La prima povertà? √â la fame educativa

Perché il tempo è la scuola dell'essere umano e inizia quando c'è un'ipotesi di significato che come fiume di vita in piena investe e pone domande a tutte le cose. E non sono ragazzi bigotti questi qui. Sono ragazzi normali, con vestiti trasandati, capelli lunghi, paccottiglia freak [...]. Oggi siamo sempre là e questa è la prima povertà italiana: la fame educativa. Le necessità del Terzo mondo, degli extracomunitari, dell'ambiente... l'emergenza è una sola, l'educazione dei bambini, dei ragazzi, dei giovani. Bisognerebbe dare un compito per le vacanze a tutti i politici, sindacalisti, insegnanti, genitori...

La prima povertà? É la fame educativa

da Quaderni Cannibali

del 01 gennaio 2002

Noi non sappiamo se, come dice Janine Mossuz-Lavau, direttrice di uno dei più prestigiosi centri di ricerca di Francia (il Cnrs, analogo del nostro Cnr), «con l’aborto le donne hanno conquistato il diritto al piacere» (Le Monde, 9.12.2004). Però è un fatto: può piacere o meno avere dei figli, ma ciò che è davvero indispensabile per il piacere di continuare a vivere in un mondo comune è che continui a sussistere la possibilità concreta di tirarli su, i figli.

Da Lecco a Carate Brianza

Domenica 12 dicembre. Mentre un ragazzo di 17 anni bussa alla porta di una caserma dei Carabinieri per confessare l’omicidio di un anziano benzinaio, a pochi chilometri da Lecco, al liceo don Gnocchi di Carate Brianza, è in corso il cosiddetto “open day”, la giornata in cui la scuola pubblica non statale si apre a genitori e cittadini per presentare alcuni tratti della sua impresa educativa attraverso laboratori e aule tematiche realizzate da insegnanti e ragazzi. Decine di studenti hanno lavorato fino a tarda notte per mettere in mostra il genio della loro scuola. E la mattina dopo sono lì, a darsi i turni e a spiegare al pubblico i loro lavori. C’è l’aula dedicata al pellegrinaggio a Santiago de Compostela (750 chilometri a piedi!) che un gruppo di studenti e un professore han fatto l’estate scorsa, dove un ragazzino ti spiega il cammino come metafora della vita incontro al Destino e dove scorrono splendide diapositive di luoghi, paesaggi, pellegrini, orizzonte in cui terra e cieli si incontrano. C’è l’aula del dissenso nella ex Unione Sovietica e l’aula del ballo, quella di Paolo apostolo dei pagani e quella dei “limoni”, dove con la poesia di Montale e l’arte di Cézanne e di Van Gogh, il tema dei colori delle cose viene svolto con un percorso di immagini e parole di gusto e spirito di finezza davvero strabilianti. Si capisce, dalla filosofia alla letteratura, dalle lingue moderne a quelle classiche, è un’ingordigia di reale ciò che si trasmette in questa scuola. Quel reale che, quando sia considerato attentamente e seriamente in tutta la sua problematicità, è ciò che rende liberi.

Realtà e Stato

Non c’è libertà là dove non c’è realtà, ovvero autorità – che è il contrario dell’autoritarismo, perché ogni vera autorità mette in gioco esperienza, ragione e affettività – un maestro che ti introduca al grande viaggio della conoscenza. E si capisce dall’aria di fraternità che circola in questa scuola, dall’assenza di noia, dall’ordine ribollente di passioni, dalle facce belle, che qui c’è autorità, bel tempo, skolé. Perché il tempo è la scuola dell’essere umano e inizia quando c’è un’ipotesi di significato che come fiume di vita in piena investe e pone domande a tutte le cose. E non sono ragazzi bigotti questi qui. Sono ragazzi normali, con vestiti trasandati, capelli lunghi, paccottiglia freak. Ma ragazzi e ragazze fieri, indipendenti nel giudizio, anche se modaioli come tutti. Credete sia una scuola modello perché ci sono i caloriferi che non perdono acqua, i banchi a posto, le regole d’oro, le circostanze civiche e legalitarie favorevoli? Errato, profondamente errato. è una scuola scalcinata, con pareti di cartone, niente sindacato, nemmeno un bidello. Eppure è un pieno di libertà e un trionfo di conoscenza (lo dicono i brillanti risultati della maturità e l’eccellenza universitaria dei suoi studenti). C’è da mettersi in ginocchio e baciare davvero la terra dove passano questi adulti, insegnanti, personale amministrativo, imprenditori che hanno realizzato con sudore e sangue un’impresa così, nata quindici anni fa per alleanza di un genitore, un professore e un imprenditore, da zero alunni a cinquecento, e sono costretti a rifiutare centinaia di nuovi iscritti, semplicemente perché non ci sono spazi. Ne conosciamo a decine, nel cosiddetto “privato”, di scuole italiane così. Non svolgono forse un servizio pubblico che andrebbe valorizzato e reso accessibile a tutte le famiglie italiane? Ecco dove sta il problema della vera povertà italiana: perché posso scegliere la rete telefonica o del gas a cui attaccarmi e non posso ancora scegliere la scuola per i figli, eccetto in Lombardia, altrimenti pago due volte, in tasse e in rette scolastiche? Non dovrebbe uno Stato laico, che per di più spende mediamente il doppio (con i denari delle nostre tasse) per ogni scolaro delle statali, occuparsi urgentemente di queste cose? Non dovrebbero destra e sinistra mettersi intorno a un tavolo e decidere di queste cose, all’epoca in cui tutti concordano nell’individuare le possibilità di ripresa e di sviluppo negli investimenti sull’innovazione e sul capitale umano?

Privata o statale? Un dilemma falso

Credete che i professori di queste scuole cosiddette “private” siano migliori di altri? Nient’affatto. Proprio il preside del don Gnocchi ci ha detto (ma ci torneremo nei prossimi numeri) che avendo associato la sua scuola ad altre sei, istituti e licei statali, si è reso conto nelle frequentazioni di quanta ricchezza professionale ci sia anche nella tanto bistrattata scuola statale. Il problema non sono gli insegnanti, il problema è la mafia dei funzionari e il politicantismo di chi la scuola la usa come terreno di scontro politico. Il problema è certa minoranza ideologizzata che semina tra i giovani ignoranza, aridità, rancorosa afasia, incapacità di distinguere tra criticità e fanatismo. Ma questo tipo di classe docente è minoranza (speriamo), una minoranza che chissà, magari un giorno potrà arrivare a cambiare la propria anima gogoliana, e magari a risorgere umanamente, così, all’improvviso, per un imprevisto, un incontro, come in una bella giornata di sole. Il resto è quella maggioranza silenziosa di docenti che si trovano ad agire nella desertificazione prodotta dalla sciatteria e dalla considerazione della scuola come discarica di frustrazioni sindacali e serbatoio di voti. A questo serve il mantenimento del monopolio statale: alla conservazione dello status quo.

Rinascita o Mtv?

Proprio noi, di questo giornale che di sinistra non è (ndr: ci si riferisce a «Tempi. Settimanale di cronaca, giudizio, libera circolazione di idee»), anni addietro ci trovammo a scrivere e a fare qualcosa per evitare la chiusura di una scuola non statale comunista (o post-comunista), la scuola media Rinascita di Milano. E grazie anche all’intervento del governatore Formigoni che si mobilitò per cercare risorse finanziarie, quella scuola restò aperta. Oggi siamo sempre là e questa è la prima povertà italiana: la fame educativa. Le necessità del Terzo mondo, degli extracomunitari, dell’ambiente… Tutte cose giuste, per carità. Però non diciamo fesserie, per favore, perché l’emergenza è una sola, l’educazione dei bambini, dei ragazzi, dei giovani. Bisognerebbe dare un compito per le vacanze a tutti i politici, sindacalisti, insegnanti, genitori. Quello di leggere Glenn (cfr Il mito della scuola unica), un serio professore che ha raccolto in volume uno studio comparato sui sistemi educativi e che dall’esperienza di tecnico alla guida delle più moderne sperimentazioni bostoniane (quelle che piacciono anche all’Ulivo) ha tratto qualche conclusione decisiva sull’urgenza epocale di un sistema di istruzione pubblico che garantisca libertà e pluralismo educativo.

Poi, se proprio vi volete far passare la voglia di avere figli, leggetevi il report di Mtv (Youth Report. Ragazzi perbene, 2004), la mitica Tv dei giovani, che se può gioire per gli ascolti (e gli incassi) dei suoi programmi senza qualità, ha un po’ di lealtà per sgomentarsi – come tra le righe si può dedurre dalle conclusioni della sua indagine svolta con tutti i crismi scientifici della ricerca statistica e sociologica – davanti a ciò che, detto con le parole del report Mtv, è un «universo difficile, forse non quello che avremmo voluto raccontare». Un universo, quello giovanile, in cui ad esempio «droghe leggere, sesso distratto, guida irresponsabile» corrispondono a una realtà di compagnia tra i ragazzi (Mtv la chiama “socialità interpares”) «svincolata da qualunque aggancio all’istituzione, diffidente e sfiduciata, pronta alla delegittimazione; la scuola è un’agenzia di socializzazione tra le tante, senza più capacità di esercizio di un potere formativo». Cosa dite che non va, se, come dicono questi figli fotografati dalla Tv cult, «l’amore impegna ma affatica», «il sesso è un divertimento come un altro», un ragazzo/a su tre risponde che «sarei disposto a fare sesso con un estraneo se avessi disperatamente bisogno di denaro» e 7 ragazzi su 100 pensano addirittura che «potrei uccidere qualcuno se avessi la certezza di non essere scoperto»?

Luigi Amicone

http://www.tempi.it

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