«È la filosofia che deve dirci quali sono i valori ultimi che devono guidare le nostre azioni. Ma evidentemente non basta avere cognizioni astratte dei valori ultimi, bisogna anche tentare di capire come funziona il mondo...»
«È la filosofia che deve dirci quali sono i valori ultimi che devono guidare le nostre azioni. Ma evidentemente non basta avere cognizioni astratte dei valori ultimi, bisogna anche tentare di capire come funziona il mondo, come interagiscono i vari sottosistemi sociali, qual è il rapporto tra culture premoderne e culture moderne. Per fare questo la filosofia non è sufficiente, ma è in ogni caso necessaria. E credo che una filosofia che tenti veramente di sviluppare una visione globale del mondo nella sua complessità attuale possa essere di grande utilità». Lo ha detto di recente Vittorio Hösle che dirige il Notre Dame Institute for Advanced Study presso l’Università di Notre Dame (Stati Uniti d’America) e che sabato è stato nominato da papa Francesco alla Pontificia Accademia delle Scienze Sociali. Nato il 25 giugno 1960 a Milano, è di nazionalità tedesca. Dopo il dottorato in Filosofia all’università di Tubinga nel 1982 e la libera docenza nel 1986, è stato professore alla New School for Social Research di New York, all’Università di Essen. Hösle si è occupato di problemi morali e politici, tra cui ha un posto di rilievo la questione dell’ecologia. Notevole eco hanno suscitato la sua Philosophie der ökologischen Krise («Filosofia della crisi ecologica») del 1991, che è stata tradotta in italiano, in francese, in russo, in croato, in coreano e parzialmente in olandese. I suoi studi delle moderne scienze sociali, politologia ed economia soprattutto, sono poi confluiti in un poderoso lavoro di filosofia pratica (Moral und Politik, pubblicato nel 1997 da Beck). In italiano ha avuto ampio successo un libro di filosofia rivolto ai giovanissimi. Raggiungiamo il prof. Hösle negli Stati Uniti.
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Lei ha insegnato in diverse università in diversi paesi del mondo. Quale è a suo avviso il ruolo dell’istruzione superiore, nella formazione di una persona?
«Il nostro mondo scientifico-tecnologico è estremamente complesso e per mantenerlo ci vuole un numero elevato di persone con conoscenze scientifiche, mediche, tecniche, economiche e così via. I progressi tecnici e scientifici servono però in ultima analisi a degli scopi morali, come l’allungamento della aspettativa di vita e perciò è importante che una università dia anche un orientamento morale alle persona. Sono felice di insegnare all’università di Notre Dame, dove tentiamo di formare anche il carattere e non solo l’intelletto degli studenti».
Papa Benedetto XVI ha insistito molto su una nuova alleanza tra fede e ragione, per mostrare la ragionevolezza della fede. Papa Francesco dialoga con i non credenti in modo aperto. Lei condivide?
«L’idea che la fede è in opposizione alla ragione, non fa bene alla religione. Prima di tutto, la ragione rimane il tribunale che deve arbitrare i conflitti tra religioni e tradizioni diverse, e in più in un mondo dominato dalla scienza l’opposizione alla ragione condanna la religione all’isolamento. Per fortuna c’è una forte tradizione razionalista che insiste sulla necessità di un principio razionale e morale del mondo – nomino solo la tradizione inaugurata da Platone ed Aristotele e continuata dall’idealismo tedesco».
Quali sono attualmente i suoi ambiti di ricerca?
«Il mio ultimo libro è stato una raccolta di saggi sulla filosofia della religione, intitolato God as Reason. Sto lavorando sull’ermeneutica, perchè mi sembra essenziale insistere su criteri che permettono di distinguere le interpretazioni sbagliate da quelle valide. È un compito importante, se le discipline umanistiche vogliono essere prese sul serio».
Che senso attribuisce alla sua nomina come accademico delle Scienze in Vaticano?
«È un grande onore e tenterò di fare tutto quanto posso per imparare dagli altri accademici e prendere in considerazione argomenti filosofici quando si tratta di questioni di scienze sociali».
In un suo libro lei ha parlaro di temi filosofici con un linguaggio adatto ai giovanissimi. Lo considera un tentativo riuscito? Pensa che le tematiche filosofiche possano avere uno spazio anche nei primi anni di scuola?
«Lei allude al libro di Nora K. e mio Aristotele e il dinosauro (Einaudi). Nora aveva undici anni quando incominciò a scrivere quelle lettere che furono tradotte in quattordici lingue. Ci piacque particolarmente che sette traduzioni fossero fatte in paesi asiatici dove molte ragazze furono ispirate a riflettere su questioni filosofiche. Io credo che Nora era particolarmente precoce, ma dalla pubertà in poi le questioni filosofiche emergono in ragazzi intelligenti e bisogna aiutarli e soprattutto: prenderli sul serio».
Fabrizio Mastrofini
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