"Come questo mio quotidiano è o può essere una missione? Per me non è comunicare e testimoniare con le parole per far capire quello in cui credo"...
del 08 ottobre 2018
"Come questo mio quotidiano è o può essere una missione? Per me non è comunicare e testimoniare con le parole per far capire quello in cui credo"...
Per la seconda settimana della nostra rubrica missionaria, vi proponiamo l'esperienza di Simone, che in corsia vive ogni giorno il suo lavoro come una missione...
Ciao! Sono Simone ho 35 anni, sposato, con due figli e sono infermiere. E sono contento di esserlo!!!
La mia professione mi porta ad aiutare l’altro per contribuire alla sua guarigione fisica (in equipe con i medici, i miei colleghi e gli altri professionisti), essere sensibile verso il dolore e i bisogni di chi mi viene affidato; accompagnare alla morte ed alla malattia e cercare di essere di supporto alle persone che vivono questo momento difficile.
Mi ritrovo ogni giorno a creare relazioni nuove e diverse e che mi rendono ricco, per la bellezza o difficoltà delle storie che ogni persona porta con se.
Come questo mio quotidiano è o può essere una missione?
Per me non è comunicare e testimoniare con le parole per far capire quello in cui credo.
Lo vivo come la missione dello “stare” cercando, con i molti limiti del mio carattere e della mia umanità, di portare un po’ di serenità nel momento della malattia.
Mi viene in mente un episodio di qualche anno fa. Venne ricoverata una ragazza. I genitori, stranieri e che parlano poco l’italiano, erano molto preoccupati. Una sera la ragazza peggiorò tanto da essere trasferita in terapia intensiva. In quell’occasione ho cercato di tranquillizzare i genitori, spiegando cosa sarebbe successo e rassicurandoli dicendo che loro figlia è in mani sicure. Questo episodio mi ha colpito perché qualche mese fa, ho incontrato questa famiglia e mi hanno ringraziato per la pazienza e la cura che ho avuto nei loro confronti.
A volte “sembra” semplice altre volte invece è più impegnativo.
Per esempio qualche settimana fasi è ricoverato un paziente arrogante e poco disponibile a seguire le varie disposizioni. Mi sono innervosito, ho fatto fatica a mantenere la calma e ad essere “caritatevole”. Ma la provvidenza esiste e si vede dalle piccole cose: una collega è stata per me aiuto nel farmi vedere in quel paziente poco paziente una persona che ha bisogno di essere assistita cn ancor più tenerezza (e molta più fatica!)
Questo lavoro mi piace, con i suoi alti ed i suoi bassi, vittorie e delusioni, gioie e tristezze; mi aiuta a crescere come persona, mi fa vedere aspetti della vita per me talvolta ignoti e mi fa crescere come cristiano, ricordandomi ogni giorno che “ogni persona è degna della nostra dedizione. Non per il suo aspetto fisico, per le sue capacità, per il suo linguaggio, per la sua mentalità o per le soddisfazioni che ci può offrire, ma perché è opera di Dio, sua creatura!” (E.G. 273)
Simone
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