In questo percorso di Quaresima vogliamo presentare alcuni gesti liturgici, per comprenderne meglio il significato. Oggi parliamo del gesto di metterci in ginocchio.
L'espressione della riverenza, dell'adorazione, dell'umiltà, dell'abbandono totale a Dio si manifesta con un abbassamento del corpo che si declina in posizioni diverse.
Innanzitutto c'è l'inchino profondo, sempre usato dagli orientali, dai monaci cistercensi e da alcune famiglie religiose. Gesto antico della preghiera, consiste nel curvare la parte superiore del corpo verso il suolo per onorare qualcuno, ricevere una benedizione, adorare il Santissimo sacramento o le tre persone divine evocate nel Gloria Patri..
Poi c'è la genuflessione breve, nella quale si mette un ginocchio a terra come gesto di adorazione dinanzi al Santissimo sacramento presente nel tabernacolo, quando si entra in una chiesa o se ne esce.
La genuflessione prolungata a due ginocchia, chiamata anche posizione in ginocchio, menzionata spesso nell'Antico e nel Nuovo Testamento si riscontra di frequente nel cuore del medioevo. Le due ginocchia a terra, il busto diritto e le mani giunte, diventano allora la posizione tipica della preghiera al posto di quella dell'orante in piedi, che viene allora facilmente assimilata alla tiepidezza. La preghiera in ginocchio nasce essenzialmente dalla devozione privata. Essa è particolarmente indicata per esprimere la fede nella presenza del Signore dinanzi al Santissimo sacramento, così come durante le liturgie penitenziali nelle quali il fedele esprime umiltà e pentimento.
La prosternazione è una genuflessione con le due ginocchia, accompagnata dall'inclinazione della testa sino a terra, con i gomiti che toccano il suolo. È tipica delle folle musulmane in preghiera. Viene imitata da alcuni gruppi di cristiani che sono in contatto con l'islam o che amano questo gesto così adatto a esprimere l'adorazione; è praticata in particolare nelle comunità nate dal rinnovamento carismatico.
La prostrazione è un distendersi al suolo, in tutta la propria lunghezza, con la faccia a terra.
Essa simboleggia l'abbandono totale a Dio, l'obbedienza assoluta. Accompagna gli impegni solenni, il sacramento dell'ordine o i voti religiosi.
Se tutte queste sono posizioni che si incontrano saltuariamente, è soprattutto mediante la posizione in ginocchio che i fedeli esprimono abitualmente nella liturgia umiltà o adorazione; è quello che Charles Péguy evoca nel Mistero dei santi innocenti: "Il bell'inginocchiarsi diritto di un uomo libero"1. O anche quello di cui parla Madeleine Delbrêl nei suoi Poemi degli anni di conversione: Ho piegato le ginocchia e ho teso le mani. E ho l'umiltà dei poveri che domandano.
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Mettersi in ginocchio è un gesto di adorazione, di riverenza o di umiltà.
La preghiera in ginocchio è necessaria quando uno sta accusandosi dei propri peccati davanti a Dio, pregando per la guarigione e la remissione di essi. Richiama l'immagine di Paolo che, prostrato e sottomesso, dice: "Per questa ragione io piego le ginocchia dinanzi al Padre dal quale ogni famiglia nei cieli e sulla terra prende nome" (Ef 3,14-15).
Origene, La preghiera 31,3
Ad Antiochia, nel IV secolo, la posizione in ginocchio è raccomandata per la rinuncia a Satana, durante il battesimo. Nella stessa epoca, a Gerusalemme, questo rito si compiva in piedi.
Le sacre leggi prescrivono di stare in ginocchio, così da riconoscere, anche tramite la postura, la sovranità [del Signore]. Sul fatto che piegare il ginocchio sia tipico di coloro che riconoscono la [propria] schiavitù, ascolta cosa dice Paolo: "A lui si piegherà ogni ginocchio nel cielo, sulla terra e sotto terra" (Fil 2,10). Mentre dunque state con le ginocchia piegate, coloro che vi iniziano ai misteri vi chiedono di pronunciare queste parole: "Rinuncio a te, Satana!"
Giovanni Crisostomo, Catechesi terza prebattesimale 4
Ma quando mai percepiamo noi più chiaramente la nostra pochezza di quando stiamo dinanzi a Dio?... Dinanzi a lui sono un nulla! Non è vero - e viene con tutta evidenza da sé - che non si può stare da superbi dinanzi a lui? Ci si "fa piccoli"; si vorrebbe rimpicciolire la propria persona, perché essa non si presenti così, con tanta presunzione: l'uomo si inginocchia. E se al suo cuore questo non basta ancora, egli può inoltre prostrarsi. E la persona profondamente chinata dice: "Tu sei il Dio grande, mentre io sono un nulla!". Quando pieghi il ginocchio, non farlo né frettolosamente né sbadatamente. Da' all'atto tuo un'anima! Ma l'anima del tuo inginocchiarti sia che anche interiormente il cuore si pieghi dinanzi a Dio in profonda riverenza. Quando entri in chiesa o ne esci, oppure passi davanti all'altare, piega il tuo ginocchio profondamente, lentamente; ché questo ha da significare: "Mio grande Iddio!..."
Ciò infatti è umiltà ed è verità e ogni volta farà bene all'anima tua.
Romano Guardini, I santi segni, pp. 30-31
1C. Péguy, I misteri. Giovanna d'Arco. La seconda virtù. I santi innocenti, Jaca Book, Milano 19842, p. 323.
Tratto da: P. Christopeh, La bellezza dei gesti del cristiano, Qiqajon.
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