilisce per mezzo del mio sangue offerto per voi» (Lc 22,19-20). Gesù annunciò così il senso della sua morte sulla croce: è una Pasqua, il passaggio dalla morte alla vita.

 

Marco Lorenzetti

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