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La fedeltà è solo un premio al supermercato? da Giovani per i Giovani

Cara io ti amo ma, sai com'è, l'uomo è cacciatore...Non preoccuparti caro, anch'io ti ho detto “sì” sull'altare, ma poi le cose cambiano...'Amore' è una parola inflazionata, lo sanno tutti. Detta così, sembra proprio un'ovvietà. Ognuno dice la sua: c'è chi fa l'esperto, c'è chi nemmeno si preoccupa di sembrarlo.


La fedeltà è solo un premio al supermercato? da Giovani per i Giovani

da GxG Magazine

del 15 maggio 2008

“Amore” è una parola inflazionata, lo sanno tutti. Detta così, sembra proprio un’ovvietà. Ognuno dice la sua: c’è chi fa l’esperto, c’è chi nemmeno si preoccupa di sembrarlo. Si parla di come comincia l’amore, di come lo si fa, di come finisce, di come ottenere il massimo da una relazione. Qualcosa non ci torna. “Amore” non è una parola inflazionata, è abusata. Se siamo confusi a tal punto da dire che così spesso si parla d’amore…ci hanno fregato. Qualcuno ci ha venduto vetrini per diamanti.

Nel precedente numero di questo giornale, la sezione “Quaderni Cannibali” ha prestato la voce al filosofo Jean Guitton: “Credo che l’assimilazione moderna della verità alla sincerità sia profondamente sbagliata. […] (La verità) non viene più ricercata come fine a se stessa. Sembra che si ammetta che essa sia modificabile, mutevole, sempre intenta a diventare diversa da quello che è, a contraddirsi per sorpassarsi. […] Ogni crisi del vero ha come conseguenza immediata uno sviluppo della potenza, un’adorazione della forza e della realtà di fatto.”

Queste righe, a ben vedere, non sono molto diverse dalle parole del Santo Padre sui pericoli del relativismo. La crisi della verità mina profondamente anche il modo di vivere l’amore. Innanzitutto, il “fatto” è ciò che conta: non la sua causa, non il suo effetto, e non vale nemmeno la pena di considerare discrepanze tra “ciò che è” e “ciò che dovrebbe essere”. Anzi, ciò non viene neppure concepito, poiché non vi è nessuna verità assoluta che possa sostenere tutto questo. A sua volta, però, il “fatto” è effimero, continuamente soggetto a mutamenti, ma impossibile da fermare, da ancorare. Ancorare a cosa? Tale è dunque la distanza dalla verità, che la sua ricerca non è più perseguita ma, nella deriva della morale (che per essere veramente valida necessità della verità), diventa importante solo avere la forza di dirigere il “fatto” e di sfruttarne le contraddizioni.

A farne le spese maggiori è forse quella che viene chiamata coerenza, oppure, in questo contesto, fedeltà. E nonostante questa possa essere una rivelazione sconvolgente, fedeltà non significa solamente “sto con te e quindi non vado a letto con il/la tuo/a amico/a”. Prima di ciò, essere fedeli presuppone un qualsivoglia motivo, possibilmente  con una qualche valenza assoluta, per cui se avete pensato “il/la tuo/a amico/a è brutto/a” bisogna ricominciare…

Allora vivere l’amore significa rispettare una serie di comportamenti predefiniti? Giammai! Il “fatto” avrà sempre il sopravvento, perché io amo spontaneamente, non si può comandare il sentimento, ognuno fa quello che si sente…costringere ad amare una persona anche quando uno è stufo di farlo è terribile! Capisco non tradire (sempre che non ci sia un buon motivo), ma poi si esagera…se mi metto insieme a una persona la amo, ma poi l’amore può finire…e non ci si può fare niente, queste cose non le controlli, l’amore non lo controlli, perché è libero!

 

 

Viva l’amore libero!

 

Anni fa ci hanno detto che l’amore libero è giocare con i corpi come con i Lego: attacca di qua, stacca di là, monta di su, smonta di giù…oppure libero perché non può essere imbrigliato da regole imposte, sterili, e magari anche bigotte. Ed il principio non cambia: l’amore deve essere libero da inibizioni e vincoli morali, libero da una direzione tracciata, libero dal bene o dal male (o al di là, qualcuno diceva). Geniale come dire che gli ebrei nei campi di sterminio erano liberi dalla preoccupazione di trovarsi un lavoro. Drammi grottescamente travestiti da conquiste sociali.

Eppure è vero: l’amore è libero. Allora viene immediatamente da chiedersi: “libero da cosa dunque?”.  Tale considerazione non è esaustiva della questione: la libertà si muove almeno in tre direzioni, ognuna delle quali funzionale alle altre. Mi libero DA qualcosa, per essere libero CON qualcuno, per essere libero PER qualcosa o qualcuno. L’amore è libero dall’egoismo, dall’orgoglio, dalla concupiscenza, dall’avidità. È libero dalla schiavitù più grande dell’uomo, quella che incatena l’anima e che impedisce una realizzazione profonda: la schiavitù del peccato. Ecco perché solo nel vero amore possiamo scoprire la libertà autentica, che necessariamente nasce dalla fatica e dalla sofferenza della liberazione, ma cresce nella condivisione e nella gioia perfetta di tale liberazione. È solo una la strada dell’amore…

 

 

Toh, guarda, c’è Dio…

 

Se non facciamo entrare il Signore nei nostri rapporti tutto si sfascia. Non è poi così complicato da capire. Anzi, è molto lineare: Dio è amore, ci crea a Sua immagine per amore e per amare, in questo troviamo la nostra realizzazione. Così facile? No. Vedi sopra, l’amore dev’essere libero, per amare noi dobbiamo essere liberi, per essere liberi dobbiamo continuamente fare la fatica di liberarci. Possibile? No. Non in questi termini. Da soli non ne abbiamo la forza, per cui non sarà mai perfetto il nostro amare. Come fare in modo che Dio entri in tutto questo?

 

      L’imitazione di Cristo: al di là della famosa opera, è proprio Gesù il primo vero esempio di vita. I Vangeli si fanno tutti estremamente toccanti quando si soffermano sulle Sue relazioni umane. Come ama Gesù? L’essenza non è nella sua dolcezza, nella sua gentilezza o nel suo fascino. Il Suo amore è forte nella gioia e nella sofferenza, nella vicinanza e nella lontananza, perché ogni cosa è fatta per la realizzazione. Gesù ama per condurre alla vita eterna.

 

      Il valore aggiunto: spesso tendiamo ad escludere Dio dai nostri rapporti. O meglio, non ci è troppo chiaro cosa Lui possa avere da dire a riguardo. A volte invece c’è fin troppo chiaro che il Signore chiede un sacco di cose, ci impedisce cose che ci sembrano belle o ne pretende altre di fastidiosamente impegnative. Ciò che forse sfugge di più è che la Sua presenza può solo arricchire la nostra storia. Dio prende uno schizzo e ne fa un quadro, prende quattro note e ne fa una sinfonia, mentre noi mangiamo farina perché ci secca troppo metterci a fare il pane.

 

      Dio la sa più lunga di me: “solo tu sai cosa è meglio per te!”… abbiamo vista tutti la pubblicità. Fa quasi sorridere ai nostri giorni, in una società così sicura di sé che sembra un bulletto di quartiere, il modo ottocentesco che don Bosco o Domenico Savio hanno di pensare ciò che è giusto: “ciò che piace al Signore”. Efficace in modo disarmante. Non so quante volte noi prendiamo così le nostre decisioni: questa cosa piace a Dio?  Cosa direbbe Gesù di questo? Cosa vuole il Signore da me in questa situazione?  Il punto non è pensare che la nostra idea sia meglio di un’altra, ma che il Signore ne sa più di me riguardo ciò che mi fa bene e mi rende felice, anche quando io non riesco a capire fino in fondo. Perché Cristo è la Verità, non ciò che io capisco o scelgo di seguire di Lui.

 

 

Ma non dovevamo parlare di fedeltà?

 

Già. Dicevamo che fedeltà non è solo evitare di saltare da un letto a un altro. Cerchiamo dunque di riassumere cos’è. Ora abbiamo trovato quel motivo assoluto che ci serviva: Nostro Signore è sceso sulla terra per donarci la vita eterna per mezzo dell’amore. Proprio perché per mezzo dell’amore, gustiamo la fatica e la libertà. Noi offriamo la nostra fatica, mentre Dio ci libera. Ogni giorno. Il Signore è innamorato di ognuno di noi ogni giorno, ci dà il buongiorno quando ci svegliamo e la buonanotte quando andiamo a dormire, piange quando ce ne andiamo e ci corre incontro appena ci voltiamo, ci lava e ci aggiusta l’anima. Ogni giorno. Fedeltà è prima di tutto rendersi conto che le persone che ho intorno mi sono state messe vicino da chi più mi conosce e mi ama, e mi sono state affidate come dono,  ma anche come responsabilità. Sono, perciò, chiamato ad amarle in Cristo, e a portarle a Cristo. Ogni giorno. Quando mi gratifica e quando mi costa fatica e sofferenza. Fedeltà significa esserci. Non c’è vero amore che non sia fedele, nel tempo ma anche quando è messo alla prova. Perché la fedeltà si gioca sulle grandi scelte, quelle che danno significato alla vita. Se sono sposato e vedo un’altra donna, devo essere “fedele” al mio istinto o a quel “Sì” che ha consacrato la mia vita davanti a mia moglie, ai fratelli e soprattutto davanti a Dio e all’eternità? La mia presenza con gli amici è di complice in qualsiasi situazione o ricerca il bene, anche se scomodo? Oppure, pensate mai che i nostri cari preti ricominciano a voler bene a tutti e ricreare rapporti forti ogni volta che cambiano obbedienza? Ma noi diciamo: “loro lo fanno per mestiere”. Ecco, essere presenza di Nostro Signore non è esattamente un mestiere. È fedeltà ad un “Sì” che va dritto alla vita eterna. Passando per la Croce.

 

Il relativismo, che colpisce drammaticamente ogni aspetto della nostra vita, tenta di distoglierci dalla cosa più straordinaria e vera della storia: Dio Amore; se gli diamo ascolto tutto ciò che è stato appena detto non vale neanche il tempo perso a leggerlo. A questo punto, già che ci siamo, compriamo anche un vetrino per 100.000 euro.

Andrea Pregnolato

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