Kalashnikov, storia di un Innominato comunista che a 91 anni ha abbracciato «i s...

L'inventore del fucile AK-47 è stato per tutta la vita un'icona dell'Urss. E come il personaggio manzoniano ha infine abbracciato la fede grazie all'aiuto di «Dio e degli amici».

Kalashnikov, storia di un Innominato comunista che a 91 anni ha abbracciato «i sacri misteri di Cristo»

 

Il compagno Mikhail era stato un soldato esemplare. Ma il peso delle onorificenze che pendevano dalla sua giacca da alta uniforme era più leggero di quello che l’ex tenente dell’Armata Rossa si portava nell’animo, se son vere le parole che Kalashnikov ha scritto ad aprile 2013 al Patriarca della Chiesa ortodossa di Russia Kirill, riportate ieri dal quotidiano Izvestia, a poche settimane dalla sua morte. «Il mio dolore spirituale è insopportabile. Mi faccio sempre la stessa domanda, alla quale non trovo risposta: se il mio mitra ha tolto la vita a così tante persone, significa che anch’io, Mikhail Kalashnikov, 93 anni, figlio di una contadina, cristiano ortodosso, sono colpevole della loro morte, anche se erano nemici?».

 

SI UNI’ ALLE ARMATE ROSSE A 19 ANNI

 

Sono le angosce di un uomo che vede avvicinarsi la morte e fa i conti col dramma delle sue azioni. Sono i pentimenti di un Innominato russo il cui nome è associato ad una delle armi più mortifere di sempre, l’AK-47, il fucile d’assalto per eccellenza, da lui ideato agli inizi della Guerra Fredda per armare l’esercito dell’Urss, e che da allora si calcola che, riprodotto in almeno 170 milioni di esemplari, abbia ucciso più persone della bomba atomica. Il progettista sovietico arrivò a quell’invenzione quando non aveva neanche trent’anni, e una grave ferita ottenuta nel difendere l’Urss dall’avanzata dei nazisti del ’41 lo costrinse a servire l’esercito e la patria non più con la sua vita ma col suo ingegno. C’è da credere che per lui fu un grande sacrificio abbandonare i campi di battaglia, tanto per il suo amore per le armi quanto per l’impossibilità di servire in prima linea il progetto comunista dell’Urss, un mondo in cui si era trovato fin dalla nascita. Nato in Siberia nel ’19 in una famiglia di contadini, sebbene i suoi genitori fossero kulaki e nel ’30 avessero subito la deportazione, aderì appena diciannovenne all’Armata Rossa.

 

«ERA MEGLIO IDEARE UN TAGLIAERBA»

 

La sua vita è stato un continuo alternarsi di riconoscenze e dedizione alla causa, invenzioni e fedeltà estrema a Mosca. Il regime comunista lo scelse per due volte come eroe del lavoro sovietico, l’apparato lo elesse a simbolo del progresso dell’Urss, assieme all’astronauta Gagarin; quando il Muro di Berlino crollò, Kalashnikov rimase nei ranghi dell’esercito e la Federazione russa lo fece Cavaliere dell’Ordine di Sant’Andrea. L’invenzione di quel fucile, però, non lo fece mai stare in pace. Non ha mai guadagnato tanti soldi da quell’idea, ha detto più volte, proseguendo nella sua vita umile in una città ai piedi degli Urali.

Era stata pensata come arma di difesa e, questo, fino a qualche anno fa continuava a ricordarlo, come non preoccupandosi dei tanti morti provocati: «Mi spiace che sia usato dai terroristi, ma sono orgoglioso del mio fucile d’assalto… I responsabili di come viene usato sono i politici. Io dormo benissimo di notte». Ma a queste considerazioni ne alternava anche altre, meno spocchiose: «Avrei preferito inventare un tagliaerba», disse una volta, e non lo diceva come battuta: «Rimproverate i nazisti, mi hanno fatto diventare loro un progettatore d’armi». Nel mondo l’arma veniva usata ovunque in guerre civili e rivolte, e quando poi la sua città natale gli volle dedicare un museo, lui chiese che piuttosto fosse costruita una chiesa.

 

LA CONVERSIONE A 91 ANNI

 

Perché Kalashnikov alla fede ortodossa è arrivato molto tardi. Cresciuto ateo nella Russia che rifiutava ogni fede, si è convertito al cristianesimo quando aveva 91 anni, abbracciando i «sacri misteri di Cristo» grazie all’aiuto di «Dio e degli amici», come spiega lui stesso nella missiva per il Patriarca. «Naturalmente non si può dire che andasse a Messa o vivesse secondo i comandamenti», ha spiegato a Izvestia la figlia Yelena, «Occorre capire la sua generazione».

«È vero», continua la lettera dell’ex tenente, «il numero di chiese e monasteri cresce nel nostro paese, ma il Diavolo non si riduce! Il bene e il male vivono come vicini, combattono e, la cosa peggiore, convivono nell’animo della gente». La firma a fondo pagina è questa: «Servo di Dio, progettista Mikhail Kalashnikov».

 

 

Emmanuele Michela

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