Basta volerlo e qualcosa si trova.
del 01 gennaio 2002
Il tema di oggi è la presenza di Dio, in noi nella natura, nella storia.
Ti propongo di nutrire la tua preghiera coi seguenti testi biblici e col seguente ritmo giornaliero.
LODI: salmo 94 – salmo 139 – Cantico di Davide (1Cron. 22)
VESPRO: salmo 46 – salmo 104 – Cantico dell’Agnello (Atti 4 e 5)
LETTURE: Genesi 1 – Isaia 59 – Giovanni 1
La numerazione dei salmi è quella ebraica, come riportato dalla Bibbia di Gerusalemme
La presenza di Dio
Io non so come sia capitato a te, so com’è capitato a me.
Dio è giunto al mio cuore come una grande parabola. Tutto ciò che mi circondava mi parlava di Lui,
il cielo mi parlava di Lui la terra mi parlava di Lui il mare mi parlava di Lui.
Era come un segreto nascosto in tutte le cose visibili e invisibili.
Era come la soluzione a tutti i problemi.
Era come il Personaggio più importante che entrava nella mia vita e con cui avrei dovuto vivere per sempre.
Presto mi san sentito avvolto da Lui come “Presenza sempre Presente” che mi guardava con tutte le foglie del bosco in cui passeggiavo e attraverso le nubi che cavalcavano vive sulla mia testa.
Non ho mai avuto difficoltà a sentire la presenza di Dio, specie da’ piccolo. Mi sarebbe parsa così strana e così inverosimile la sua assenza.
Mi san sentito in Dio come uccello nell’aria come legna nel fuoco come bimbo nel seno della madre.
Questa ultima immagine è stata la più forte, la più vera e cresce sempre di più in me.
Penso davvero che il grembo di una donna che contiene un bimbo sia il tema dell’universo intero, la visibilità delle cose invisibili, il segno del modo di procedere da parte di Dio per farmi suo figlio.
In Lui vivo, respiro e gioisco della sua Presenza generatrice, anche se – e ne soffro – non è ancora giunto il tempo di poter vedere il suo Volto divino, come dice la Bibbia, “faccia a faccia” (1 Giovanni 3, 2).
È ancora presto.
Questa esperienza della presenza di Dio in ogni cosa, in ogni situazione non è soltanto mia, ma è del Popolo di Dio, cioè di coloro che credono, i figli di Abramo, come li chiama la Bibbia.
Ecco come si esprime il salmo 139 che è autentica esperienza di un popolo che si interroga lungo i secoli della sua storia.
Basta volerlo e qualcosa si trova.
Con un po’ di fantasia anche una soffitta può diventare la nostra “pustinia” il nostro deserto dove raccoglierei e gustare il silenzio e la preghiera. Fare l’unità in noi stessi, dare un po’ di spazio alla nostra vita interiore resta un fatto importante per l’equilibrio della nostra esistenza.
Anche il corpo ha il suo ruolo nella preghiera.
Anche il luogo.
Direi che dobbiamo realizzare la più grande unità in noi e fuori di noi. L’atteggiamento esterno diventa qualche volta testimonianza per la nostra fede e di aiuto a mantenerci nel raccoglimento e nell’umiltà e sovente nella fatica di pregare.
“Signore, tu mi scruti e mi conosci,
tu sai quando seggo e quando mi alzo, penetri da lontano i miei pensieri.
Mi scruti quando cammino e quando riposo”,
e continua con un crescendo meraviglioso
“Dove andrò lontano dal tuo respiro,
dove fuggirò lontano dal tuo Volto?
Se salgo nei Cieli, tu sei là,
se scendo negli inferi: tu sei là.
Se vado ad abitare al di là del mare,
anche là mi guida la tua mano
e mi afferra la tua destra.
Se dico ‘almeno l’oscurità mi copra
e intorno a me sia la notte’:
nemmeno le tenebre per te sono scure
e la notte è chiara come il giorno,
per te le tenebre sono come la luce”.
L’esperienza della presenza di Dio nella natura, nella storia, in me, è fondamentale.
È sostanza della fede.
Poco alla volta devo giungere a viverla, a sentirla nel giorno e nella notte, ad avvertirla quando lavoro o quando riposo, goderla quando prego e quando amo.
Sempre!
Ventiquattr’ore su ventiquattr’ore!
È un cammino che mi conduce a vivere nel Regno di Dio che è l’unione tra il cielo e la terra, tra Dio e l’uomo.
Intendiamoci: non si tratta di stabilire da parte nostra l’unione con Dio. Quella c’è; c’era già prima che l’avvertissi.
Quello è un assoluto perché nulla esiste fuori di Dio.
In Dio “siamo, respiriamo, ci muoviamo” (Atti 17, 28) questo è il fondamento di tutta la realtà, la spiegazione dell’Essere, il significato stesso della Vita e la fonte costante dell’Amore.
Ciò che conta da parte nostra è di prenderne coscienza, avvertirla nella fede, approfondirla nella speranza, viverla nella carità.
È la storia del bimbo che poco alla volta scopre la mamma e il papà, della donna che trova lo sposo, dell’uomo che trova l’amico.
Ma la mamma, il papà c’erano già, lo sposo c’era già, l’amico già esisteva.
Dio c’era già. A noi di scoprirlo in noi, non di crearlo.
La presenza di Dio in noi, nel Cosmo, nell’Invisibile, nel Tutto è radicale. Tu non potrai mai trovarti in un luogo, in una situazione dove Lui non ci sia.
“Dove andrò lontano dal tuo respiro, dove fuggirò lontano dal tuo Volto?”.Ed è sciocco pensare che Dio sia in Chiesa e non sia nella strada, che sia nel Sacramento e non sia tra la folla, che sia nella felicità e non nel mio dolore, nelle cose luminose e facili e non nei terremoti o nei nubifragi.
Dio è sempre là.
Io sono arrivato a sentirlo sempre e ovunque ed è la mia forza come dice Paolo: “Questa è la forza che vince il mondo: la fede” (1 Giovanni 5, 4).
Lo vedo nella radice di ogni cosa, nello sfondo di ogni avvenimento, nella trasparenza di ogni verità, nel deposito di ogni amore.
Sempre!
Ed è per questo che sono felice.
E non mi sento mai solo.
La cosa che devo a Lui come presenza è che mi ha tolto ogni paura e che curando gli infiniti complessi che mi abitavano mi dà giorno per giorno di più il senso assoluto della “liberazione”.
Non ho paura di nessuno da quando temo solo Lui.
Ma non è un timore servile, è il timore dolcissimo di sentirmi bambino davanti a un padre fantastico che mi ha detto una infinità di cose ma me ne nasconde ancora un’altra infinità.
Il mio timore è legato al suo “Mistero”.
Ma questo non mi dispiace perché così ogni giorno parlando con Lui c’è sempre un sacco di novità perché nulla è novità come il Mistero.
E il sacco non è mai esaurito.
Sì, Dio è presente nella mia vita, è presente nella storia, è presente negli avvenimenti, è presente nella natura, è presente in ogni cosa che è.
Questo significa credere in Dio, sperare in Dio, amare Dio.
La tentazione che può venire dal nostro passato culturale, direi dall’infanzia della umanità, è di pensare a Dio in un modo antropomorfico, di immaginarIo come un vecchio sulle nubi bianche, come un occhio in un triangolo equilatero e mai ho capito come ora l’importanza della raccomandazione che fa il Deuteronomio in proposito: “State bene in guardia perché non vi corrompiate e non vi facciate di Dio una immagine scolpita come un idolo, la figura di maschio o femmina, la figura di qualunque animale, la figura di un uccello che vola nei cieli o di una bestia che striscia sul suolo” (Deut. 4, 16-18).
“Poiché non vedeste alcuna figura quando il Signore vi parlò sull’Oreb dal fuoco” (Deut. 4, 15).
La trascendenza di Dio non passa per giungere a me attraverso una figura che lo deforma sempre, ma è annunciata da un Segno che la indica come la bellezza, come la casa e il convito, come il cielo e la terra.
E il segno non s’impossessa della Presenza, non la strumentalizza mai, non ha il potere di limitarla.
È un segno, soltanto un segno straordinariamente trasparente.
Ma la presenza va oltre il segno come la mia vita va oltre il mio corpo e il mio desiderio va oltre le mie possibilità.
La presenza di Dio è nella sostanza del cosmo, nella sostanza dell’uomo, nella sostanza della storia. Non è davanti, è dentro anche se l’essere dentro non può condizionarla mai, perché essendo trascendente non si identifica mai col suo contenente, come il mio corpo in cui abito non limita la mia persona che va, come mistero, sempre al di là di esso e lo supera all’infinito.
Sì, il mistero di Dio è il mistero della Persona e in fondo noi che siamo creati “a sua immagine e somiglianza” (Genesi 1,27) ne calchiamo le orme.
Dio è immanente nel Cosmo e nello stesso tempo trascendente ad esso.
l mistero della Trinità è il mistero della Trascendenza di Dio mai condizionata dalla unicità della sua Natura. Ciò che libera dal condizionamento è l’Amore.
La Vita che è il Padre dice alla Luce che è il Figlio: “ti amo”.
Da questa domanda e dalla risposta “anch’io ti amo” procede l’Amore che è lo Spirito Santo.
E la comunicazione è fatta.
Chi fa la comunicazione è l’Amore. Difatti è nell’amore che tu esci dalla tua solitudine.
Finché non ami resti nella staticità della tua Natura. Quando l’Amore ti investe ti svegli improvvisamente e avverti l’Altro.
L’Altro in assoluto è Dio e si sostituisce senza eliminarli – anzi armonizzandoli – a tutti gli Altri che nella tua esperienza si mettono in cammino verso di te -la materia e lo spirito – il sentimento e la ragione – la gioia e il dolore – il visibile e l’invisibile – la terra e il cielo – il tempo e l’eterno – la bellezza e la logica – la casa e il Regno – la morte e la resurrezione.
Dio è veramente il tutto, il perché di tutto, la chiave di tutto.
Credere in Lui significa vedere il tutto come il Vivente che ti guarda da tutti i punti del suo Essere e ti abbraccia come figlio suo dolcissimo.
Credere in Dio significa luce, pace, gaudio, esultanza.
Non credere significa oscurità, tristezza, staticità, morte.
La comunicazione tra me e Dio è radicale come la comunicazione tra il feto e il ventre che lo contiene.
Il feto sono io, il ventre è l’universo intero nella sua fecondità vitale e nella dinamica dell’evoluzione che è la storia.
Io mi sento guardato da Dio attraverso la luce in cui sono immerso e le stelle che mi sovrastano e mi sento toccato da Lui, dal vento che mi raggiunge, dall’acqua che mi bagna, dalla fame che mi stimola, dalla materia che mi urta e mi ferisce.
Sento che Lui mi genera attraverso la madia piena di pane, l’amico che mi parla, il dolore che mi fa piangere e la gioia che mi esalta.
Mai sono fuori di Lui, lontano da Lui, senza di Lui.
Se pregare significa” stare in Dio”, posso dire che prego ovunque perché ovunque è il suo tempio.
Il dire: non posso pregare perché devo lavorare è una sciocchezza.
E chi ti impedisce di pregare lavorando? o meglio, di credere che lavorando puoi essere in preghiera?
Perché ridurre la preghiera a parola, pensiero, luogo, momento?
Vai oltre.
Se per pregare intendi comunicare con una Presenza e questa Presenza è dovunque, puoi essere in preghiera sempre.
Pur di comunicare.
E comunicare significa amare.
È amando che preghi perché è l’amore che ti porta alla persona amata e tu puoi amare parlando, piangendo, pensando, camminando, dormendo, sempre... sempre... sempre. Ventiquattr’ore su ventiquattr’ ore.
Com’è necessario lasciarsi “tentare” dal senso dell’immanenza di Dio che vede Dio ovunque, Dio nelle cose, Dio nella natura, Dio in ogni luogo come diceva il vecchio catechismo di Pio X. Non abbiate paura di esagerare.
Il personalismo cristiano, la realtà della Trascendenza, la contemplazione della Trinità vi condurrà fuori dai pericoli dell’immobilità, dell’immanenza, e vi farà esclamare: “Padre nostro che sei nei cieli”, riportandovi continuamente con la sua dinamica alla pienezza della rivelazione di Gesù.
Ma bisogna cominciare coll’esperimentare Dio nella natura, nell’incontro con gli uomini, nella ricerca scientifica, nell’impegno sociale, nei fenomeni fisici, nello splendore dei tramonti, nella potenza del mare, nel chicco di grano che muore.
L’ateismo moderno si è troppo nutrito della nostra pietà infantile del Medioevo dove tutto era trascendenza e la stessa Incarnazione aveva paura del corpo degli uomini e della dinamica dell’Evoluzione.
Ecco perché nelle università le facoltà più pericolose per la fede sono proprio le facoltà di medicina, di fisica, di chimica, di biologia, cioè quelle che toccano più da vicino il creato, la materia.
Ma il giorno in cui – ed è vicino – avremo ritrovato un linguaggio nuovo e lo Spirito si poserà sui ricercatori con la violenza con cui si è posato su Teilhard de Chardin là nel deserto quando ha avuto l’esperienza della Materia e ha sentito la pietra, su cui aveva posato il capo per trascorrere la notte, viva e piena della stessa presenza di Dio, si metteranno a cantare come lui l’inno della materia come fosse un commento maturo del mondo moderno al libro del Genesi.
Benedetta tu, nuda Materia, terra arida, dura roccia; tu che non cedi se non alla violenza e ci sforzi a lavorare se vogliamo procurarci il pane.
Benedetta tu sia, pericolosa Materia, madre terribile; tu che ci divori se non ti incateniamo.
Benedetta tu sia, universale Materia, durata senza limiti, fiume senza sponde, triplice abisso di stelle, di atomi, di generazioni, tu che dissolvendo le nostre strette misure ci riveli le dimensioni stesse di Dio.
Benedetta tu sia, impenetrabile Materia, tu che tesa dovunque tra le nostre anime e il mondo delle essenze, ci fai languire dal desiderio di bucare il velo senza cuciture dei fenomeni.
Benedetta tu sia, immortale Materia, tu che dissociandoti un giorno in noi, ci introdurrai per forza nel cuore stesso di ciò che è. Senza di te, senza i tuoi attacchi, senza i tuoi strappi noi vivremmo inerti, puerili, ignoranti di noi stessi e di Dio.
Tu che ferisci e guarisci, tu che ristori e che pieghi, tu che ,sconvolgi e costruisci, tu che incateni e che liberi, linfa della nostra anima, Mani di Dio, Carne di Cristo, Materia: ti benedico.
Io ti saluto sorgente armoniosa delle anime, limpido cristallo dal quale sarà tratta la Nuova Gerusalemme.
Io ti saluto” ambiente divino”, carico di potenza creativa, oceano agitato dallo Spirito, argilla impastata e animata dal Verbo Incarnato.
Sì, tra ateismo moderno e fede c’è soltanto più che un velo sottile, sottile. Io l’ho sentito in me e con che gioia l’ho strappato!
Ora mi sento uno
Uno con me stesso
Uno coi fratelli
Uno con la natura
Uno con le galassie
Uno con Dio.
E vivo di gioia perché l’essere uno con l’Uno del Tutto è la fonte della più profonda gioia umana.
Se il Tutto è Uno e l’infinita molteplicità delle cose è ricondotta all’Unità dell’Essere divino, significa che su ogni cosa domina l’Amore che è Dio stesso e che gli stati attuali di guerra o di egoismo o di oscurità finiranno con la maturità dell’uomo redento e salvato.
Se il Tutto è Uno vuol dire che la pace è già in cammino e che il convito di casa mia è il segno di un convito universale che Gesù ha definito Regno, cioè il “Dio con noi”, dove l’intera umanità troverà la sua felicità e la storia la sua armonia vittoriosa sul caos.
Mi hai chiesto, fratello, di aiutarti a trovare Dio nella città, a vivere il tuo deserto nella giungla di asfalto che percorri ogni giorno, a sentirne la presenza là dove sei.
Ti ho accontentato.
Ti ho lasciato a casa tua.
Ti. ho presentato le cose che vedi, le situazioni che vivi come “luogo” di Lui, “ambiente” della sua presenza, modo di essere della sua logica, mani sue che ti toccano, realtà feconda che ti sta generando.
Ora mettiti davanti alla finestra più ampia che hai, sali nel luogo più adatto per abbracciare col tuo sguardo più cose che puoi e, cadendo in ginocchio nell’umiltà del tuo cuore di povero che cerca, di’ con me:
“Spirito Santo vieni... e manda a noi dal Cielo un raggio della tua luce.
Vieni, padre dei poveri: vieni, datore di doni, vieni: luce dei cuori.
Consolatore perfetto, dolce ospite dell’anima, dolcissimo refrigerio.
Riposo nella fatica, refrigerio nel caldo, conforto nel pianto.
O luce beatissima, invadi i nostri cuori, senza la tua forza nulla c’è nell’uomo.
Lava ciò che è sordido, bagna ciò che è arido, sana ciò che sanguina.
Piega ciò che è rigido, scalda ciò che è gelido, drizza ciò che è sviato.
Dona ai tuoi fedeli che solo in T e confidano i tuoi santi doni.
Dona virtù e premio, dona morte santa, dona eterna gioia”. Amen.
Carlo Carretto
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