I santi, in questa espressione, non sono solo quelli canonizzati o coloro che praticano le virtù in un grado eroico. Sono tutti «coloro che credono nel Signore Gesù e sono incorporati a Lui nella Chiesa mediante il Battesimo. Per questo i primi cristiani erano chiamati anche “i santi”».
Proseguendo nelle sue catechesi per l’Anno della fede – e preparando anche la festa di Tutti i Santi e la commemorazione dei fedeli defunti – Papa Francesco ha dedicato l’udienza generale del 30 ottobre 2013 alla nozione di «comunione dei santi». Il Papa è partito, come fa spesso, dal «Catechismo della Chiesa Cattolica», dove leggiamo che questa espressione ha due significati: indica la comunione alle cose sante e la comunione tra le persone sante. Francesco ha voluto incentrare la sua catechesi sul secondo significato, «una verità tra le più consolanti della nostra fede, poiché ci ricorda che non siamo soli ma esiste una comunione di vita tra tutti coloro che appartengono a Cristo». I santi, in questa espressione, non sono solo quelli canonizzati o coloro che praticano le virtù in un grado eroico. Sono tutti «coloro che credono nel Signore Gesù e sono incorporati a Lui nella Chiesa mediante il Battesimo. Per questo i primi cristiani erano chiamati anche “i santi”».
I «santi» sono in comunione tra loro perché sono in comunione con Dio. Gesù ha pregato «perché tutti siano una sola cosa; come tu, Padre, sei in me e io in te, siano anch’essi in noi, perché il mondo creda che tu mi hai mandato» (Gv 17,21). La Chiesa stessa, «nella sua verità più profonda, è comunione con Dio, familiarità con Dio, comunione di amore con Cristo e con il Padre nello Spirito Santo». L’amore di Dio è insieme la «matrice» della comunione dei santi e la «fornace» dove essa si forgia nel fuoco della carità: «l’amore di Dio brucia i nostri egoismi, i nostri pregiudizi, le nostre divisioni interiori ed esterne. L’amore di Dio brucia anche i nostri peccati».
Ma c’è anche un «movimento reciproco». È difficile trovare l’amore di Dio da soli. Normalmente «l’esperienza della comunione fraterna mi conduce alla comunione con Dio. Essere uniti fra noi ci conduce ad essere uniti con Dio», essere fratelli nella Chiesa «ci conduce a questo legame con Dio che è nostro Padre». Siamo chiamati a «sostenerci gli uni gli altri nell’avventura meravigliosa della fede». La comunione dei santi implica l’unità nella Chiesa.
Ma qualche volta, ha fatto notare il Papa, questa unità non si vede: «la tendenza a chiudersi nel privato ha influenzato anche l’ambito religioso». Nei momenti di difficoltà nella fede, chi si è chiuso nel privato è restio a chiedere aiuto ad altri. «Chi di noi tutti non ha sperimentato insicurezze, smarrimenti e perfino dubbi nel cammino della fede? Tutti abbiamo sperimentato questo, anch’io: fa parte del cammino della fede, fa parte della nostra vita. Tutto ciò non deve stupirci, perché siamo esseri umani, segnati da fragilità e limiti; tutti siamo fragili, tutti abbiamo limiti». In queste difficoltà anzitutto «è necessario confidare nell’aiuto di Dio, mediante la preghiera filiale». Ma è anche «importante trovare il coraggio e l’umiltà di aprirsi agli altri, per chiedere aiuto, per chiedere di darci una mano». Una certa privatizzazione della fede impedisce di cercare negli altri credenti quel sostegno che potrebbe risolvere tanti dubbi e tanti problemi.
Infine, la nozione di comunione dei santi va particolarmente ricordata quando si commemorano i defunti. Infatti «la comunione dei santi va al di là della vita terrena, va oltre la morte e dura per sempre». Alla fine, il carattere distintivo del cristiano è questo: crede che la comunione con le persone che ha incontrato e che gli sono care, e con tutta la Chiesa «va al di là e continua nell’altra vita; è una unione spirituale che nasce dal Battesimo e non viene spezzata dalla morte, ma, grazie a Cristo risorto, è destinata a trovare la sua pienezza nella vita eterna». E questo non significa soltanto che, quando saremo morti, continueremo a vivere l’esperienza della comunione. Significa pure che, già oggi, siamo in comunione con i nostri defunti che sono in Paradiso o in Purgatorio. «C’è un legame profondo e indissolubile tra quanti sono ancora pellegrini in questo mondo – fra noi – e coloro che hanno varcato la soglia della morte per entrare nell’eternità. Tutti i battezzati quaggiù sulla terra, le anime del Purgatorio e tutti i beati che sono già in Paradiso formano una sola grande Famiglia». In questo contesto, per le anime del Purgatorio non dobbiamo mai dimenticare «la preghiera di intercessione».
Chi crede tutto questo deve vivere fin da ora nella bellezza, nella gioia e nella fiducia. Con i nostri cari potremo trovarci «un’altra volta lassù in cielo. Andiamo per questo cammino con fiducia, con gioia. Un cristiano deve essere gioioso, con la gioia di avere tanti fratelli battezzati che camminano con lui; sostenuto dall’aiuto dei fratelli e delle sorelle che fanno questa stessa strada per andare al cielo; e anche con l’aiuto dei fratelli e delle sorelle che sono in cielo e pregano Gesù per noi. Avanti per questa strada con gioia!».
Massimo Introvigne
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