La Messa è la preghiera per eccellenza, attraverso la quale Don Bosco svolge la catechesi più profonda, mettendola a fondamento di tutta la sua opera educativa.
Nella Santa Messa la catechesi più completa
Abbiamo visto come le preghiere sono una delle modalità con le quali è possibile approfondire la catechesi, ma il modo più antico di cui i cristiani si sono serviti, è dato dalla Liturgia e, in particolare, quella sacramentale.
La celebrazione dei Sacramenti è una miniera per la catechesi, poiché comporta la partecipazione personale al mistero Pasquale e ci abilita a entrare nel suo cuore, che è la Messa; in essa vediamo l’origine di tutta la vita cristiana.
La Messa è la preghiera per eccellenza, attraverso la quale Don Bosco svolge la catechesi più profonda, mettendola a fondamento di tutta la sua opera educativa.
Ecco che cosa scrive in un suo libretto intitolato Il mese di maggio (8° giorno del mese, pag. 56-57): «Nell’Eucaristia Gesù Cristo ci dà il suo corpo, il suo sangue, la sua anima e la sua divinità sotto le specie del pane e del vino consacrati. Questo è il più grande prodigio della potenza Divina. Con un atto di amore immenso verso di noi, Dio trovò modo di dare alle anime nostre un cibo proporzionato e spirituale, cioè la medesima sua Divinità».
La sua catechesi sulla Messa è ricca e pratica; della Messa non gli sfugge il duplice aspetto del sacramento e del sacrificio.
Nel suo libro di preghiere scritto per i suoi giovani: Il Giovane Provveduto, così si esprime: «Se vuoi, o cristiano, avere una giusta idea della Santa Messa, portati col pensiero nel Cenacolo, quando il Salvatore la celebrò la prima volta con i suoi Apostoli, la vigilia della sua passione».
La Messa come sacrificio
Senza però trascurare questo aspetto sacramentale, Don Bosco insiste di preferenza sul secondo: la Messa come sacrificio.
La sua catechesi qui si trasforma in una commossa meditazione: «Capite bene, o figlioli, che nell’assistere alla Santa Messa è lo stesso come se voi vedeste il Divin Salvatore uscire da Gerusalemme e portare la croce sul monte Calvario, dove giunto viene crocifisso fra i più barbari tormenti, spargendo fino all’ultima goccia il proprio sangue. Questo medesimo sacrificio rinnova il Sacerdote mentre celebra la Santa Messa, con questa sola distinzione che il sacrificio del Calvario Gesù Cristo lo fece con lo spargimento di sangue, quello della Messa è incruento, cioè senza spargimento di sangue».
Questa dimensione della Messa come sacrificio è da fare riscoprire a tutti, in particolare ai giovani, per favorirne il raccoglimento durante la celebrazione e la gravità nel non partecipare, almeno alla domenica, per futili motivi. Mentre un amico muore per noi, il non essergli accanto è manifestare un cuore profondamente ingrato.
Per Don Bosco non si può immaginare cosa più preziosa, più santa, più grande del Corpo e del Sangue di Gesù Cristo; di qui la sua insistente catechesi atta a suscitare nel giovane il desiderio di frequentare con assiduità la Messa, perché «quando partecipiamo alla Santa Messa, non possiamo fare cosa che possa tornare di maggior gloria di Dio e di maggior utilità per le anime nostre».
La tradizione della Messa quotidiana, per i suoi giovani, era dunque scontata ed orientata ad offrire loro la possibilità di fare la Comunione, nella massima libertà.
I genitori, i formatori e gli educatori dei giovani dovrebbero riproporre agli adolescenti e ai giovani l’incontro eucaristico quotidiano, e vedrebbero i miracoli nella loro opera educativa.
Meraviglia il verbo che ritorna con una certa frequenza nella catechesi che egli usa: il verbo «partecipare», insolito ai suoi tempi, ma attualissimo con la riforma liturgica.
Non si va dunque alla Messa soltanto per sbrigare un dovere di coscienza e per essere a posto davanti a Dio. Alla Messa si partecipa, si prende parte al mistero di morte e risurrezione del Cristo Salvatore, e questo comporta il coinvolgimento personale di comunione con Gesù sacerdote e vittima.
La Comunione frequente
In particolare Don Bosco si sofferma sulla Comunione affiancandosi ad altri che, in netto anticipo sulla grande apertura pastorale di San Pio X, rivendicavano vigorosamente la necessità della comunione frequente, creando occasioni ai fedeli e promuovendo con equilibrata larghezza la Prima Comunione ai bambini.
Il suo pensiero, al riguardo, è chiaro: egli sa che la Prima Comunione è l’incontro con Dio che può segnare tutta una vita. Scrive nell’opuscolo sul «Sistema preventivo »: «Si tenga lontano come la peste l’opinione di taluno che vorrebbe differire la Prima Comunione a un’età troppo inoltrata, quando per lo più il demonio ha preso possesso del cuore di un giovanetto a danno incalcolabile della sua innocenza... Quando un giovanetto sa distinguere tra pane e pane, e palesa sufficiente istruzione, non si badi più all’età e venga il Sovrano Celeste a regnare in quell’anima benedetta».
L’esperienza gli insegna che l’adolescente attraversa un’età in cui si sviluppano in lui le passioni più pericolose, e le prime crisi si manifestano proprio con l’allontanamento dalla Confessione e dalla Comunione; perciò non esita ad esortare i suoi giovani: «Fate con molta frequenza delle fervorose Comunioni. Andando a ricevere sovente Gesù nel vostro cuore: l’anima vostra resterà tanto rinforzata dalla grazia, che il corpo sarà costretto ad essere obbediente allo spirito».
Gesù amico
È di grande attualità il modo che Don Bosco usa, nella sua catechesi, di presentare ai suoi giovani, per lo più adolescenti, un Gesù amico e compagno di strada, il modello che ogni cristiano deve imitare.
L’ultimo giorno del 1875, dà come ricordo e come impegno personale e comunitario questa «strenna»: «Oh, quanto bene vi procurerà questo amico! Voi già capite che vi parlo di Gesù Eucaristia. Andatelo a ricevere con frequenza, ma bene; custoditelo nel vostro cuore; andatelo a visitare molto e fervorosamente questo amico. Esso è tanto buono, ma non vi abbandonerà neppure in morte; anzi è in morte che si dimostrerà veramente vostro amico e vi condurrà con lui in paradiso » (da un quaderno di Don Giulio Barberis).
La visita al SS. Sacramento
Nella sua catechesi eucaristica Don Bosco vuol guidare i giovani a una pietà personale, fatta di convinzioni profonde e di scelte responsabili. Insegna loro come fare la visita a Gesù presente nell’Eucaristia conservata nel Tabernacolo.
A questo proposito come è importante rieducarci alla sua presenza eucaristica attraverso il silenzio e alla adorazione, inginocchiati davanti al Tabernacolo, e insegnarlo ai ragazzi.
Già nel 1865 Don Bosco aveva raccomandato in una «buona notte»: «Non vi è cosa che il demonio tema di più che queste due pratiche: le Comunioni ben fatte e le Visite frequenti al SS. Sacramento. Volete che il Signore vi faccia molte grazie? Visitatelo sovente. Volete che ve ne faccia poche? Visitatelo di rado. Volete che il demonio vi assalti? Visitate di rado Gesù in sacramento. Volete che fugga da voi? Visitate sovente Gesù. Volete vincere il demonio? Rifugiatevi sovente ai piedi di Gesù. Volete essere vinti? Lasciate di visitare Gesù » (MB 8,49).
Fare riscoprire ai ragazzi e ai giovani l’amicizia di Gesù, innamorarli di Lui, in un momento della loro vita nel quale gli amici diventano più importanti dei genitori è una intuizione educativa da rivalutare.
Nel suo intento catechetico, che non lo abbandona mai in ogni intervento con i ragazzi, Don Bosco raccomanda loro di andare qualche volta in chiesa lungo il giorno, ma poi, ricordando la volubilità propria dei giovani, soggiunge subito «fosse anche per un solo minuto».
Don Bosco ha un’idea dinamica dell’Eucaristia; egli sa che il Cristo è vita per il cristiano e chi riceve la Comunione deve portar un frutto che rimane.
Non meraviglia quindi vedere elencati i frutti, impegnativi, che egli quasi esige dai suoi ragazzi: «Vincere il rispetto umano, staccare il nostro cuore dalle cose terrene e innamorarlo delle celesti».
Don Bosco stesso confesserà più tardi, essere stata la Comunione il più efficace alimento della sua vocazione, e sul finir della vita, nel suo testamento spirituale affermerà: «Ho sempre sperimentato efficaci... le Comunioni dei nostri giovani».
Era la più ambita conferma alla sua catechesi sacramentale.
don Gianni Asti
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