Ci sono romanzi che lasciano un segno nel cuore degli uomini. Raccontano storie di uomini e donne che toccano i nostri sentimenti. Questo mese vi segnaliamo il libro di Inge Scholl "La Rosa Bianca" in cui riporta la storia dei suoi fratelli che diedero vita ad un gruppo per contrastare il nazismo.
È una giornata così splendida, piena di sole; e io devo andarmene. Ma quanta gente deve morire di questi tempi sui campi di battaglia, quante giovani vite piene di speranze… Cosa importa che io muoia, se migliaia e migliaia di persone verranno scosse e destate dal nostro agire?
La storia dei fratelli Hans e Sophie Scholl che diedero vita al movimento di opposizione al nazismo e che furono giustiziati il 22 febbraio 1943. Attraverso il racconto della sorella Inge, di amici e di testimoni delle loro ultime ore, emerge una passione per la vita che nemmeno il terrore del regime potè soffocare.
«Possiamo veramente chiamarli eroi? Non hanno fatto nulla di sovraumano. Hanno difeso una cosa semplice, sono scesi in campo per una cosa semplice: per i diritti e la libertà dei singoli, per la loro libera evoluzione e per il loro diritto a una vita libera. Non si sono sacrificati per un'idea fuori del comune, non perseguivano grandi scopi. Ciò a cui aspiravano era che gente come te e me potesse vivere in un mondo umano. Il vero eroismo consiste forse proprio nel difendere con costanza la vita quotidiana, le cose piccole e ovvie» (Inge Scholl).
Viso piccolo, sguardo vivace e fiero, capelli alla maschietto non conformi alla moda dell’epoca. Così si presenta Sophie Scholl nelle foto che la ritraggono. E già da lì si capisce che si tratta di un personaggio fuori dalla norma. Una particella «impazzita» in un regime che tende a mettere in riga tutti, che inquadra e domina azioni e pensieri.
Stupisce, nella sua biografia, la sua vita intellettuale fin da giovanissima, la vivacità del suo intelletto, la curiosità, gli interessi, il suo profondo amore per la musica e per la natura.
Quando Hitler va al potere lei ha 12 anni e, come la stragrande maggioranza dei ragazzi tedeschi, subisce la pressione della propaganda pedagogica ma anche il fascino e l’attrazione di un richiamo che è anzitutto quello della patria.
È una ragazza come tante, Sophie, ultima figlia di una famiglia numerosa e unita. Educata al valore dell’indipendenza e dell’onestà di pensiero, in un primo tempo cresce seguendo il nazionalismo imperante. Partecipa ai gruppi in cui i ragazzi venivano «irreggimentati» dal Nazismo di «prima maniera». Ama il suo paese e vuole farne parte attiva. Questo anche andando contro le idee del padre che da subito si era reso conto della pericolosità dell’ideologia hitleriana. C’è dunque un confronto vivace nella famiglia Scholl, poiché anche il fratello maggiore di Sophie, Hans, sosteneva apertamente il nuovo regime. Si tratta di un confronto e non di uno scontro però, poiché questa è anche la storia di una famiglia che ha avuto il coraggio di contrapporre il proprio essere comunità morale, ad una comunità, quella tedesca degli anni ’30, che sembra essere asservita all’assenza di morale, una famiglia in cui ciascuno era libero da condizionamenti e poteva crescere con la massima autonomia di pensiero.
Così, in maniera graduale e del tutto autonoma, ben presto in Sophie matura il dissenso. Non è un processo repentino. È piuttosto una lenta presa di coscienza, frutto di osservazioni, valutazioni e analisi della realtà circostante. Per prima cosa si allontana da quei gruppi di cui aveva fatto parte con tanto entusiasmo solo poco tempo prima. Le sue scelte di studi e professionali per alcuni aspetti sono scelte obbligate, e d’altronde non poteva essere diversamente nel regime nazista. Ma da un certo punto in poi i tirocini e le esperienze preparatorie all’università le vive male. E la cosa stupisce. Dalle prime pagine della sua biografia Sophie, infatti, ci appare come una ragazza di grande vitalità, appassionata. Eppure le esperienze che vive prima di iscriversi all’università la incupiscono. Si rende sempre più conto dell’assurdità dei metodi nazisti e del fanatismo che la circonda. Non trova nulla in comune con le sue compagne di studi e di esperienze. Forse è in questa fase, durante il periodo di lavoro obbligato, che apre veramente gli occhi e prende il via quella sua maturazione spirituale che la porterà a riconoscere la cecità di tutti gli altri.
Il diario di Sophie si arricchirà progressivamente di invocazioni a Dio nella scia di S. Agostino e Pascal, vocazioni liriche, riflessioni, e preghiere. Anche le lettere di quel periodo contengono spesso riflessioni metafisiche e la confessione di un faticoso momento esistenziale: «Mi sento così impotente, e certo lo sono. Non posso pregare per niente altro che di essere capace di pregare».
La meditazione sul Creatore e sulla natura la conduce al riconoscimento della libertà dell’uomo come supremo dono divino e alla visione della giustizia di Dio contrapposta all’ingiustizia del mondo: «Non è anche questo un mistero, che tutto sia così bello? Nonostante l’orrore, continua ad essere così. Nel mio godere della bellezza si è inserito un elemento sconosciuto, un presagio del creatore, che ogni creatura innocente loda la sua bellezza. Per questo soltanto l’uomo è capace di essere veramente crudele, perché è libero di dissociarsi da questo canto di lode. E adesso si potrebbe spesso pensare che lo faccia, coprendo questo canto col rumore di cannoni, di maledizioni e di bestemmie. Ma il canto di lode ha il sopravvento… ed io voglio fare tutto quello che è possibile per associarmi alla sua vittoria».
Come tutte le ragazze della sua età, anche Sophie ha un amore, un fidanzato che il destino ha voluto essere ideologicamente (almeno all’inizio) opposto a lei. Anche in questo caso, come era stata abituata dall’ambiente familiare, non scontro ma confronto. Certo Sophie non è tipo da tenere taciute le sue idee e i suoi pensieri. Nello scambio di lettere tra lei e Franz (questo il nome del ragazzo), che era al fronte, leggiamo spesso non solo frasi e parole d’affetto verso l’amato, ma anche lucide analisi della situazione politica, poiché si propone di essere per lui la sua spina contro l’indifferenza facendolo ragionare sull’assurdità della guerra.
I concetti di partecipazione e di responsabilità erano radicati nel suo essere. L’eguaglianza delle razze umane, la pace come scopo della politica erano invece concetti che traeva da autori banditi dal regime. Gli stessi che ispirano Hans Scholl e il suo amico Schmorrell per la creazione di un gruppo di resistenza pacifica la «Rosa Bianca» (Weiße Rose), di cui farà presto parte anche Sophie.
INGE SCHOLL (1917-1998) era la sorella maggiore di Hans e Sophie Scholl, membri della Rosa Bianca, ghigliottinati a Monaco nel 1943.
«Strappate il mantello dell’indifferenza». Con questa esortazione, tratta da uno dei volantini della Rosa Bianca, Inge Aicher-Scholl si presentava sempre al pubblico. Col sostegno di Otl Aicher (che sposò nel 1952), Inge Aicher Scholl fondò nel 1946 l’università popolare di Ulma. Notorietà internazionale le venne soprattutto dal libro La Rosa Bianca (pubblicato in Germania nel 1952), in cui raccontava per la prima volta una pagina di resistenza umana, cristiana, universitaria che solo nei decenni successivi avrebbe raggiunto fama internazionale. È morta a 81 anni, stroncata da un tumore, nella fede cattolica che aveva accolto in seguito alla morte dei fratelli Hans e Sophie.
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