La gioia di educare "in rete"

Rete di sicurezza! Se non c'è, se il ragazzo non ha parenti e amici sui quali contare, bisogna crearla, evitando di lasciarlo solo.

La gioia di educare 'in rete'

da Quaderni Cannibali

del 24 novembre 2009

 

Da ragazzo, ero incantato del Circo. Non ho la fantasia di Fellini, che ha creato un film bellissimo, ricco di poesia, dedicato ai clown, ma ancora adesso che ho una certa età, ho la nostalgia dei carrozzoni, che occupavano la piazza, vicino a casa mia e vedevo montare nel giro di poche ore il tendone del circo. Dovevo piangere un po’ in casa per avere i soldi del biglietto per lo spettacolo, che mi godevo fino ad un certo punto: ero sempre intimorito, con il fiato sospeso, quando veniva annunciato il numero degli acrobati.

 

 

Li chiamavano gli angeli volanti e volavano davvero da un trampolino all’altro. Temevo la loro caduta, ma mio fratello mi calmava, indicandomi la rete di sicurezza! Allora riprendevo coraggio e battevo le mani, anche se dentro di me, volevo che il numero terminasse in fretta. Oggi non avrei più timore e l’immagine della rete mi è diventata familiare quando parlo di educazione, di fiducia, della rete di relazioni da costruire per dare sicurezza ai ragazzi che crescono.

 

Al momento giusto

 

Fiducia! Quando osservavo gli acrobati, notavo che prima di slanciarsi nel vuoto, si dondolavano per qualche attimo sul trampolino e poi… via, sapendo che dall’altra parte c’era chi era disposto ad afferrarli per le mani. Non sempre avviene nella vita di ragazzi, con genitori troppo impegnati nel lavoro, che tornano a casa, la sera, stanchi, stressati e hanno poco tempo e voglia di stare ad ascoltare il ragazzino o la ragazzina! E’ un guaio perché, non ascoltati al momento giusto, non parlano più, non si raccontano e non volano più verso il padre o la madre.

 

Si accontentano di dondolarsi sul loro trampolino non avendo, dall’altra parte, chi è disposto a dare una mano. Avanti e indietro o, meglio, alti e bassi, li rendono lunatici, capricciosi, chiusi in se stessi. Qualcuno è disposto a lasciarsi cadere dal trampolino e lo fa in tanti modi, anche drammatici. Ma se c’è una rete di protezione, anche se cascano dall’alto, non si fanno male o, dicono gli esperti, i danni sono ridotti: bisogna imparare a cadere ed anche a scendere dalla rete.

 

La rete di sicurezza

 

Rete di sicurezza! Se non c’è, se il ragazzo non ha parenti e amici sui quali contare, bisogna crearla, evitando di lasciarlo solo. Un ragazzo solitario è già in cattiva compagnia. Con se stesso, con i suoi, pensieri, le sue “paranoie”: non valgo niente, se anche i miei mi lasciano solo; cosa fare per attirare la loro attenzione, quella degli amici, delle amiche? E’ affascinante attraversare un ghiacciaio con tutti i suoi rumori, la sua “musica”, ma è duro rimanere sul ghiacciaio da soli: i rumori si amplificano, la musica diventa incubo. Lasciare solo un ragazzo o una ragazza, sulla via del crescere, è spegnerlo nel cuore, è lasciarlo andare alla deriva, senza quei punti di riferimento, importanti per orientarsi nella vita. Il rischio più grave che cerchi vie di fuga, di morte.

 

Gli angeli della rete

 

Quali sono gli anelli di una rete di sicurezza? Se c’è, anche minimamente, il primo è la famiglia. Se non c’è, comunque in suo sostegno, ecco gli altri: la scuola, gli amici, il territorio, la comunità ecclesiale, una realtà libera, che propone non solo punti di riferimento umani, ma Gesù Cristo, che ha voluto la Chiesa. A molti sembra strano che il Figlio di Dio voglia avere bisogno degli uomini per annunciare la sua Parola, ma è un segno della stima che ha per loro: li vuole suoi collaboratori.

 

La Chiesa rimane ancor un anello molto importante della rete di sicurezza: «è una comunità sparsa capillarmente sul territorio; è varia e pluriforme per la presenza di uomini e donne; di persone di tutte le età, di diversa estrazione culturale, economica, etnica… dotata di diverse strutture: parrocchie, oratori, circoli giovanili, congregazioni religiose con il carisma dell’educazione, associazioni e movimenti, scuole cattoliche ecc.» (Cfr. “La sfida educativa”).

 

Parecchi ragazzi in oratorio hanno trovato la loro salvezza, la spinta ad affrontare i problemi all’interno della famiglia, della comunità, del lavoro. Soprattutto in quegli oratori dove hanno trovato laici con la gioia e la passione dell’educare, accanto e con il prete. La carità dell’educare, stando con i ragazzi, ha un valore grande: si seminano esperienze di accoglienza, di rapporti fraterni, d’integrazione degli stranieri, di incontro con il Signore Gesù, che dà stabilità al crescere, in un mondo parecchio disorientato.

 

In questo mese, ho incontrato più di un prete con dentro questa gioia dell’educare. Non li ho mai incontrati da soli, ma circondati da ragazzi e giovani che li condividevano, da genitori che si sentivano parte della “rete”. Ho provato una grande gioia!

 

don Vittorio Chiari

http://http://www.chiesadimilano.it/

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