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La ricerca di Dio: un invito forte anche nell'Europa di oggi

Papa Benedetto XVI accende coi suoi discorsi “tizzoni ardenti sul nostro capo” - direbbe san Paolo - per quella profondità con cui il papa-teologo si rivolge alla Chiesa, laici e religiosi. Nell'intento di rendere matura la nostra fede, come spesso sollecita dall'Angelus domenicale, il Pontefice veste di nuove riflessioni ogni suo discorso che per questo non è mai consegnato alla storia ma ripreso e commentato dai fedeli e dagli uomini più insigni in campo religioso e accademico.


La ricerca di Dio: un invito forte anche nell’Europa di oggi

da Teologo Borèl

del 07 febbraio 2011

 

            Come sta accadendo per il ciclo di incontri voluti da mons. Lorenzo Leuzzi, direttore dell’Ufficio per la Pastorale Universitaria, che ha promosso tre occasioni per riprendere alcune delle perle pontificali: il discorso tenuto all’Università di Ratisbona (di cui la cronaca ha ricordato le polemiche al contenuto profondo), il Discorso al Collège des Bernardins di Parigi ed il discorso alla Westminster Hall di Londra.            In una cornice carica di suggestione, quale la sala della Conciliazione nel Vicariato di Roma, il 27 gennaio scorso tre relatori di spicco si sono seduti al tavolo degli interventi per aiutare i presenti ad integrare la propria conoscenza sul discorso esposto il 12 settembre 2008 in Francia da papa Benedetto XVI, a due anni esatti da quello formulato a Ratisbona. Al centro della prolusione un tema caro a Ratzinger: La cultura europea: origine e prospettive. Infatti la costruzione di un’Europa forte ed unita non può non prescindere dalle radici cristiane.

          Sul discorso del papa al Collegio parigino sono intervenuti lo scorso giovedì: mons. Sergio Lanza, assistente ecclesiastico generale dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, il rettore dell’Università Lumsa, Giuseppe Dalla Torre ed Alessandro Ferrara, docente ordinario di Filosofia Politica dell’Università di Tor Vergata, introdotti dal prof. Cesare Mirabelli, presidente emerito della Corte Costituzionale italiana. Le conclusioni sono state affidate invece al cardinale Agostino Vallini, vicario generale del Santo Padre per la diocesi di Roma.

          “Ci troviamo in un luogo storico, edificato dai figli di San Bernardo di Clairvaux e che il suo grande predecessore, il compianto Cardinale Jean-Marie Lustiger, ha voluto come centro di dialogo tra la Sapienza cristiana e le correnti culturali intellettuali e artistiche dell’attuale società”, aveva esordito papa Benedetto XVI che fa del “quaerere Deum” il fulcro del suo discorso al Collège des Bernardins. Ovvero la ricerca di Dio che, partendo dall’esempio dei giovani monaci che avevano abitato questo luogo di forte religiosità, diventa invito odierno per il cristiano di oggi a cercare Dio dentro quell’intimo monastero che è il proprio animo. Richiamandosi a quei giovani monaci papa Benedetto XVI al cospetto dei più alti rappresentanti della cultura francese invitò a riflettere come “nella confusione dei tempi in cui niente sembrava resistere, essi volevano fare la cosa essenziale: impegnarsi per trovare ciò che vale e permane sempre, trovare la Vita stessa. Erano alla ricerca di Dio. Dalle cose secondarie volevano passare a quelle essenziali”.

          Dal “quaerere Deum” di papa Benedetto all’interpretazione dei tre relatori. Il primo intervento è stato quello di mons. Sergio Lanza che ha presentato la più corposa delle relazioni partendo dal genius loci fino al Proslogion di Sant’Anselmo, passando per nomi di grande impatto culturale e religioso insieme (Lasch, Heidegger, Sant’Ambrogio, Gadamer, San Tommaso col Politicorum, Glauco Maria Cantarella, Jean–Claude Schmitt, San Gerolamo, Mario Spinelli, Sant’Agostino).

          “La ricerca di Dio - ha detto mons. Sergio Lanza - non è evasione dal reale, ma immersione profonda nella realtà, investigazione che non si arresta alla superficie, non è alla superficie che abita la verità, l’essenziale è invisibile”, aggiungendo: “L’umanesimo ateo, questa forma di assolutismo culturale ha subito una doppia smentita. Stretta tra pragmatismo e fondamentalismo, la cultura post-secolare, se non ritrova il vigore del significato, se non apre l’orizzonte del quaerere Deum è pura vanità”. Il relatore ha osservato come “Papa Ratzinger rintraccia l’amore per la parola come luogo euristico in cui il desiderio di Dio implica l’amore delle lettere” e che “la parola della fede può essere accolta e suscitare risposta di adesione solo se l’uomo di oggi, abbandonata la presunzione della ragione prometeica e l’abdicazione del pensiero debole si fa di nuovo – coraggiosamente e umilmente – cercatore di verità”. Mons. Lanza ha poi concluso con un pensiero di Sant’Anselmo tratto dal Proslogion: “Che io ti cerchi (Dio), desiderandoti e ti desideri cercandoti, che io ti trovi amandoti e ti ami trovandoti”.

          Giuseppe Dalla Torre, rettore dell’Università Lumsa ha ravvisato che: “nel discorso aux Bernardins vi è una forte provocazione a noi europei”: quella diretta a far crescere “il monaco che è in noi”. Il riferimento non è ovviamente allo “stato di vita ma ad uno spirito”, che “si rivolge non solo ai credenti ma a tutti noi europei, che crocianamente non possiamo non dirci cristiani”.

          A chiusura delle relazioni, Alessandro Ferrara ha sostenuto che da anni assiste “al tramontare di un’ultima ideologia, quella della cosiddetta secolarizzazione e l’emergere di un rinnovato dialogo fra la religione e la filosofia”. Inoltre, secondo il docente dell’Università Roma 2, “cercare Dio significa conferire valore alle cose che vanno al di là di ciò che ci si mostra agli occhi nella vita di tutti i giorni” e che “oggi più che mai è necessario distogliere lo sguardo da terra, da ciò che è immediatamente davanti ai nostri occhi e interrogarsi circa ciò che vale al di là delle apparenze”. “Quando il quaerere Deum – ha detto Ferrara - si dispiega entro comunità di fede che si raccolgono attorno alla Parola di Dio la vita degli esseri umani si arricchisce e splende di luce, quando invece la Parola interpretata aspirò a tramutarsi in legge la vita umana si è imbarbarita ed è stata funestata”. Infine “il luogo della ricerca di Dio è il monastero, inteso in senso non riduttivamente letterale, ma più ampiamente come luogo metaforico, per indicare una comunità di fede che convive in pace con altre comunità di fede”.

          Le conclusioni sono andate al card. Agostino Vallini, che ha osservato come “il Papa fa riflettere, fa pensare e stimola proprio al pensiero”, in una società come quella di oggi dove per “i giovani vi è la ricerca di continue emozioni che finiscono per sopprimere poi quelle precedenti lasciando scorrere tutto”. Di qui l’importanza delle serate lateranensi che “invitano a pensare per ritrovare il senso della propria vita, questi discorsi aprono prospettive enormi per la responsabilità che abbiamo verso le future generazioni”, Vallini ha constatato come “la cultura liquida di oggi necessita di una nuova generazione di testimoni per testimoniare un messaggio credibile”, menzionando infine il testimone per eccellenza, papa Giovanni Paolo II. Il vicario papale su Roma ha ricordato commosso quella lunga notte a Tor Vergata in occasione della Giornata Mondiale della Gioventù: “Io ero lì, che emozione ero proprio accanto a lui e lo guardavo”.

 

  

Anna Villani

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