Un articolo che ci aiuta a riflettere sull'ascolto di Don Bosco, attraverso un'originale iniziativa portata avanti dai ragazzi delle medie e dai salesiani del Sardagna di Godego
«Gigi c’è una rissa, si stanno picchiando», «Dove?», «Davanti alla porta della basilica Mauriziana, in via Milano».
Corsero come forsennati, ed effettivamente era così. Sei ragazzotti se le stavano suonando alla grande… eppure non era un fare a pugni come tante volte si era visto a Torino. Infatti tutto quel fuoco d’ardore di pugni e spintoni venne meno con la stessa velocità con cui era sorto. Fu un prete lì vicino a tranquillizzare lo spirito di tutti.
Accadde veramente, in quel gennaio nebbioso di una ottocentesca Torino. Quel prete, don Bosco, lo sapeva bene. Aveva scoperto cosa rende grande un uomo, una persona.
Era disposto ad ascoltare per dare un nome alle cose. Lo faceva spessissimo: non solo in cortile. Anche per strada, in confessionale, al mercato, nelle carceri, nei grandi salotti della Torino-bene. Ed ascoltando sapeva dare un nome alle cose e insegnava a fare altrettanto. E quando una realtà è stata nominata per quello che è veramente ecco che l’anima si sente a casa, non a caso. Sente un tepore che la tiene accesa, la infiamma. Ma questo fuoco va custodito, domato, alle volte rinvigorito. Don Bosco aveva un segreto tutto suo per rinvigorirlo: fare una domanda. Già, con la domanda giusta al momento giusto, il cuore si accende di quel bel desiderio che anima un’inquietudine che non si appaga fintantoché non avrà trovato una risposta.
In questi due esercizi pedagogici (o spirituali che a dir si voglia) sta il segreto della “parola all’orecchio” di don Bosco e di tutti quegli educatori che si ispirano alla sua pedagogia e spiritualità. Non lunghi discorsi ma la parola giusta, al momento giusto. Meglio se detta sottovoce, personalmente, in cortile, durante il gioco. Il buon esempio farà il resto: ti mostrerà credibile (e non solo credente!). E allora ciò a cui avrai dato un nome e le domande che avrai saputo far sorgere nel cuore dei ragazzi faranno scoprire un’autentica via per diventar grandi.
Sperimentando sulla propria pelle la bontà di questa pratica salesiana alcuni ragazzi delle medie della nostra scuola hanno ideato un sito internet ( https://sites.google.com/view/lasocietadellallegria ) nella quale cercano di condividere con linguaggio odierno quanto hanno scoperto. Non stupisce che quanto abita il cuore dei nostri santi (basti pensare a san Domenico Savio o al recente beato Carlo Acutis) siano gli stessi sentimenti e desideri che possono accendersi nel cuore dei nostri ragazzi. Vanno accompagnati e orientati… e se son rose fioriranno!
A proposito… come va a finire la rissa dell’inizio? Quel prete scopre che i ragazzi si stavano picchiando perché tutti pretendevano di essere i più amati. Don Bosco li rasserena e fa loro vedere la sua mano. «Posso dire di voler bene ad un dito della mia mano più che ad un altro?». «No» rispondono all’unisono. «Ecco, come un buon padre vi tengo in cuore con la diversità che contraddistingue ciascuno, come le dita della mia mano». Il buon Dio ci
sostenga in questa santa impresa. Ci aiuti a dare una mano ai nostri ragazzi nel loro desiderio di diventar grandi.
Basta una parola. Una parola all’orecchio.
I salesiani del Sardagna di Godego
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