La santità è di casa...in oratorio! da Giovani per i Giovani

In oratorio abbiamo potuto completare l'insegnamento cristiano che avevamo ricevuto dalle nostre famiglie. In quel luogo speciale abbiamo formato il nostro carattere, il nostro amore profondo per Dio, la nostra dimensione...

La santità è di casa...in oratorio! da Giovani per i Giovani

da GxG Magazine

del 02 ottobre 2009

Per la nostra intervista ci trasferiamo a Poznan, in Polonia, per incontrare non uno, bensì cinque giovani oratoriani!  

 

Ciao ragazzi! Dai, in stile oratoriano, un bel “giro di nomi”!

 

Mi chiamo Edoardo Klinik, ho 23 anni, sono molto studioso e di indole tranquilla, ma in oratorio mi scateno! Mi piace molto andare in profondità nelle diverse discipline e nei miei rapporti di amicizia. Sono Francesco Kesy, ho 22 anni, sono allegro, simpatico, sempre pronto al servizio, quando la salute me lo concede! Mi piacerebbe tanto farmi salesiano! Il mio nome è Jarogniew Wojciechowski, ho 20 anni e amo molto meditare, riflettere, nulla passa inosservato! Per i miei ragazzi dò tutto me stesso, voglio essere un animatore a “tuttotondo”. Mi chiamo Czeslaw Józwiak, ho 22 anni, sono buono ma se mi fate arrabbiare, sono una furia! Porto in me grandi sogni, cerco di coltivare la purezza e di stare il più lontano possibile dal peccato! Sono Edoardo Kazmierski, ho 23 anni, adoro la musica e mi piace suonare e cantare in compagnia. Il mio obiettivo? La maturità cristiana. Siamo tutti di Poznan, in Polonia. Tra gli impegni diversi, viviamo con intensità l’oratorio, per noi una vera “seconda casa”. Purtroppo la II Guerra Mondiale ha reso tutto più difficile!  

 

In che modo l’oratorio ha “segnato” la vostra vita?  

 

In oratorio abbiamo potuto completare l’insegnamento cristiano che avevamo ricevuto dalle nostre famiglie. In quel luogo speciale abbiamo formato il nostro carattere, il nostro amore profondo per Dio, la nostra dimensione del servizio per i giovani ed in particolare, abbiamo trovato la forza per morire a causa della nostra fede.  

 

Cosa avete in comune?  

 

Abbiamo in comune gli stessi ideali, gli stessi compiti, lo stesso desiderio di amare anche quando è difficile, la stessa voglia di vivere con intensità il motto di don Bosco “buoni cristiani, onesti cittadini”.  

 

Cos’è successo durante la II Guerra Mondiale?  

 

Come ben sapete Hitler ha invaso la Polonia, e da lì è scoccato l’arco della guerra. Noi polacchi siamo stati duramente colpiti dall’invasione nazista, ma noi continuavamo sempre a far funzionare il nostro oratorio, anche se le difficoltà aumentavano progressivamente, infatti i tedeschi volevano chiudere e rendere illegali tutti gli ambiti ricreativi ed associazionistici cristiani. Nel 1940 eravamo costretti a trovarci a fare oratorio nei parchi e nei boschi, per questo siamo stati considerati come una forma di associazione segreta e pericolosa. Siamo stati arrestati quasi nello stesso giorno dai nazisti, ed imprigionati assieme, nel settembre del 1940. Da quei giorni inizia la nostra via Crucis. Siamo stati portati prima nella fortezza VII di Poznan, poi in carcere a Neukoln, vicino Berlino e a Zwikau in Sassonia. Abbiamo subito nelle diverse carceri torture, sevizie e lavoro forzato.  

 

Cosa vi ha sostenuto in quei momenti difficili?  

 

La preghiera è stata la nostra preziosa alleata. Quando siamo stati arrestati per la prima volta, ci hanno spogliato di tutti i nostri averi e quindi anche del rosario che i carcerieri hanno buttato nel cestino. Appena però si sono distratti siamo riusciti a recuperare la nostra unica “arma”, che non ci ha più abbandonato. Inoltre un grande sollievo è stata l’allegria salesiana che caratterizzava ormai ogni singola cellula del nostro corpo, questa ci ha aiutato a superare i momenti di grande sconforto. L’aver vissuto ancora insieme la prigionia per noi è stato fondamentale, abbiamo potuto infatti vivere la dimensione del servizio verso gli altri prigionieri e pregare assieme come una comunità.  

 

Cosa scrivevate alle vostre famiglie?  

 

Era raro che potessimo scrivere, ma quelle poche volte che siamo riusciti, abbiamo raccontato lo stato d’animo con cui vivevamo le difficoltà della prigionia. Se volete vi facciamo leggere qualche riga di quelle lettere: “Ho conosciuto anche il mondo, la vita e gli uomini e perciò ora, carissima sorella Lidus, sta sicura che tu non resti sola in questo mondo. Io e la mamma siamo sempre vicino a te. Ti chiedo una cosa, affida i tuoi sentimenti a Gesù e a Maria in ogni momento della tua vita, perché troverai la pace da loro. Pensa che felicità! Me ne vado unito con Gesù Cristo per la Comunione. Me ne vado e ti aspetto con la mammina carissima…”.  “Miei carissimi genitori e fratelli! È venuto il momento dell’addio detto a voi, e proprio oggi il 24 agosto, nel giorno di Maria Ausiliatrice. Quale gioia per me che sto scendendo da questo mondo e così come dovrebbe morire ciascuno. Sono stato un momento fa alla santissima confessione e fra poco mi rinforzerò con il Santissimo Sacramento. Dio buono mi porterà da sé. Non mi pento che così giovane scendo da questo mondo…”.  

 

L’epilogo  

 

Siamo stati condannati a morte per tradimento allo stato, il primo agosto del 1942. Una volta terminata la lettura della sentenza uno di noi esclamò: “sia fatta la Tua volontà!”. Il 24 agosto 1942, commemorazione mensile di Maria Ausiliatrice, protettrice di tutti gli oratoriani, siamo stati condotti al patibolo, sostenuti dalla preghiera e dalla forza di Gesù Eucarestia.  

 

Le frasi che vi hanno accompagnato...?

 

 “Tutta la vita ho onorato la Madonna. Ella mi accoglierà a sé”. “Che felicità è questa: andarsene da questo mondo uniti a Cristo”. “Cari genitori non vi rattristate. Nel cielo sarò vostro intercessore presso Dio”. “Dio ci ha dato la Croce. Ci sta dando anche la forza per portarla”.  

 

Cristiano De Marchi

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