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«La nuova 'tolleranza' non sopporta l'obiezione di coscienza»

Così avverte il Vicepresidente della Pontificia Accademia per la Vita. Il paradosso di una società 'ideologicamente tollerante' come quella attuale è che l'obiezione di coscienza è mal sopportata. Il nuovo concetto di tolleranza a cui si fa riferimento, ha spiegato monsignor Laffitte, per la modernità, ha smesso di essere un'espressione della classica virtù della prudenza e quindi una virtù pratica, elevando invece una tolleranza ideologica al rango di virtù teorica.


«La nuova 'tolleranza' non sopporta l’obiezione di coscienza»

da Quaderni Cannibali

del 21 febbraio 2007

Il paradosso di una società “ideologicamente tollerante” come quella attuale è che l’obiezione di coscienza è mal sopportata, ha avvertito il Vicepresidente della Pontificia Accademia per la Vita (PAV).

Intervenendo, questo martedì, alla presentazione alla stampa del Congresso Internazionale della PAV – organizzato da questo organismo vaticano per il 23 e 24 febbraio prossimi –, monsignor Jean Laffitte ha avvertito dei rischi di “un nuovo concetto” di tolleranza proveniente dalla modernità.

La questione, che egli stesso affronterà in modo approfondito nel corso del Congresso, ha forti implicazioni riguardo al tema dell’incontro: “La coscienza cristiana a sostengo del diritto alla vita”.

Il nuovo concetto di tolleranza a cui si fa riferimento, ha spiegato monsignor Laffitte, per la modernità, ha smesso di essere un’espressione della classica virtù della prudenza e quindi una virtù pratica, elevando invece una tolleranza ideologica al rango di virtù teorica.

Una “pretesa” di “essenza politica” dalla quale derivano innumerevoli conseguenze nell’ordine dell’etica, come ha espresso in seguito.

In ogni caso, ha osservato che a livello sociale a poco a poco si è creata una realtà “ideologicamente tollerante” che, “nel senso contemporaneo del termine”, paradossalmente “non è disposta a sopportare, non può tollerare l'obiezione di coscienza, poiché questa in qualche maniera sfugge al suo controllo”.

Si tratta della società che “non tollera l'idea che ci sia una verità da cercarsi; che una tale verità possa avere un carattere universale; che siano necessari i dibattiti di fondo”, ha aggiunto. Si tratta di una società “tollerante” che rimane a livello di “scambio di opinioni relative” e si situa sempre “al di sopra dei dibattiti” rivendicando “il diritto di giudicare le parti presenti”; “la sua posizione la situa sempre praticamente dalla parte delle posizioni più teoricamente tolleranti, posizioni sicuramente le meno disturbanti per l'equilibrio consensuale che essa pretende di mantenere”, ha osservato.

La chiave è che “impone in questo modo un pensiero unico che può generare un totalitarismo ideologico e sociale”, ha denunciato monsignor Laffitte.

Il Vicepresidente della PAV ha quindi alluso a ciò che accade nelle “questioni legate alla protezione della vita umana”, come il paradigmatico caso dell’aborto.

“L'ideologia che lo ha presentato come un diritto personale delle donne incinte, ha privato la società – ha lamentato – di riflettere serenamente sulla questione fondamentale dello statuto dell'embrione, per timore che non sia rimessa in questione questa scelta legislativa”. E questo perché sono stati eliminati “da ogni riflessione futura i criteri essenziali che gli avrebbero permesso d'affrontare questi temi”, ha sottolineato.

E’ qui che si situa l’obiezione di coscienza, in quanto implica il rifiuto di una legge positiva per motivi che “devono poter essere riferiti all'istanza della coscienza morale, nella quale entrano in gioco altre leggi, leggi immutabili, non scritte, di natura religiosa o morale”. Monsignor Laffite, il cui intervento nel Congresso traccerà la storia dell’obiezione di coscienza, ha ricordato che “sempre nelle storia è stata offerta la testimonianza di uomini e donne che, giunti a un momento decisivo della loro esistenza in cui s'impone una scelta personale di portata religiosa o morale, si sono trovati nella posizione di dover disobbedire alla legge civile”.

Alla base dell’obiezione di coscienza, ha precisato, “si ritrova sempre la convinzione che l'uomo dovrà rispondere dei suoi atti”, ad esempio “davanti al Dio Giusto e Misericordioso per i cristiani”.

 

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