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La fede dei giovani oltre le emozioni

Un mondo giovanile che va guardato nella sua complessità, con stima anche nei confronti del vasto mondo delle emozioni. E ancora, la necessità di un nuovo linguaggio per entrare in relazione con i ragazzi e di educatori preparati per questa stagione di vita. Sono spunti emersi dal seminario nazionale «Dalle emozioni alla fede» organizzato dal centro di Orientamento Pastorale.


La fede dei giovani oltre le emozioni

da Quaderni Cannibali

del 28 aprile 2011

 

 

           Un mondo giovanile che va guardato nella sua complessità, con stima anche nei confronti del vasto mondo delle emozioni. E ancora, la necessità di un nuovo linguaggio per entrare in relazione con i ragazzi e di educatori preparati per questa stagione di vita. Sono alcuni degli spunti emersi dal seminario nazionale «Dalle emozioni alla fede» organizzato a Villa Lascaris di Pianezza (Torino) dal Centro di Orientamento Pastorale (Cop).

          Il 6 aprile 2011, tracciando le conclusioni, il vescovo di Palestrina e presidente del Cop, Domenico Sigalini, ha sottolineato che tutti gli interventi, sia dei relatori sia dei partecipanti, sono stati in «piena sintonia con gli Orientamenti pastorali Cei degli anni 2010-2020, che invitano a fare dell’educazione lo sforzo condiviso di tutti nella Chiesa, a partire dalla consapevolezza di non essere autosufficienti e di dover dialogare con tutte le forze educative del territorio».

          Lungo la «tre giorni» (i lavori erano in corso dal 4 aprile) si è dibattuto sul rapporto fede e vita, sentimenti e ragione, su come in un contesto dove le emozioni sono predominanti, soprattutto tra i ragazzi, è possibile educare alla fede. Monsignor Sigalini ha ammesso che i «giovani sono spesso lasciati soli, le nostre comunità concentrano gran parte del loro sforzo educativo nell’età precedente». Da qui un invito ad aprirsi di più verso i giovani, senza preconcetti, come ha rimarcato l’arcivescovo di Torino, Cesare Nosiglia, che nel suo intervento di apertura della seconda giornata ha appunto invitato ad «aprirsi e non restare chiusi dentro le proprie certezze», ma ad «essere disponibili a cambiare guardando in faccia la realtà e scoprendo in essa cose nuove». Una strada - ha aggiunto - da percorrere insieme ai giovani «non in senso paternalistico, ma seriamente e con animo aperto all’amore». Nel corso dei lavori è emersa la necessità di educatori «prima di tutto credibili», come ha sottolineato don Luigi Ciotti, presidente dell’associazione Libera. Persone, gli educatori, che devono essere testimoni, capaci di comunicare con la propria vita sapendo «coniugare cielo e terra», come hanno fatto alcuni sacerdoti che per questo hanno pagato con la propria vita. A questo proposito Ciotti ha citato don Pino Puglisi, don Peppe Diana, e altre figure straordinarie come padre David Maria Turoldo e don Tonino Bello.

          «Abbiamo bisogno - ha detto - di parole aperte al futuro. Come l’etica, che deve essere letta attraverso i nostri comportamenti». Educatori credibili, destrutturati, capaci di trasmettere il valore della libertà. Ma anche portatori di speranza. Nel ricordare che «non è assolutamente impossibile, anzi ne è il compimento, lavorare sulle emozioni, integrarle in una vita bella e felice, nella vita buona del Vangelo», Sigalini ha citato l’esperienza dell’Arsenale della pace, sede del Sermig, che i partecipanti hanno visitato. In particolare, dal dialogo con il fondatore Ernesto Olivero è emerso come questa casa sia un luogo «lampante di spiritualità giovanile, di emozioni portate al massimo della visione del mondo come regno di pace, di giustizia e di fiducia». Dal canto suo Carlo Nanni, rettore dell’Università Pontificia Salesiana, ha evidenziato che «le emozioni giovanili diventano lo squarcio spontaneo che rende accessibile il bene dando voce al desiderio di vita e di felicità. Nelle emozioni si esprimono i bisogni antropologici fondamentali che permettono di costruire vite buone e felici».

          L’auspicio di Giuseppe Versaldi, vescovo di Alessandria, psicologo e giurista, è stato quello che «ci siano figure di educatori capaci di coniugare fede e ragione, così che con lo stile del Vangelo e la conoscenza delle dinamiche umane possano rinnovare anche i nostri luoghi di pastorale giovanile».

Chiara Genisio

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