Un modo per condividere con gli amici la propria esperienza di fede, per sperimentare la forza della preghiera! Preghiamo il Rosario in gruppo, nella nostra realtà...
del 09 ottobre 2017
Un modo per condividere con gli amici la propria esperienza di fede, per sperimentare la forza della preghiera! Preghiamo il Rosario in gruppo, nella nostra realtà...
«Tutto quello che chiederete con fede nella preghiera, lo otterrete»
(Mt 21,22)
«Gesù allora, vedendo la madre e accanto a lei il discepolo che egli amava, disse alla madre: «Donna, ecco tuo figlio!». Poi disse al discepolo: «Ecco tua madre!». E da quell'ora il discepolo l'accolse con sé»
(Gv 19,26-27)
Un Rosario vivente?
Un gruppo di amici che vuole condividere la propria esperienza di fede.
Un modo per sperimentare la forza della preghiera e la reale presenza di Gesù nella nostra vita!
Una sfida per vedere se è proprio vero che, come assicurava don Bosco, basta che un giovane entri in una casa salesiana, perché la Madonna lo prenda sotto la sua speciale protezione!
Come proporlo?
Provare a chiedere ai ragazzi delle nostre realtà: «Quanti di voi avrebbero il desiderio di cambiare le cose… dal vostro cuore, a quello delle vostre famiglie, al cuore dell’Oratorio o della scuola… fino ad arrivare a quello del mondo intero? Di che è mancanza questa mancanza, cuore, che a un tratto ne sei pieno? (Mario Luzi)»
Non vogliamo proporre di dire quattro preghierine… ma di diventare preghiera: prendere sul serio questa mancanza che sa di desiderio.
Se qualche ragazzo avesse il desiderio, leggendo questo articolo, di iniziare con questa buona pratica, lo segnali al proprio responsabile!
Come si “alleva” un papa: ce lo potrebbe spiegare Jan Tyranowski, che tra i suoi molti meriti (la maggior parte dei quali noti solo a Dio) ha sicuramente quello di aver avuto un ruolo fondamentale nella formazione umana e sacerdotale di Karol Woity≈Ça.
E l’ammirazione sarà ancor più grande se si considera che era un semplicissimo sarto e nulla più. Per scelta, perché i genitori lo han fatto diplomare e continuano a sognare per lui un lavoro da contabile in qualche grossa ditta o magari in banca, mentre lui sceglie di lavorare nella sartoria casalinga di papà, per aver più tempo da dedicare a Dio e perché, forse per timidezza, non se la sente di restare a contatto con il pubblico.
In realtà si rivelerà un grande comunicatore, soprattutto delle cose che riguardano Dio, e la sua opera si rivelerà provvidenziale, non solo per la sua parrocchia, ma addirittura per la Chiesa universale.
Nasce il 9 febbraio 1901 a Cracovia e, insieme ai vestiti, gli riesce di cucire anche la vita spirituale di centinaia di giovani: perché a loro dedica, in effetti, tutta la sua vita, con un apostolato inedito e certamente non programmato, che gli cresce tra le mani al di là di ogni più rosea previsione.
Che sia innamorato di Dio lo si vede a occhio nudo, che abbia sete di infinito lo si intuisce dal suo stile di vita: sobrio, essenziale, nutrito da profonde letture mistiche, tra le quali preferite sono le opere di San Giovanni della Croce e di Santa Teresa d’Avila.
Pur avendo una spiccata tendenza per la vita solitaria (tanto da essere paragonato ad un monaco nel mondo), non si sottrae all’apostolato attivo, soprattutto grazie ad una illuminata direzione spirituale, che gli evita la caduta in un eccessivo solipsismo e lo proietta invece nell’intensa attività dell’Azione Cattolica e nella pastorale della sua parrocchia. Che, essendo retta dai salesiani, non può non guardare con particolare predilezione ai giovani ed alla loro formazione spirituale.
Jan, pur essendovi particolarmente portato per natural inclinazione, sembra comunque sempre frenato da quelli che considera i suoi limiti, in particolare dalla difficoltà di comunicare. Fidandosi più del suo confessore che delle proprie capacità, Jan comincia così a prendersi cura dei giovani, coinvolgendoli nella pratica del “Rosario vivente”: i ragazzi si scambiano i misteri tra loro, in una sorta di catena che non si interrompe neanche di notte; poi si danno appuntamento a casa sua. I salesiani sorridono, commentando tra loro che “la gloria di Dio abita in Via delle Rose”, precisamente all’indirizzo di Jan e in parrocchia l’han soprannominato “il santo” per quell’alone di spiritualità di cui sembra circondato e che incute rispetto. Il suo non è un apostolato di massa, fondato com’è sul contatto personale e sulla cura individuale: i ragazzi si passano la voce, l’uno accompagna l’altro, il giro degli “amici di Jan” si ingigantisce e per approssimazione si possono calcolare a centinaia i giovani che vengono in contatto con lui.
Il sarto che ritiene di non saper parlare riesce a discutere con loro di teologia fino a notte fonda; soprattutto riesce a farli innamorare di Dio, al punto che da quelle riunioni amicali sbocciano almeno undici vocazioni sacerdotali, tra cui anche quella di un universitario, che per sette anni frequenta la casa di Jan e, una volta diventato papa, racconterà (soprattutto nella commovente testimonianza contenuta nel suo libro “Dono e mistero”) il ruolo fondamentale svolto da quell’umile sarto nel discernimento della sua vocazione e nel suo conseguente ingresso nel seminario clandestino, dal quale uscirà ordinato prete il 1° novembre 1946.
La guerra obbliga Jan a rivestire un ruolo-chiave in parrocchia con la deportazione di quasi tutti i salesiani a Dachau, trasformandolo di colpo nell’insostituibile riferimento spirituale della sua comunità e permettendogli così di estendere ancora di più i benefici effetti della sua intensa attività sui giovani.
Poi arriva un’infezione al braccio, che gli procura dolori lancinanti e lentamente lo porta alla morte, dopo una dolorosissima agonia, il 15 marzo 1947, ad appena 46 anni.
La sua inchiesta diocesana, avviata il 30 settembre 1997, si è conclusa il 15 marzo 2000 ed è stata convalidata il 16 novembre 2001. Undici anni dopo è stata consegnata la sua “Positio super virtutibus”, esaminata dai consultori teologi il 15 settembre 2015. Il 20 gennaio 2017 papa Francesco ha autorizzato la promulgazione del decreto con cui Jan Tyranowski è stato dichiarato Venerabile.
In cosa consiste?
Nel far sì che a livello locale ci siano dei ragazzi che si mettono a pregare insieme… si accordano, intorno a delle intenzioni che sentono vere ed urgenti (anche pensando a qualche loro compagno che ha più bisogno). Sarebbe bello che si formassero uno o più gruppetti, che una volta alla settimana pregano il rosario, da distanti (una decina a testa…) o, quando si riesce, anche insieme.
Il bello sarebbe riuscire a mappare questa catena di preghiere… per crescere nell’appartenenza e per far sentire qual è il cuore di tutte le nostre attività! Per questo inviateci le giornate di ritrovo dei ragazzi alla mail mgs@donboscoland.it! Pubblicheremo tutti gli aggiornamenti che ci invierete sul nostro sito, per vedere a che punto siamo e quante iniziative nascono da questa proposta.
Una proposta di intenzioni
I. Per la pace nei nostri cuori, nelle nostre famiglie e nel mondo intero.
«La pace non può regnare tra gli uomini, se prima non regna nel cuore di ciascuno» (san Giovanni Paolo II)
II. Per i poveri: per i migranti, per gli emarginati... per quelli che non hanno pane e per quelli che non hanno più né fame, né voglia di vivere.
«Non esiste povertà peggiore che non avere amore da dare» (santa Teresa di Calcutta)
III. Per chiedere la Grazia di un cuore puro, capace di voler bene senza egoismo.
«Il contrario dell'amore è il possesso» (san Francesco d'Assisi)
IV. Per il papa e secondo le sue intenzioni: perché la Chiesa sia docile all’azione dello Spirito Santo!
«Pregate per me» (papa Francesco)
V. Per le nostra Casa salesiana: perché sia una famiglia per noi e per tutti i ragazzi che la abitano.
«Qui facciamo consistere la santità nello stare molto allegri» (san Domenico Savio).
«Basta che un giovane entri in una casa Salesiana perché la Vergine SS. lo prenda subito sotto la sua protezione speciale».
don Bosco
Redazione
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