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L'esame orale

Dieci minuti forse non sono nemmeno dieci. Forse sono solo sei o sette e sono i minuti che uno studente ha a disposizione all'inizio della prova orale dell'Esame di Stato. A disposizione nel senso che, di solito, in quei minuti lo studente può parlare di quello che vuole. Ovviamente deve voler parlare della tesina... Su un tema che ha scelto lui o perché gli piaceva o perché lo hanno consigliato bene i prof oppure (ma forse non si dovrebbe dire...) perché su quel tema c'era una bella tesina da scaricare gratis...


L'esame orale

da Quaderni Cannibali

del 26 giugno 2006

Dieci minuti forse non sono nemmeno dieci. Forse sono solo sei o sette e sono i minuti che uno studente ha a disposizione all’inizio della prova orale dell’Esame di Stato. A disposizione nel senso che, di solito, in quei minuti lo studente può parlare di quello che vuole. Ovviamente deve voler parlare della tesina ovvero del percorso ovvero dello schema ovvero della mappa concettuale. Su un tema che ha scelto lui o perché gli piaceva o perché lo hanno consigliato bene i prof oppure (ma forse non si dovrebbe dire…) perché su quel tema c’era una bella tesina da scaricare gratis in uno dei numerosi siti che qui non verranno elencati.

 

Dieci minuti per partire

In molte scuole i dieci minuti si chiamano start. Vediamo a che cosa non serve lo start.

Lo start non serve

1.           a comunicare informazioni nuove su un argomento. Questo è quasi scontato a scuola: su qualunque argomento (scolastico) i prof sanno tutto e un po’ di più

2.           a catturare l’attenzione attraverso contenuti molto originali. I programmi svolti sono chiari e definiti: non è che uno possa presentare una tesina sui miti autoctoni della Terra del Fuoco…

3.           a dimostrare capacità straordinarie nel lavoro di ricerca. A scuola si trovano e si riorganizzano contenuti già svolti da altri più competenti: la ricerca vera è una cosa seria e richiede tempi lunghi di ipotesi, di tentativi e di verifiche

4.           a dimostrare personalissime capacità critiche. A scuola si studiano le analisi svolte dagli studiosi: uno studente fa benissimo a dire quello che pensa, solo che uno studente deve sapere almeno un po’ su parecchi argomenti, mentre uno studioso di Montale o del neutrino sa tutto quello che c’è da sapere su Montale o sul neutrino.

A questo punto sembra che lo start non serva a niente, se non a permettere al candidato di partire da dove vuole. Scaduti i dieci minuti comincia l’esame vero.

Invece non è così. Quei dieci minuti possono diventare contemporaneamente difficili e divertenti. Infatti sono quasi uno spot in cui il candidato presenta la sua capacità di comunicare.

 

Dieci minuti per una strategia

Il paragone con una campagna elettorale funziona. Il protagonista si chiama candidato sia alle elezioni sia agli esami. Nell’una e nell’altra situazione si riceve (o no) un voto soddisfacente.

Lo start degli esami è come un appello agli elettori (ai professori). Alcune caratteristiche sono dunque molto “televisive”:

1.           è indispensabile organizzare bene il tempo. “Sforare” è pericolosissimo perché si può venire interrotti. Se succede, non si può concludere il discorso e si resta disorientati

2.           si deve essere sintetici al massimo. Quante più sfumature si aggiungono, tanti più sono i dubbi che si consegnano agli ascoltatori

3.           si deve essere chiari al massimo. Altrimenti gli ascoltatori si possono convincere che uno “ci giri intorno” perché non è sicuro e sincero in quello che dice.

I professori sono avvantaggiati rispetto agli ascoltatori: finito lo spot (lo start), i professori possono intervenire…

Il modo più efficace per organizzare i dieci minuti è quello di costruire una presentazione in PowerPoint oppure sui lucidi con la lavagna luminosa. Ci sono almeno due vantaggi rispetto alla mappa o alla “scaletta ragionata” sulla carta: spesso a scuola non si consente agli studenti di parlare leggendo appunti (anche se questi contengono solo un indice). La scaletta su carta, poi, viene consegnata subito alla Commissione. La presentazione in PowerPoint o su lucidi, invece, consente al candidato di gestire le diapositive, evitando che i prof, com’è loro inveterata abitudine, si mettano a leggere per correggere non appena si dà loro in mano un foglio di carta.*

Insomma, non s’è mai visto un candidato alle elezioni che consegni agli ascoltatori il testo del suo intervento, prima di effettuarlo…

Usare PowerPoint è semplice: basta provare. Mentre si costruiscono le diapositive, compaiono le istruzioni necessarie. Qui si tratta di capire come costruire diapositive efficaci sul piano comunicativo, una per una e nella loro sequenza. Se si fanno i lucidi, è lo stesso. Sarebbe bello che la scuola abituasse a comunicare in questo modo nell’arco del corso di studi e non solo nei dieci minuti all’esame finale. Alcuni consigli possono servire comunque:

1.           per una presentazione di dieci minuti occorrono circa dieci-undici diapositive. È meglio tenersi un minuto da parte per eventuali imprevisti e ritardi: così uno non ha l’ansia di non riuscire a finire

2.           la presentazione è un supporto per il discorso e, a chi parla, serve come guida e aiuto per i dati che non bisogna dimenticare. Questo vuol dire che non basta leggere quello che sta scritto sulle diapositive: bisogna discuterlo ampliandolo un po’

3.           la prima diapositiva dovrà presentare il nome, il cognome, l’anno scolastico, il titolo e il sottotitolo del discorso. È quella che serve anche per presentare se stessi e dire buongiorno agli ascoltatori

4.           la presentazione non ha lo scopo di trattare un argomento, ma di convincere i prof che il candidato lo sa proporre e padroneggiare: perciò bisogna mettere in rilievo i punti di forza e i dati irrinunciabili, selezionando le informazioni e sintetizzandole. Interpretazioni e particolari (non troppi) si dicono a voce

5.           perciò è efficace scrivere quasi degli slogan (senza esagerazioni e senza aggettivi), facili da leggere e da ricordare. Se si scrive troppo, gli ascoltatori si mettono a leggere e non ascoltano più. La misura efficace è al massimo cinque-sei righe per ogni diapositiva, con una sola idea centrale. Sono utili gli elenchi puntati: non i numeri, perché confondono

6.           è consigliabile eliminare aggettivi e avverbi; bene i segni e i simboli logici, per esempio le frecce; è utile usare i grafici (così uno non deve ricordarseli a mente) purché non siano troppo complicati

7.           la presentazione non è una pubblicità: perciò piano con i caratteri strani e divertenti, con i disegnini buffi e con troppi effetti speciali. Al massimo due font in corpo ben leggibile, niente sottolineature né corsivi (che confondono la lettura) o parole “urlate” in maiuscolo

8.           si deve scegliere con attenzione il colore dello sfondo e quello del testo. Di solito chi fa le presentazioni per mestiere sceglie fondo blu e scritte in giallo o bianco

9.           durante la presentazione, per attirare l'attenzione dei prof sui punti voluti, si può impiegare la freccia del mouse o il puntatore luminoso, oppure cerchiare in rosso i particolari scelti

10.      è opportuno non imparare a memoria il proprio discorso, per evitare di bloccarsi. Serve invece sincronizzare il discorso con la successione delle diapositive, senza fermarsi su una schermata. Altrimenti si dà l’impressione di essersi “impanicati” e di non saper andare avanti

11.      bisogna organizzare molto bene il discorso. Con chiarezza e semplicità e in modo coerente. Ad esempio:

a.          introduzione.  Titolo e sottotitolo, più una domanda (Il problema del tempo. Un concetto “relativo”. Come cambia la percezione del tempo in epoche diverse?)

b.          esposizione.  Sintesi del problema del suo sviluppo (tempo ciclico e tempo lineare, la storia come ricorso o la storia come speranza, la relatività e il relativismo, …, con esempi tratti dalle diverse discipline)

c.           argomentazione.  Scelta di una tesi (ad esempio il relativismo) e ragioni che portano a sostenerla (ovviamente tratte dagli autori e dalle discipline e non “create” dal candidato)

d.          conclusione.  In una diapositiva finale sintesi del discorso ed eventuali indicazioni di possibili linee di approfondimento.

Dieci minuti per “dire delle cose”

A questo punto, uno potrebbe credere che allo start (come in tutto il resto, in questo mondo di immagine) basti saper comunicare bene: i contenuti conterebbero meno e, magari, conterebbe anche meno l’onestà del discorso, ovvero se il candidato sia davvero preparato o no. Se si aggiunge che il discorso esteso della tesina si può facilmente copiare in Internet o da qualunque parte, c’è da domandarsi se la scuola non finisca per chiedere (in quei dieci minuti) di vendere fumo.

I Romani (gente competente nella costruzione dei discorsi) dicevano rem tene verba sequentur. Vuol dire: “Tu vedi di conoscere bene l’argomento e le parole ti verranno da sole.” Non è proprio così: le parole devono essere organizzate bene. Tant’è vero che i Romani andavano proprio a scuola di retorica (l’arte di organizzare le parole). Ma la cosa importante è rem tene: uno può essere un grande comunicatore, ma se parla sul nulla presto o tardi gli altri se ne accorgono. I professori alla fine dei dieci minuti. È una bella garanzia che a scuola l’immagine conti meno che la sostanza.

 

 

* Proprio per questa ragione, è “strategico” non consegnare subito ai prof la stampata dei lucidi o della presentazione. Altrimenti quelli si mettono subito a leggerla (a correggerla) e ascoltano con minore attenzione. Per evitare che la chiedano, si può dire che, finita la presentazione, se ne darà loro una copia.

Susanna Conti

http://www.dimensioni.org

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