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La mariologia di Ratzinger

Senza Maria l'ingresso di Dio nella storia non giungerebbe al suo fine; non sarebbe raggiunto ciò che ha importanza nella confessione di fede: che Dio è un Dio con noi e non solo un Dio in se stesso e per se stesso. Senza mezzi termini, Maria è collocata nel nucleo essenziale della fede.


La mariologia di Ratzinger

da Teologo Borèl

del 13 maggio 2011

           Dopo la gigantesca figura di Giovanni Paolo II, che ha percorso 29 volte il giro del mondo unendo all'annuncio di Cristo l'espressione di un profondo rapporto spirituale con la Madre di Cristo (Totus tuus), si guardò con una certa apprensione e curiosità alla figura del nuovo Papa per appurare quale fosse la sua testimonianza vitale e teologica circa Maria.          «Nel profilo di Giovanni Paolo II non si può tralasciare il riferimento mariano senza perdere un suo connotato essenziale e permanente. Non è mistero per nessuno che Maria costituisca la stella che guida il cammino di questo figlio della terra polacca dall'infanzia fino a tutto lo svolgersi del pontificato. Egli rimarrà nella storia della Chiesa non solo come il Papa itinerante che percorre i continenti per annunciare Cristo e rinnovare la Chiesa alla luce del Concilio vaticano II, ma anche come il Totus tuus che accoglie la Madre di Gesù e vive in pienezza il rapporto con lei fino a renderlo un elemento costitutivo o una chiave della propria esistenza cristiana e del proprio servizio pastorale» (S. De Fiores, Giovanni Paolo II, in Maria. Nuovissimo dizionario, Edb 2008, III, 317-318).           Giustamente si osserva: la sua personalità è nutrita della devozione a Cristo e a Maria in un duplice Totus tuus. Da questa sua profonda dimensione intima e personale con Cristo e con la Vergine sono scaturite quelle notevoli capacità umane e pastorali del vescovo, del sacerdote e del papa. Da qui ha avuto origine l'instancabile spirito missionario che ha caratterizzato la sua forte personalità.           Ritornando a Joseph Ratzinger ogni perplessità retrocede fin dal primo apparire di papa Benedetto XVI alla loggia centrale della Basilica di san Pietro il 19 aprile 2005, quando nel suo breve discorso fa un preciso accenno alla Madre del Signore: «Il Signore ci aiuterà e Maria, la sua santissima madre, sta dalla nostra parte». Da questo accenno e dalle prime omelie si è subito compreso che il nuovo Papa aveva in comune con il suo predecessore un'intima e sentita comunione con Maria, pur senza ripetere pedissequamente i suoi gesti. Si è immediatamente percepito che egli si sarebbe posto nei suoi riguardi in una fedeltà dinamica o in una continuità nella novità.           La continuità riguarda il vasto patrimonio mariano della Chiesa, in particolare i quattro dogmi definiti (Theotokos, Vergine perpetua, Immacolata e Assunta) e l'atteggiamento cultuale di venerazione, amore filiale, ricorso all'intercessione di Maria nella comunione dei santi. La differenza emerge sul ricco dato comune solo come accentuazione o enfasi di dati dottrinali e di atteggiamenti concreti. Così, Giovanni Paolo II ha sensibilizzato il popolo di Dio a non contentarsi della «dottrina di fede» sulla Vergine Madre di Dio, esposta autorevolmente dal Vaticano II, e neppure a limitarsi ad atti di «devozione» verso di lei, ma a protendersi verso il traguardo «della vita di fede e, dunque, dell'autentica 'spiritualità mariana'» (Redemptoris Mater, 48).           Benedetto XVI invece, mettendo a servizio della Chiesa il suo carisma di esimio teologo riconosciuto e stimato, insiste su quanto già aveva scritto in precedenza circa Maria figlia di Sion e Chiesa nascente, in una visione altamente teologica e insieme ecclesiologica ed antropologica. Nel saggio molto denso e profondo di Antonio Staglianò (Madre di Dio. La mariologia personalistica di Joseph Ratzinger, San Paolo 2010, pp. 112, H 10,00), anch'egli teologo e vescovo, intraprende una lettura acuta e sistematica del pensiero di Joseph Ratzinger, come espresso in due libri di successo (Maria figlia di Sion e Maria Chiesa nascente) da lui scritti nel periodo antecedente il servizio pastorale di Roma e della Chiesa universale come Benedetto XVI. Rivelando la novità dell'impostazione metodologica e dell'apporto teologico della mariologia di Ratzinger, facciamo un giro di orizzonte su altri suoi interventi, i quali, pur affrontando tematiche mariane alquanto varie, convergono tuttavia nel preparare il nucleo essenziale teo-antropologico che sta tanto a cuore al teologo.           Maria e il cristianesimo. In occasione del Congresso internazionale mariologico svoltosi a Loreto (22-25 marzo 1995) per iniziativa dell'arcivescovo Pasquale Macchi e con la direzione scientifica dell'Associazione mariologica interdisciplinare italiana, il card. Ratzinger ha accettato di tenere la prolusione sull'articolo del Credo: «Et incarnatus est de Spiritu Sancto ex Maria Virgine». Egli ha svolto una conferenza magistrale, dove afferma che senza Maria l'ingresso di Dio nella storia non giungerebbe al suo fine; non sarebbe raggiunto ciò che ha importanza nella confessione di fede: che Dio è un Dio con noi e non solo un Dio in se stesso e per se stesso. Così la donna, che si qualificò come umile, cioè come donna anonima (Lc 1,48), è collocata nel punto centrale della confessione nel Dio vivente, il quale non può essere pensato senza di lei.          Senza mezzi termini, Maria è collocata nel nucleo essenziale della fede e della storia, come donna che introduce Dio nella situazione inedita dell'incarnazione: mediante lei Dio si rivela non come un Dio rinchiuso nella clausura del cielo, ma come veramente l'Emmanuele, Dio-con-noi. Conseguenza teologica ineludibile: Maria entra nel concetto del Dio vivo e agente nella storia a tal punto che non si può pensare a lui senza il riferimento all'attiva collaborazione materna di lei. Dopo aver interpretato la frase del Simbolo «come una sintesi delle tre grandi testimonianze bibliche dell'incarnazione del Figlio: Mt 1,18-25; Lc 1,26-38; Gv 1,13s», il Cardinale si sofferma sulla dimora di Dio «come conseguenza e scopo dell'incarnazione» e afferma che «Gesù è la vera shekînah, per mezzo della quale Dio è in mezzo a noi, se noi siamo riuniti nel suo nome». Nonostante i luoghi santi siano «la garanzia permanente dell'ingresso di Dio nel mondo», la realtà più importante è «il 'sì' di Maria», che apre al Verbo «lo spazio, ove egli può piantare la sua tenda», poiché «Dio non è legato a pietre, ma egli si lega a persone vive».           Icona rivelatrice del Dio coinvolto nella dinamica d'incarnazione, Maria rimane ancorata alla storia del suo popolo. È quanto il Cardinale aveva evidenziato ancora a Loreto il 7 marzo 1988 nella conferenza Tu sei la piena di grazia. Elementi per una devozione mariana biblica, tenuta durante il convegno regionale di aggiornamento pastorale. Egli presenta la figura di Maria come paradigmatica per il cristiano e per l'uomo, secondo la vera antropologia, in quanto non è isolata dal suo popolo ed insieme è aperta alla salvezza di tutta l'umanità: «Maria è Sion in persona, e ciò significa: ella vive tutto quello che con Sion si intende. Ella non costituisce una individualità chiusa, che dipende dall'originalità del proprio io. Essa non vuole essere soltanto questo essere umano che difende e protegge il suo io [...]. Essa vive in tal modo da essere abitabile per Dio. Essa vive in modo tale da essere un luogo per Dio».           La Madre dei credenti. Per Ratzinger, Maria è una persona «in relazione vitale con Dio» e proprio questo è il senso della grazia di cui ella è ricolma: «Tu sei piena di grazia»; questo significa dunque ancora che Maria è un essere umano, totalmente aperto, che si è totalmente dischiuso, si è consegnato audacemente e senza limiti, senza timore per la propria sorte, nelle mani di Dio. Poiché questa apertura è designata dalla Scrittura con la parola fede, ne consegue che come nell'antica alleanza troviamo Abramo padre dei credenti, così «all'inizio del nuovo popolo» troviamo Maria 'madre dei credenti'. La «pura ed alta figura» di Maria si specifica per Ratzinger in un lavorio interiore di cui è testimone Luca quando afferma che Maria «conservava tutte queste cose e le meditava nel suo cuore » (2,19.50).           Nonostante la trascendenza del mistero, si tratta di «mettere insieme» con sguardo unificante il particolare nel tutto e nello stesso tempo di custodire e mantenere fedelmente «attraverso» le fasi della vita, anche quando la spada la percuoterà al momento della passione. Pertanto, dopo avere interiorizzato la parola, «può nuovamente farne dono al mondo: Maria è profetessa». Il Magnificat è «preghiera profetica intessuta con fili dell'Antico Testamento» che invita a magnificare il Signore, cioè a «dare spazio a lui, perché egli sia maggiormente presente nel mondo». 

Stefano De Fiores

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