Dal punto di vista educativo si sta perdendo la capacità di riconoscere ed apprezzare l'autentica bellezza...
Nella storia dell’umanità l’arte è stata spesso un’occasione per avvicinare le persone a Dio. Attraverso la bellezza della musica, della pittura, della scultura, della poesia, i giovani possono imparare a guardare la vita con occhi diversi. Possono toccare l’infinito, allontanandosi dalla trappola del materialismo imperante.
Quando parliamo di arte, però, dobbiamo fare una distinzione. Esiste certamente un’arte vera, che può condurre i ragazzi a Dio. Ma non mancano, purtroppo, cattivi esempi di arte ingannevole, frutto del degrado dei nostri tempi. È un’arte triste, che può esprimere soltanto smarrimento e rassegnazione.
Pensiamo, ad esempio, a certe mostre di quadri che non hanno nulla di umano. Sono semplici accozzaglie di colori, che anche un bambino potrebbe dipingere, dandogli un pennello ed una tela da imbrattare.
Eppure ci sono critici e studiosi che si ostinano a descrivere questi orrori come capolavori, giustificando il loro giudizio con analisi complicate e sconclusionate, piene di paroloni incomprensibili. Finiscono, così, per diventare complici di quei furbacchioni che si spacciano per artisti, senza avere un briciolo di talento.
Questo degrado ha raggiunto, a volte, anche l’arte sacra. Una volta, per un giovane, era facile entrare in chiesa e pregare davanti ad una bella statua o a un dipinto raffigurante Gesù, la Madonna, Sant’Antonio o Santa Rita.
Certe immagini, che esprimevano grande serenità, rappresentavano un aiuto per arrivare a Dio. Bastava inginocchiarsi e lasciarsi cullare dallo sguardo dolce di Maria, madre di tutti i cristiani e dell’umanità intera.
Oggi, purtroppo, non è raro imbattersi in immagini sacre con volti tesi, che esprimono soltanto inquietudine. Non aiutano certamente i giovani a pregare e ad avvicinarsi a Dio.
Immaginiamo un ragazzo che arriva in chiesa con un animo tormentato, in cerca di pace. Non trova più lo sguardo amoroso di una Madonna accogliente, ma immagini cariche di tensione, che contribuiscono a rattristarlo ancora di più.
Dal punto di vista educativo, un vero dramma dei nostri tempi è la perdita del senso dell’arte più oggettivo, inteso come capacità di riconoscere ed apprezzare l’autentica bellezza.
I giovani, oggi, sono spesso bombardati dalla non-cultura del brutto e del disgustoso. Pensiamo, ad esempio, a ciò che è accaduto nel mondo della musica. Dopo l’avvento dei video musicali, i cantanti non possono più limitarsi a cantare. A volte sono condannati a costruirsi un’immagine e ad inventarsi ogni giorno un aspetto aggressivo, per attirare l’attenzione.
Ma la vera arte non ha bisogno di ricorrere a trucchi. È già talmente bella, da lasciare senza fiato. Invece, oggi, certi cosiddetti “artisti” hanno l’obbligo di ricorrere a qualcosa di speciale e di insolito per riuscire a farsi guardare o ascoltare.
Ma possiamo davvero chiamare “arte” tutto ciò che si associa a una non-cultura dell’eccesso, dell’estremo, della volgarità senza limiti?
Carlo Climati
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