La scienza come accesso alla verità. Enrico Medi

L’universo, la natura, gli atomi, le forze fisiche e gli elettroni. Tutto ciò che studia la scienza ci parla di Dio. Oggi ci lasciamo provocare dalle parole di un grande scienziato: Enrico Medi.

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“Il pensiero scientifico non ha per oggetto specifico la ricerca di Dio; esso però esamina e contempla l’opera delle sue mani, esso porta la creatura umana su quella piattaforma di lancio dalla quale è agile il balzo verso la luce della sua Infinita Sapienza”.

Già in altri tempi della sua storia l’uomo si è sentito orgoglioso delle proprie conquiste nel campo del pensiero, considerandole come una reale presa di possesso della natura e, inconsciamente o meno, aggiudicandosi un titolo di sovranità su di essa.

Nel corso delle ultime generazioni questo fatto è andato facendosi sempre più ampio e profondo, finché in questi ultimi decenni e ultimi anni il pensiero scientifico è diventato per molti l’indice della vera grandezza dell’uomo, della sua indipendenza assoluta da qualsiasi autorità o valore più grande di lui.

Per una grande parte dell’umanità, inoltre, viene confuso il pensiero scientifico propriamente detto, con le conseguenze che si hanno, dalle sue scoperte e dai principi trovati, nel campo pratico.

Le realizzazioni tecniche, la perfezione tecnologica raggiunta sbalordiscono le menti umane al di sopra di ogni possibile immaginazione, data anche la travolgente rapidità con la quale si succedono le une alle altre.

Una conseguenza tragica di tutto questo si ha nelle concezioni fondamentali dell’uomo, per quello che riguarda le verità essenziali della vita e dell’essere. Le parole «scienza, scientifico, scientificamente dimostrato», riempiono la bocca e la superficiale vanità dell’uomo, portandolo a rinnegare qualsiasi conoscenza, che esca da questo campo. La mente di un grande numero di persone viene ristretta dentro confini limitati, e di questo profittano i seminatori dell’errore, i condottieri della malignità intellettuale per trascinare milioni e milioni di esseri intelligenti per le vie limitate e mortifere del più retrivo materialismo.

Siamo in tempi di contraddizione: mai come oggi si è tanto violentemente mostrato l’assurdo contrasto fra alcune verità diventate patrimonio della conoscenza umana e affermazioni categoriche che con queste verità sono in aperta opposizione.

Non sappiamo cosa penseranno di noi le generazioni future, ma certo saranno portate ad un giudizio negativo della nostra civiltà, considerata sotto l’aspetto della sua paradossale illogicità.

Superficialità intellettuale

Una delle cause che hanno permesso il diffondersi di questo stato d’animo è la superficialità intellettuale nella quale siamo immersi.

La maggior parte di noi è travolta dal rumore di frasi fatte, di slogans ripetuti e martellati e martellanti le nostre teste fino all’intontimento cerebrale, siamo diseducati al processo mentale sereno, libero, puro, sganciato dalla passionalità e dalla ossessione delle eventuali conseguenze pratiche dovute alle verità ritrovate.

Quelli che risentono maggiormente il disagio di tale stato di cose, sono i giovani, che si adattano male alla irrazionalità e nella generosità naturale dei loro cuori cercano ansiosamente un ordine che li soddisfi. Lo cercano in ogni modo, ma troppo spesso non lo trovano. Nel loro spirito si formano vuoti immensi, paurosi: non vi è nulla che faccia maggiormente terrore che il vuoto, la nebbia, il buio, l’incerto.

Allora gridano nelle forme più eccentriche, si afferrano a qualsiasi idolo che venga loro presentato: sembra che vogliano stordirsi di fronte ai prepotenti richiami della verità e della vita.

Con troppa facilità vengono condannati da coloro che sono più avanti negli anni e che mal volentieri si piegano a comprenderli e ad andare incontro al loro grido: abbiamo fame.
È il grido della nostra generazione, insoddisfatta dei beni materiali, delle comodità della vita, del progresso che ci fa schiavi se è incontrollato, di questo agitarsi continuo che toglie il respiro al volo dello spirito: noi vogliamo, luce, pace, chiarezza, noi abbiamo fame della certezza, della speranza, dell’assoluto; l’umanità ha bisogno di Dio.
È come un urlo prepotente che si leva da ogni angolo di questo tormentato pianeta terra, che si leva anche da coloro che Dio combattono, lo rinnegano, lo bestemmiano, lo perseguitano nei propri fratelli, sue creature.

È anche questa una testimonianza dell’esistenza di Dio, perché non si odia Colui che non c’è.

L’incontro di Dio con l’uomo è preparato, voluto, da Dio stesso: è Lui che viene incontro a noi suoi figli, sue amatissime creature. Senza la sua infinita volontà di amore, la sua grazia, l’incontro non avviene; ma questa grazia non manca mai anzi, al nostro occhio umano, i tempi che stiamo vivendo appaiono colmi di questo dono infinito.

Questa risposta può nascere per vie insondabili dello spirito e del cuore, per risonanze nascoste ed arcane; ma essa necessita dell’umiltà, della purezza, della generosità del cuore. Sono le vie per le quali l’intelletto ritrova le vie del vero, le armonie di tutte le realtà, la serenità per il suo volo verso l’Infinito e l’Assoluto.

Scienza come accesso alla verità

Siamo partiti, in questo breve discorso, dalle conquiste del pensiero scientifico. La scienza non ha, per se stessa come oggetto la ricerca di verità superiori, trascendenti. Essa indaga (intendo limitare l’osservazione alle scienze sperimentali quali la fisica, la chimica, la biologia, ecc.) sulle realtà naturali, cerca di individuare le relazioni fra le cause e gli effetti, di stabilire leggi universali, di predisporre l’ordine di un. certo numero di cause agenti per ottenere effetti voluti e previsti in base alle leggi scoperte (vedi il progresso tecnico).

D’altra parte bisogna considerare che l’uomo è un essere unitario e che quindi nelle verità che il suo pensiero coglie per vie diverse non vi possono essere alla fine contraddizioni; come non ne possono esistere nella realtà, pur nei suoi molteplici innumerevoli modi di essere sia spirituali che materiali.

Quindi il pensiero scientifico non ha per oggetto specifico la ricerca di Dio; esso però esamina e contempla l’opera delle sue mani, esso porta la creatura umana su quella piattaforma di lancio dalla quale è agile il balzo verso la luce della sua Infinita Sapienza.

Per mirabile disegno della sua Provvidenza i nostri tempi, per le vie delle più piccole particelle elementari costituenti la materia per quelle delle abbaglianti galassie, sono così vicini allo sfiorare della Sua carezza, come mai è avvenuto in altri tempi della nostra lunga e travagliata storia.

Se Tommaso d’Aquino avesse potuto disporre della fisica moderna, avrebbe trovato armonie incantevoli e affascinanti per l’opera sua nella filosofia e nella teologia.

Gli argomenti da trattare sono di una bellezza e incanto indescrivibili, tali veramente da ridonare al travagliato spirito dell’uomo moderno e dei giovani l’entusiasmo della vera vita.

Non è possibile farlo in un discorso tanto breve.

Penso che un breve cenno ad una considerazione inoppugnabile possa servire come esempio. La luce che viene dai profondi abissi dell’Universo, per esempio da un ammasso di stelle lontane da noi cinquecento milioni di anni luce, ci dice, con assoluta certezza che gli atomi, i protoni, gli elettroni, le particelle che costituiscono quella materia sono identici a quelli che abbiamo sulla terra, con le identiche leggi, pur operando in condizioni evidentemente diverse. Diciamo identici con una precisione assoluta.

Ora l’identità esclude la probabilità, che è legata a leggi di distribuzione statistica ben precise e note. Quindi, la più insignificante parola tanto spesso usata, il caso, qui non ha alcun modo di essere introdotto. È evidente che nessuna causa materiale ha potuto agire sugli atomi nostri e quelli lassù, per farli identici: non vi è stata mai relazione alcuna fra loro. E d’altra parte trattandosi non di ordinamenti esterni, ma di struttura essenziale, intima, sostanziale, non avrebbero potuto in alcun modo operare per essere così come sono, prima di esistere.

Nell’attimo della loro esistenza è bloccata ogni legge della loro attività. Quindi la fisica ritrova una causa che è al di fuori dello spazio, al di fuori del tempo (perché il tempo inizia solo con l’attività generante la varietà delle trasformazioni), una causa padrona dell’essere nella sua intima essenza e che ha determinato l’identità delle particelle prima che esse fossero, affinché esistessero così come sono.

Dio a portata di mano

Qui la scienza si ferma, ma l’uomo per una necessitante continuità della sua logica, balza immediatamente alla esistenza di un Essere, fuori della materia, dello spazio, del tempo, delle strutture composite, è semplice, purissimo, padrone dell’essere, Colui che è.

Chiamatelo Jehova, chiamatelo Allah, chiamatelo come volete: è Dio. Quanto sono grandi le tue vie, o Signore!

È certo che per trovarLo per via razionale non vi era bisogno della astrofisica moderna o della scienza nucleare o della genetica, ma quanto consolante e più evidente oggi è l’impronta della sua Mano, mentre il pensiero dell’uomo scopre di giorno in giorno la precisa stupefacente opera sua di programmazione, di progettazione, di realizzazione nell’affascinante alleluia di tutte le creature.

Ci vuole solo la malvagità dei cuori induriti da una stupida superbia di pensiero, per chiudere gli occhi di fronte alla luce.

Siamo all’assurdo: la conoscenza sempre più perfetta dell’opera di un artista conduce a rinnegare l’esistenza dell’artista stesso.

Meritiamo di essere giudicati come una generazione di folli, spiritualmente deformi. Diranno un giorno: avevano Dio a portata di mano e non lo hanno riconosciuto, non lo hanno voluto vedere, lo hanno rinnegato. Non è più un problema di intelletto: è il morbo e la peste della presunzione e della durezza dei cuori.

I giovani non hanno la durezza di cuore. Chi di loro disgraziatamente l’avesse, ha perduto la sua giovinezza.

La loro sete di verità va soddisfatta, con parole chiare, semplici, precise e serene. L’esperienza prova la gioia immensa che inonda i loro cuori, quando la certezza del vero illumina la freschezza delle loro menti.

Non possiamo permettere che gli omicidi dello spirito, camuffando come audaci prestigiatori, i mirabili risultati della scienza, sconvolgano le menti dei giovani paralizzandone le capacità ragionatrici e libere.

Per ovvie ragioni ci siamo dovuti fermare solo ad una prima parte dell’angosciosa crisi dello spirito e del pensiero dell’uomo moderno.

Nell’arco degli sforzi fatti dall’umanità per la ricerca dei rapporti con Dio, cioè nella storia delle religioni, oggi, come mai nei tempi passati, assistiamo all’inizio del crollo di quasi tutte le religioni che hanno avuto maggiore influsso nella vita dei popoli, e guardando al cammino della storia, possiamo dire che si preparano solo due vie: una di quelli che lottano contro Dio e l’altra di coloro che per Iddio vivono nel messaggio di Gesù Cristo e vanno verso l’unica sua Chiesa.

È la splendente e drammatica bellezza dei tempi che stiamo vivendo, preparazione del grande abbraccio dei fratelli nell’unica Fede. 

 


Enrico Medi, fisico e politico italiano, nasce a Porto Recanati il 26 aprile 1911. Consegue la laurea in fisica all'università di Roma“ La Sapienza” con una tesi sul neutrone sotto la guida del premio nobel Enrico Fermi.
Appassionato scienziato e uomo innamorato di Dio, Enrico Medi ha saputo armonizzare e vivere con grande profondità entrambe queste dimensioni. Secondo Medi l'attività scientifica manifesta in modo inconfondibile la presenza del Creatore. 


 

 

 

 

 

 

 

 

Tratto da: Enrico Medi, I giovani come li penso io, Edizioni Studium Christi, Roma 1976, pp. 173-180.

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