Pubblichiamo la traduzione della testimonianza del giornalista irlandese John Waters, tenuta sabato pomeriggio a Roma in Piazza San Pietro, durante la Giornata dei Movimenti. «Questa è la storia della mia vita, una vita vissuta all'interno della falsa realtà che l'uomo ha costruito per farsi più sicuro».
Pubblichiamo la traduzione della testimonianza del giornalista irlandese John Waters, tenuta sabato pomeriggio a Roma in Piazza San Pietro, durante la Giornata dei Movimenti.
Amici, viviamo in tempi di menzogne. In passato l’uomo lottava per la perfezione, sapendo che questa era irraggiungibile in questa realtà. Guidato da una fede certa nel Creatore che lo ama, dal quale rimaneva dipendente, l’uomo si protraeva verso le stelle, senza illudersi di toccarle, ma capendo che l’atto di tendersi gli permetteva di diventare sé stesso in tutto. Oggi invece l’umanità lotta per l’onnipotenza, credendo di poterla ottenere. Di conseguenza, l’uomo si sente immensamente solo, convinto che ogni cosa dipende dal suo stesso sforzo. Perciò, la delusione che ne consegue ci affligge tutti. Invade le nostre menti e cambia il nostro modo di pensare e di sentirci. Nonostante riusciamo ad avere un ruolo limitato nei progetti di progresso della nostra specie, noi continuiamo a inalare i comportamenti e le ideologie che essa porta con sé. E talvolta, nonostante noi stessi, crediamo che non dobbiamo aver bisogno di Dio. Sottolineo: non che non abbiamo bisogno di Lui, ma che non dobbiamo avere bisogno di Lui. Questa non è una scelta personale – per quanto qualcuno di noi potrebbe invece descriverla così – ma qualcosa che s’impone su di noi. Accade perché non comprendiamo le condizioni in cui noi viviamo. L’uomo ha costruito il suo mondo all’interno di quello misterioso a lui donato da Colui che crea ogni cosa. E questo mondo interno costruito dall’uomo ha alcune caratteristiche strane, a volte contraddittorie. Ci fa sentire più sicuri, eppure meno speranzosi. Ci fa sentire più intelligenti, ma anche più vicini all’angoscia.
Questa è la storia della mia vita, una vita vissuta all’interno della falsa realtà che l’uomo ha costruito per farsi più sicuro. Da bambino, camminavo con Cristo nelle strade della mia città natale. Parlavamo mentre procedevamo, di qualsiasi cosa che esisteva e qualsiasi cosa pareva possibile. Non c’era il bisogno di “fede”. Conoscevo Cristo, e non c’era bisogno di credere nelle cose che conosci. Era con me sempre: il mio compagno, mio fratello, mio padre, mio protettore… Negli anni dell’adolescenza, mi sono ritrovato in quella realtà fatta dall’uomo e nella sua versione di libertà, che era diversa dalla libertà che avevo vissuto da bambino. Intuivo, in qualche modo, che questa nuova forma di libertà sembrava escludere la possibilità di continuare a camminare con Cristo, che c’era una scelta da fare. Sebbene non lo desiderassi, percepivo che, per progredire nel mondo moderno, avrei dovuto staccarmi da Lui. E quindi lo feci, con tristezza, vergogna, ma anche con molte scuse e autogiustificazioni.
Così cominciai questo grande viaggio di libertà. Per un po’, sembrava evidente che avessi fatto la giusta scelta. Di sicuro mi sentivo libero. Ma, col tempo, mi accorsi che queste nuove libertà non mi soddisfacevano. In alcuni casi mi accorsi che queste nuove libertà erano la causa di una grande ferita in me. E in una particolare circostanza – la mia esperienza con l’alcool – questa presunta libertà mi aveva messo in ginocchio. Mi aveva messo in ginocchio in tutti i sensi. Forse era necessario per me avere un’esperienza estrema di libertà che mi mettesse in guardia dall’errore che avevo fatto. Attraverso l’intervento di alcune vittime come me, compagni profughi della stessa libertà fraintesa – che avevamo già scoperto qualcosa della vera natura della libertà – ritornai all’idea che io ero un essere creato. Grazie a queste nuove amicizie, mi si fece chiaro che ero dipendente da qualcosa di gran lunga più grande di ogni cosa io potessi trovare nel mondo costruito dall’uomo. Da questi amici ho imparato di essere dominato da un desiderio infinito per questa infinita Grandezza. Messo in ginocchio dal peso di questa croce così moderna, ho imparato diverse cose su di me. I miei nuovi amici mi hanno fatto vedere, tra il mio sbigottimento, come avevo spinto Dio giù dal trono della mia vita, e come avessi preso il Suo posto. E sebbene avessi preso le funzioni di Dio, non avevo nulla del suo potere, e quindi avevo ottenuto le Sue responsabilità senza gli strumenti per eseguirle. Questo, fondamentalmente, è il motivo per cui ero diventato incapace di agire nella realtà senza l’aiuto della chimica.
Ma la realtà costruita dall’uomo esclude gli aspetti misteriosi che ci definiscono. Non siamo fatti per accontentarsi di noncuranza, timidezza e apatia. Siamo parte del Mistero che rende possibile ogni cosa! Questo è il motivo per cui Gesù è venuto tra noi: per mostrarci cosa può essere una vita umana. Queste cose le ho apprese dagli amici che ho incontrato e che mi hanno aiutato a portare questa croce così moderna. Col tempo ho compreso che il desiderio della Grandezza di Dio non era una certa idea bella e astratta, ma un fatto essenziale per la mia struttura e la mia natura. Tornando indietro ai miei inizi, ho riflettuto su me stesso e sul mio posto nel mondo. E ho trovato che quei giorni innocenti, quando camminavo con Cristo per le strade della mia città, quei giorni erano i momenti della mia vita in cui il mio essere era più profondamente in armonia con la mia vera natura e struttura. Questa fu una scoperta sbalorditiva. Per tante ragioni era uno scandalo. Ma era anche una liberazione. Perché, dopo un viaggio doloroso, potevo dire la parola “Cristo” come qualcosa di vero su di me. Perché potevo avvicinarmi ancora a questa figura che aspetta pazientemente, non senza qualche slancio emotivo o senso di colpa, ma avendo imparato che in questa Persona, questa relazione, era la verità essenziale su di me. Io vi sto raccontando la mia esperienza della realtà. Racconto fatti, relativi a cose che sono successe, che continuano ad accadere, e per tanto di una circostanza empirica.
Questi fatti sono veri per la mia vita così come è vero il fatto che oggi è sabato. Chiediamoci allora se l’edificio costruito dall’uomo, che pensiamo essere la realtà, possa aver trascurato qualcosa che è reale, fattuale o ragionevole. Questo mondo fatto dall’uomo e le sue ambizioni sono per molti aspetti buoni. Al suo interno siamo più sicuri e più a nostro agio di quanto altrimenti saremmo. Ma questo mondo ci nasconde la misteriosa natura della realtà, compresa quella realtà che rimane dentro di noi, definendoci. Questa realtà interiore è totalmente accessibile solo attraverso l’incontro con questa Persona che chiamiamo Cristo. Per conoscere Cristo non ci è chiesto di voltare le nostre spalle alla curiosità, al progresso, all’illuminismo, alla libertà. Al contrario, ci chiede di guardare più a fondo nella realtà, per cogliere la sua vera natura. San Giovanni ci dice che, anticipando la prima Pentecoste, Gesù disse: «In quel giorno saprete che io sono nel Padre e voi in me e io in voi». Sono arrivato a vedere questo come la descrizione letterale della mia realtà. Non sono soltanto questa persona che si chiama John. Sono anche un Altro, Uno che mi fa, con il quale io vivo in una relazione che ho ignorato come fosse un grande rischio per me. Conoscere Cristo è conoscere me stesso, capire come sono fatto, e diventare libero in questa conoscenza, come non lo posso essere in nessun altro modo.
John Waters
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