I bambini di Gaza mandano un video al Papa: «Grazie per le tue preghiere»
In tempi di guerra le persone che pagano di più le conseguenze dei conflitti sono sempre i bambini, i civili, i più fragili. Anche ora, nel conflitto tra Israele e Palestina, in mezzo a tante atrocità, sono sempre loro i più colpiti. Eppure, nonostante tutto ciò, sono loro i primi operatori e promotori di pace. Sono loro a chiederla con insistenza.
A Gaza, nella zona più calda del conflitto, si eleva una voce angelica, una preghiera dal cuore dei fanciulli che grida pace. Una preghiera che si mette in comunione con tutta la Chiesa universale e con la voce del papa, che incessantemente invoca "pace".
Sono i bambini della parrocchia di Gaza, dove c'è suor María del Pilar Llerena Vargas, missionaria dell’Istituto del Verbo Incarnato, e ci sono loro, i piccoli della parrocchia latina della Sacra Famiglia, l’unica cattolica della Striscia di Gaza, che ringraziano in coro Papa Francesco e chiedono a lui e ai bambini del mondo di pregare per la pace e soprattutto di pregare per i bambini che sono costretti a vivere in guerra come loro.
Il videomessaggio è stato registrato in vista dell'incontro che si svolgerà lunedì in Vaticano, nell'Aula Paolo VI, tra Francesco e 8mila bambini provenienti da 84 Paesi del mondo ed è stato diffuso dal Sir. "Un incontro per manifestare il sogno di tutti noi: tornare ad avere dei sentimenti puri come bambini. «Perché chi è puro come un bambino appartiene al Regno di Dio - aveva spiegato il Papa durante l'Angelus dello scorso 1 ottobre, presentando l'iniziativa - E perché i bambini sono l'alternativa alla guerra. Ci insegnano la limpidezza delle relazioni, l’accoglienza spontanea di chi è forestiero e il rispetto per tutto il Creato. Cari bambini, vi aspetto per imparare anch’io da voi!»"
Da quando è iniziata la guerra Papa Francesco ha espresso continuamente la sua vicinanza e la preghiera alla piccola comunità cristiana gazawa, poco più di 1000 fedeli, dei quali un centinaio i cattolici e il resto greco-ortodossi. Quotidiane le sue telefonate al parroco padre Gabriel Romanelli, bloccato a Betlemme a causa della guerra in corso, al suo vicario a Gaza, padre Yusuf Asad e alle religiose che sono all’interno della parrocchia a dare accoglienza e sostegno agli oltre 700 sfollati che l’affollano.
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Fonte: Avvenire.it
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