Cosa ci dicono “Le lacrime di Freyja” dell’artista francese contemporanea Anne Marie Zilberman?
Le lacrime di Freyja dell’artista francese contemporanea Anne Marie Zilberman.
La dea Freyja nella tradizione nordica rappresentava la dea della fertilità, della guerra, della seduzione, dell’amore, della bellezza e della profezia. La leggenda narra che quando il marito partiva per lunghi viaggi o quando ne faceva ritorno, ecco che questa dea versava lacrime d’oro rispettivamente di nostalgia o di intima gioia, capaci di irradiarsi fino ai confini dell’alba e del tramonto e dipingerne le sfumature.
L’occhio è truccato, le labbra tinte, il capello pettinato, ma ciò che più carpisce la nostra attenzione sono le lacrime, preziose lacrime d’oro che, noncuranti, rigano il candido viso della donna.
Cosa vede questa donna ad occhi chiusi? Cosa combatte questa donna così delicata? Chi ha catturato questo suo istante intimo di commozione?
Aggiungiamo un altro dettaglio interessante che segna la storia di questa opera. Molti hanno attribuito questo dipinto, superficialmente, a Gustav Klimt (1862-1918), poiché effettivamente l’uso dell’oro e il soggetto femminile così ritratto suggeriscono un immediato riferimento a lui. Quest’opera però è dell’artista francese contemporanea Anne Marie Zilberman.
C’è da domandarsi se il particolare intuito femminile non abbia fatto emergere ciò che dell’universo dell’intimità spesso è invisibile al genio maschile. C’è da chiedersi se la particolare sensibilità femminile non abbia fatto emergere con coraggio la preziosa forza dirompente racchiusa in semplici lacrime, che al tratto maschile sarebbero forse accennate sulla tela in trasparenza, mentre qui brillano d’oro e sono il primo contatto con chi guarda la bella dea Freyja.
Non importa allora di quale guerra la dea sia protettrice, di quale segreto d’amore sia custode, di quale trama sensuale sia complice, di quale attesa feconda sia prima testimone, di quale visione futura sia portatrice; importano le lacrime, quelle preziose lacrime che solo un’altra donna può cogliere e raccontare.
L’estro meraviglioso di Klimt ha messo in scena con grande maestria sfumature importanti dell’universo femminile: le sue numerosissime opere parlano di giovinezza, gravidanza, vecchiaia, bellezza e perdita della stessa, sensualità, erotismo (poi lasciato sviluppare al collega e amico Schiele); eppure Klimt non ha potuto cogliere gli istanti invisibili delle lacrime nelle sue modelle che diventano oro con i tratti sapienti e profondi di Zilberman. Con lei irrompe sulla tela l’interiorità nascosta della donna, che è interiorità nascosta di ogni uomo sulla terra: diventa visibile qualcosa di invisibile.
Spesso, anche nella tradizione salesiana, si sente parlare del dono delle lacrime, ma quanto ancora più affascinante (e oneroso, senza dubbio) sarebbe poter chiedere il dono di accorgersi delle lacrime: accorgersi quando sono trattenute, quando sono silenziate, quando rigano i volti dietro ai pregiudizi di cui abbiamo mascherato il prossimo, quando sono un appello ad essere raccolte, non asciugate, solo per
non lasciarle sole.
Esistono lacrime di rabbia, di gioia, di delusione, di dolore, di solitudine, di non senso, di pentimento, di disperazione, di tenerezza; piangono di queste lacrime uomini, donne, persino gli dei. Ha pianto Gesù Cristo nel Vangelo. Ha pianto Pietro, sempre nel Vangelo. Piangono i santi, piangono gli atei. Tutte lacrime che sgorgano dall’anima dell’uomo allo stesso modo. Le lacrime sono la nostra appartenenza alla terra così come al cielo, sono il palesarsi del nostro cuore in un mondo in cui siamo tutti fratelli, alcuni ciechi all’oro
altrui, altri artisti pronti a raccoglierne la forza. Che forza? Quella propria di ogni storia. Le lacrime raccontano una storia: a ciascuno il dono di “scriverne” con inchiostro dorato, prezioso. Eterno.
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