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L'esercito senza armi: mille ragazzi a sostegno degli altri

Un anno di servizio civile: un anno per gli altri e per capire meglio se stessi in vista dell'ingresso nel mondo del lavoro. Un tempo sempre più raro, però, nonostante l'aumento di interesse per questa esperienza «di passaggio». «L'interesse è in crescita, ma le risorse sono in costante calo: in 5 anni sono state tagliate del 60%.


L’esercito senza armi: mille ragazzi a sostegno degli altri

da Attualità

del 13 luglio 2011

 

 

          Sono mille in Piemonte i giovani tra i 18 e i 28 anni (75% ragazze) impegnati nell’anno di servizio civile, la metà in provincia di Torino. Di questi, 300 «lavorano» con il Comune e la Provincia, 200 con altre realtà, dai Salesiani all’Anpas, dalle Acli alla Lega Cooperative, all’Arci alla Caritas. Un anno per gli altri e per capire meglio se stessi in vista dell’ingresso nel mondo del lavoro. Un tempo sempre più raro, però, nonostante l’aumento di interesse per questa esperienza «di passaggio».

          «L’interesse è in crescita, ma le risorse sono in costante calo: in 5 anni sono state tagliate del 60%.Da 57mila giovani in servizio civile l’anno siamo passati, in tutta Italia, a 19mila. Le domande, invece, sfiorano quota 80mila», spiega don Alberto Martelli, responsabile della Pastorale Giovanile Salesiana del Piemonte e presidente del Tavolo Enti Servizio Civile che ieri ha promosso una manifestazione in piazza Vittorio a base di testimonianze, musica, una tavola rotonda.

          «La giornata “Difendiamo oggi l’Italia di domani” », aggiunge Luca Magosso, vice presidente del Tesc (nato dai coordinamenti Obiettori di coscienza), direttore del Centro Studi Sereno Regis, «ha voluto riportare all’attenzione della gente e specialmente dei giovani i valori del Servizio Civile come difesa non violenta della patria in occasione del 150°. E come costruzione di cittadinanza attiva e solidale per il bene di tutti». Per l’anno di servizio è previsto un «rimborso spese» di 480 euro al mese. «In questo tempo i ragazzi continuano la formazione, sperimentano – dicono Martelli e Magosso - il valore del volontariato, allenano il senso di responsabilità, mettono alla prova, spesso per la prima volta, la loro capacità di osservare regole, orari, di collaborare con altri: tutte richieste del mondo del lavoro».

La pacifista

“Così ho potuto continuare i miei studi”

          Laura Gasparri, 28 anni, milanese, si è laureata a Pisa in Scienze per la Pace. Da alcuni mesi è impegnata al Centro studi per lo sviluppo e la pace «Sereno Regis» di via Garibaldi 13. «Dopo la laurea ho deciso di fare domanda qui, mi pareva la continuazione ideale e coerente delmio percorso, con il valore aggiunto del significato del servizio civile», racconta. «Al Sereno Regismi occupo in particolare di due progetti: il primo, di ricerca, è sull’impatto ambientale delle guerre. L’altro è legato alla realizzazione di un kit didattico per l’educazione alla pace e alla non violenza». Per Elena il servizio civile è un’esperienza formativa, un’occasione per riflettere sul dopo. «Con i miei studi - dice Elena - gli ambiti in cui trovare occupazione sono le Ong, il campo dell’educazione alla pace, la mediazione dei conflitti. E qui, con gli incontri promossi dal Comune per tutti i ragazzi impegnati nell’anno di servizio civile, si riceve una sorta di accompagnamento verso il mondo del lavoro. Sono appuntamenti molto utili per capire come muoversi. L’anno è molto intenso e a un certo punto occorre rielaborare le esperienze fatte per sapere come inserirle nel miglior modo possibile nel proprio cammino».

L’ex cameriera

“Occuparmi di stranieri mi ha fatto crescere”

          A Michela Marchio, 21 anni, l’anno di servizio civile sta facendo scoprire un’umanità che nella sua vita passata non aveva mai incontrato così da vicino. Alle Acli, l’ente presso il quale ha fatto domanda, si occupa di persone immigrate, di donne in particolare. «Sono diplomata all’istituto alberghiero, ma prima del servizio civile ho fatto soltanto qualche lavoretto nei ristoranti. Non ero per niente contenta, cercavo un’opportunità che mi permettesse di crescere, di imparare qualcosa. Un’amicami ha suggerito di fare domanda per il bando delle Acli: l’ho fatto e sono arrivata seconda, per fortuna la ragazza arrivata prima ha rinunciato». Da gennaio Michela è impegnata allo Sportello Immigrati di via dei Quartieri e, per alcune ore, all’Acli Colf. «Faccio compilare i moduli per le richieste di lavoro e quelli del progetto “Link”, attraverso il quale cerchiamo di capire le difficoltà pratiche ed economiche delle donne. E ascolto. Ascolto molte storie. Le persone immigrate si sfogano, parlano delle situazioni difficili che devono affrontare. Fare qualcosa che aiuta gli altri mi rende felice. E sento che è veramente formativo incontrare gente diversa dame».

L’operatore sociosanitario

“Aiutando i disabili ho scoperto un mondo”

          Manuele Belasri, 23 anni, di Torre Pellice, ha preferito dare le dimissioni dall’azienda dove stava lavorando (settore acque minerali) per dedicarsi all’anno di servizio civile. Follia? «No, affatto. Lavoravo, sì, ma solo con un contratto a termine. E non lo sentivo come il “posto della mia vita”». Il suo diploma di operatore turistico, con quell’occupazione non aveva niente a che vedere. «Ho pensato che con il servizio civile avrei fatto del bene a qualcuno. E poi avrei fatto esperienza nel settore terziario che oggi offre lavoro anche in provincia. Ora sono impegnato con le persone disabili e questo mondo mi affascina. Tanto che mi sono iscritto, in parallelo, a un corso da operatore socio sanitario».

          Manuele è tra i ragazzi che hanno risposto al bando della Diaconia Valdese, uno degli enti del Tavolo Enti Servizio Civile che ieri hanno presentato le loro attività in piazza Vittorio. «La Diaconia mi ha mandato alla Comunità Montana Valpellice e la Comunità mi ha assegnato al centro diurno per disabili «Ciao» di Torre Pellice dove ci sono persone con gravità medio-lieve dai 20 ai 60 anni». Al Ciao Manuele è impegnato per 140 ore al mese. «Sto facendo un’esperienza che mi gratifica - commenta - e che, sono certo, mi aiuterà a trovare sbocchi lavorativi».

L’aspirante docente

“L’opportunità che la scuola non mi dava”

          Margherita Leone, laurea in Lettere e «specialistica» in Letteratura, Filologia e Linguistica italiana, collaboratrice di periodici on line, ha un sogno. Un sogno che hanno ancora tanti giovani, ma sempre meno realizzabile: diventare insegnante. «Sono iscritta da due anni nelle graduatorie di terza fascia. L’unico “lavoro” che ho trovato finora è stato un laboratorio di preparazione all’esame di Maturità. E l’ho trovato, in definitiva, perché conoscevo qualcuno nella scuola...».Detto questo, quando ha incrociato il progetto dei Salesiani per l’anno di servizio civile «In laboratorio con don Bosco», ha pensato che potesse essere un’opportunità per rimanere in contatto con il mondo della didattica e per imparare qualcosa di utile. «Ora sono impegnata al Centro di formazione professionale Rebaudengo. L’obiettivo del progetto è favorire l’integrazione dei ragazzi di origine straniera, trasmettendo loro la proposta educativa salesiana nel rispetto della loro identità culturale e religiosa». Un impegno delicato, da realizzare con intelligenza. «La maggior parte dei ragazzi è di origine araba. Paradossalmente, loro sono molto meno diffidenti degli italiani. E più consapevoli della necessità di costruirsi un futuro».  

Maria teresa Martinengo

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