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La scuola secondaria non va scelta dai genitori

Dove sta scritto che devono essere i genitori a decidere? Per i ragazzi di terza media, la scelta della scuola superiore è la prima vera, grande occasione per domandarsi seriamente: “cosa voglio, chi sono, cosa desidero diventare?”. Sono domande grandi, importanti, che esigono certamente un sostegno degli adulti ‚Äì genitori e insegnanti - ma non una sostituzione!


La scuola secondaria non va scelta dai genitori

da Quaderni Cannibali

del 26 maggio 2011

 

          L’Italia è il Paese al mondo con il più alto tasso di giovani che si iscrivono ai licei. Come riportato da Il Corriere della Sera del 24 maggio, quasi la metà delle famiglie italiane (il 49,2 %) sceglie per i propri figli il liceo, con una netta preferenza per lo scientifico (18,4%), integrato, grazie alla “riforma Gelmini”, dalla variante “scienze applicate”, cioè senza latino (5,5%). Quasi un terzo delle famiglie opta per l’istituto tecnico ( 32,1%), solo il 18,7 %, sceglie gli istituti professionali, con un calo del 3,4% rispetto allo scorso anno. Ma è davvero una “scelta di qualità”?          Non ne sono convinto. Come orientatore, ho sempre affermato che la scelta della scuole superiore deve essere fatta anzitutto – non da solo, ma anzitutto -  dallo studente e non dal genitore; questo risultato mostra, invece, che la pressione genitoriale resta ancora molto, troppo elevata.           E’ vero: nessun genitore «manderebbe suo figlio in una scuola che non è vista come un grande risultato»; così, “al momento di prendere una decisione importante per il figlio, sceglie qualcosa che ritiene più utile, se non a garantire, almeno a preparare un futuro migliore per lui.” E “il liceo….gode, ancora, di una fama di “serietà” e di “esigenza”, che altre scuole hanno perso o non hanno mai avuto, perché “prepara all’università”.          Già, ma dove sta scritto che devono essere i genitori a decidere? Per i ragazzi di terza media, la scelta della scuola superiore è la prima vera, grande occasione per domandarsi seriamente: “cosa voglio, chi sono, cosa desidero diventare?”. Sono domande grandi, importanti, che esigono certamente un sostegno degli adulti – genitori e insegnanti - ma non una sostituzione! Ed è pericolosissimo sostituirsi nella risposta, perché gli si comunica – direttamente o indirettamente - una sfiducia nelle loro capacità di aprirsi alla realtà, di guardarsi, di assumersi delle responsabilità; inoltre i genitori, spesso e volentieri, guardano i propri figli con “gli occhi del mondo”, misurando e preparando il loro futuro sulla base dei criteri dettati dalle mode del tempo: riuscita professionale, ricchezza, elevato status sociale          In questo modo, però, esercitano un arbitrio e si precludono pure la possibilità, interessantissima, di chiedersi: “Chi ho davanti a me? Chi è mio figlio? Qual è davvero il suo bene, il suo destino?”…Sono domande, queste, che esigono un distacco e, nello stesso tempo, una apertura attenta alla realtà, per capire davvero attitudini, inclinazioni, desideri e potenzialità, e che  diventano anche possibilità di una relazione nuova e più matura con i figli, sebbene più misteriosa e vertiginosa …

          E poi, siamo davvero sicuri che la qualità della vita dipenda necessariamente dall’incontro coi classici, dal sapere tante cose, dall’andare all’università?           “Scelta di qualità” non sarà, invece, quella che permette ai nostri ragazzi di percorrere la strada che gli è propria (e che noi non conosciamo con certezza a priori…), quella più corrispondente alle loro attitudini – fossero anche quelle di un bel lavoro artigiano - sostenendoli comunque nel cammino anche quando non lo si capisce o addirittura non lo si condivide?          Sono certo che se i nostri ragazzi fossero aiutati a scegliere in prima persona, tenendo più conto delle indicazioni fornite dalla loro storia personale (scolastica, extrascolastica e familiare), e dando meno spazio al desiderio di “proteggerli” o di garantire loro un futuro di “radiosi successi mondani”, le percentuali di iscrizione alle scuole superiori sarebbero diverse, e gli istituti professionali (in particolare) smetterebbero di essere considerati come la discarica per gli “scarti di produzione” dei licei.

Marco Lepore

http://www.labussolaquotidiana.it

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