Sono cresciuta ripetendo a me stessa che avrei voluto che quella luce potesse brillare nei miei occhi, esattamente come l'avevo vista nei suoi...
del 23 ottobre 2017
Sono cresciuta ripetendo a me stessa che avrei voluto che quella luce potesse brillare nei miei occhi, esattamente come l'avevo vista nei suoi...
Dal cassetto dei miei ricordi...
Non ricordo esattamente l'anno, so solo che ero piccola. Caschetto biondo e riccio con la faccia sempre imbronciata, un grembiulino bianco e uno zainetto verde. «Valeria, è arrivato il nonno!». Ed io correvo veloce giù per le scale. Erano scale con i gradini molto alti, perciò dovevo stare attenta a non cadere. Ero felice di tornare a casa della nonna. Forse Suor Angela mi faceva un po' paura... quindi quando mi venivano a prendere ero sempre particolarmente contenta. Era primavera e iniziava a far caldo. Non vedevo l'ora di togliere il grembiule e salire sulla bici del nonno. Avevamo la nostra routine... prima compravamo il pane, poi facevamo la spesa e infine aspettavamo che mia sorella uscisse da scuola. Incontravamo sempre gente che lo fermava ed esclamava: «Buongiorno Maestro Leo, la ricordo sempre con molta ammirazione». Ed io ero contenta perché avevo un "nonno famoso". Ero rapita dai suoi ricordi di vita passata ad insegnare. Ricordava nomi e cognomi dei suoi alunni, aveva tanti loro quaderni, tante foto con loro e quando raccontava aveva una luce particolare negli occhi. Ed è così che mi sono innamorata... mi sono innamorata di una MISSIONE. Ho promesso a me stessa e a lui che ci sarei riuscita (avrei voluto dirglielo personalmente ma avevo solo sei anni quando ci ha lasciati ed ha lasciato un vuoto incolmabile). Sono cresciuta ripetendo a me stessa che avrei voluto che quella luce potesse brillare nei miei occhi, esattamente come l'avevo vista nei suoi.
Ricordo ancora quando ho detto: «mamma, papà...ho deciso cosa fare da grande. Voglio diventare una professoressa di matematica. Ma non una qualsiasi... voglio diventare come il nonno». E la risposta era sempre le stessa «Valeria... le professoresse di matematica sono tutte zitelle e acide. Stai attenta!» Ah...i soliti luoghi comuni. Ed è così che ho intrapreso un percorso difficile. Tante volte ho creduto di non farcela. Ero ad un passo dalla fine e stavo per gettare la spugna (era proprio questo l'oggetto di una mail inviata a un professore per scusami di non essermi presentata per l'n-esima volta all'esame). Ho pianto e mi sono disperata, avevo paura. Non volevo deludere mio nonno, l'avevo promesso.
Ed eccomi qui: studentessa Magistrale in Matematica. Adesso apro un altro cassetto... il cassetto del presente. Questo che sta volgendo al termine è stato uno degli anni più belli della mia vita. Ho vissuto di emozioni, emozioni che mi hanno fatto capire che forse quella dell'insegnamento, per me, è una sorta di "vocazione all'insegnamento". Sono stata tirocinante in una scuola superiore del mio paese da gennaio a maggio. Una classe difficile. Porterò sempre nel cuore Luca... giovanissimo ragazzo aggressivo, violento, arrabbiato con la vita. Vita che tanto gli ha dato e troppo gli ha tolto. Un ragazzo stanco di vedere la mamma sofferente per l'abbandono del padre. E poi Alessia... ragazza BES, ansiosa, insicura. Uno strano rapporto con il cibo e con la voglia di nascondersi nella trama di un libro. "Ragazzi difficili" con bisogno di amore. L'ultimo giorno mi sono commossa, mi si è stretto il cuore e sono stata male per giorni.
Nello stesso anno sono diventata tutor di un gruppo di studenti universitari alle prese con la "bestia nera": l'esame di Analisi. Ho incontrato ragazzi con le mie stesse paure. E allora mi sono sentita in dovere di proteggerli. Ma proteggerli poi da cosa? Da una vita che spaventa... Perché noi giovani paghiamo il prezzo della nostra insicurezza e della paura di non farcela in un mondo che sembra non abbia spazio per noi. Avrei voluto abbracciarli uno ad uno, proprio come ho abbracciato Elisa al termine del suo esame. Ho pensato che forse vedendomi si sarà "sentita a casa" e ha iniziato a piangere contenta di aver passato l'esame. Mai dimenticherò le lacrime di Ivan in preda al panico perché indietro rispetto ai suoi colleghi. E poi Francesco con quegli occhi cielo pieni di sofferenza e ancora Marco... il "mio" Marco, un mondo di paure dietro una corazza.
E allora forse è davvero questo quello che voglio fare... vorrei potermi prendere cura di tutti. Diventa però difficile con queste istituzioni. Perché, come diceva don Milani: "non c'è ingiustizia più grande che fare parti uguali tra diversi".
E tante volte la scuola fa questo: fa diventare le persone dei numeri. Tanti numeri uguali. Eppure siamo tutti diversi. La vita ci cambia. I numeri, per quanto oggetto indiscusso del mio interesse, restano "cose inanimate". Le persone invece, hanno tutte un'anima; sono "animate" perché celano paure, sogni, ambizioni e remore. I numeri invece, sebbene infiniti, sono tra loro -mi si conceda l'aggettivo- uguali. Ognuno di noi è invece diverso. E senza l'accettazione e la consapevolezza di questa diversità non si può andare avanti. Ciascuna esperienza che ci troviamo a vivere nel corso di questo imprevedibile percorso chiamato VITA ci cambia, ci plasma e ci cuce addosso a mo' di abito su misura, punti indelebili che non possono e non devono essere invisibili.
Apro, infine, il cassetto del futuro...
Spero di diventare un'insegnante capace di ascoltare ancor prima di saper insegnare matematica. Gli alunni prima di essere dei "vasi da riempire" sono persone e come tali vanno trattati. Forse la mia potrà sembrare una visione ottimistica che sconfina nell'utopia, visto il clima che si respira in merito alla "questione insegnamento". Però sperare non costa davvero nulla: credere in quello che si fa ed amare il proprio lavoro è un progetto realizzabile con l'impegno, la passione e la dedizione nei confronti di questa missione che ho scelto e sono sempre più convinta di abbracciare nella mia vita.
Valeria Quercia
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