La sfida dell'educazione 4 Ripresa dei principi

La prima causa delle difficoltà che l'educazione oggi incontra è il regime affettivo della famiglia. Per capire di che si tratta occorre approfondire il nesso che lega generazione ed educazione, affetti e significati.

La sfida dell'educazione 4 Ripresa dei principi

da Quaderni Cannibali

del 02 dicembre 2009

 

 

La sfida dell’educazione

 

4. Ripresa dei principi:momento psicologico e momento culturale dell’educazione

 

 

 

La prima causa delle difficoltà che l’educazione oggi incontra è il regime affettivo della famiglia. Per capire di che si tratta occorre approfondire il nesso che lega generazione ed educazione, affetti e significati. Una seconda causa è la secolarizzazione della cultura e quindi la crescente distanza tra cultura e coscienza; la secolarizzazione cancella non soltanto il riferimento a Dio, ma anche quello ai significati radicali della vita, che definiscono la visione morale del mondo.

 

Generazione e momento psicologico

 

Manca agli inizi ogni deliberato progetto di educare, non manca però ogni intenzione, né un’attesa. Ogni donna che diventi madre, se si osserva anche poco, si accorge facilmente che nella mimica spontanea da lei adottata con il figlio infante è operante un desiderio, un auspicio, addirittura un’invocazione: “vorrei tanto che tu, figlio mio, parlassi!”. L’invocazione è rivolta al figlio, e al di là del figlio al Creatore del cielo e della terra, e anche del bambino. La cultura secolare non aiuta la madre a leggere la sua attesa come invocazione. Eppure…

 

L’attesa del bambino –Accenniamo a una illustrazione. Nel momento in cui la madre intercetta il primo sorriso del bambino, prova una gioia grandissima. Quel che la incanta è il fatto che “comincia a riconoscermi”. Mi ri-conosce, appunto, si accorge della mia attesa; lo aspettavo, e ora finalmente risponde. L’attesa che precede il sorriso conferisce ad esso un significato. Se nessuno l’aspettasse, lo sollecitasse, il bambino non potrebbe sorridere. Forse alla fine sorriderebbe comunque, ma a un occhio qualsiasi.

 

L’attesa del sorriso offre una concreta illustrazione dell’intenzione che fin dagli inizi i genitori esprimono nel rapporto con il figlio. Quest’intenzione è addirittura intenzione educativa? Certamente sì: è volta infatti all’obiettivo di suscitare l’iniziativa del figlio. La mimica del genitore non è generico incoraggiamento, dà invece figura alla casa; essa diventa luogo accogliente, che addomestica il mondo.

 

La mimica della mamma è descritta oggi spesso come mera mimica della tenerezza, volta alla rassicurazione emotiva. Certo ha anche questi tratti. Ma essi dispongono le condizioni perché possa essere trasmesso al figlio un messaggio, non solo un affetto.

 

Le parole al bambino – Che la tenerezza espressa al bambino ha la consistenza di un messaggio è mostrato dalla parola, dalle molte parole con le quali è accompagnata la mimica; esse dicono l’intenzione in essa iscritta. Le parole sono dette senza essere pensate, sono suggerite dai modi di sentire; e tuttavia articolano un significato. La mamma impara a comprendere quello che fa ascoltando le proprie parole.

 

In tal senso la sua condizione è simile a quella del bambino, che ascolta parole senza capire; e tuttavia attraverso le parole comincia a comprendere il senso della parola in generale. Le parole della mamma al figlio in-fante sono il documento più chiaro del valore intenzionale dell’affetto. I lunghi discorsi della mamma sono documento del fatto che i gesti della mamma sono gravidi di un messaggio, non sono soltanto un servizio logistico al cucciolo incapace di provvedere a se stesso.

 

La riflessione antropologica sottolinea spesso il legame tra protratta dipendenza del cucciolo umano dalla madre e tradizione culturale. Illustrazione con le parole di Arnold Gehlen. La debolezza fisica non è certo la causa dello spirito; ma è condizione di possibilità dello sviluppo spirituale dell’uomo. La debolezza dell’animale umano non spiega l’aspetto della vita dello spirito che non consiste nella tecnica, nella soluzione riflessa dei problemi posti dal rapporto con la natura, ma nell’etica, addirittura nella religione. La cultura consiste fondamentalmente in questo: il complesso delle forme mediante le quali i significati elementari della vita trovano oggettivazione sociale.

 

Essa ha rilievo determinante per intendere il rapporto educativo; con formula sintetica, l’educazione consiste nella trasmissione alle nuove generazioni della cultura, che sta al fondamento della vita sociale. La definizione manca di precisare l’aspetto per il quale l’educazione mira alla promozione del singolo; dà parola all’affetto, e non mira invece solo e subito alla “socializzazione”; mira a chiarire il senso della rassicurazione affettiva, comunque indispensabile a propiziare l’acquisizione delle disposizioni di fondo favorevoli all’apprendimento nello scambio sociale.

 

La cultura non è solo un codice che consente l’intesa; è prefigurazione della vita buona, che corrisponde alla promessa iscritta negli inizi.

Trasmissione della cultura e sua creazione – La cultura non è soltanto trasmessa; mediante il rapporto con le nuove generazioni è sempre da capo rigenerata; anzi, è per la sua parte fin dall’origine generata. È più facile comprendere la rigenerazione che la generazione della cultura; ma a procedere dai segni attraverso i quali si manifesta la rigenerazione si può almeno intuire il concorso del rapporto tra le generazioni all’originaria generazione della cultura.

 

È un’esperienza assai facile per ogni genitore: un messaggio proposto al figlio piccolo è da lui restituito molto arricchito. Il genitore spesso trasmette il messaggio in maniera ripetitiva, quasi come una filastrocca a memoria; il figlio la restituisce arricchita da armoniche, che al genitore sfuggivano. Il genitore si stupisce, constatando quanto il figlio prenda sul serio le sue parole; secondo i casi, lo stupore è motivo di rallegramento, oppure di spavento; bisogna stare molto attenti a quel che si dice a un bambino.

 

La sovra determinazione del messaggio del genitore è una tra le molte espressioni di quella densità simbolica della sua immagine agli occhi del bambino, che eccede la consapevolezza del genitore, e ancor più la sua intenzione. Ogni padre diventa un “padre eterno”; ogni madre diventa come la madre terra, un luogo inesauribile di risorse per vivere.

 

La legge nasce dalla prossimità – A queste caratteristiche della comunicazione con i figli piccoli non corrisponde una diffusa consapevolezza delle generazioni adulte. Non è riconosciuto lo stretto nesso tra la legge e la figura del padre. La legge è intesa come espressione della ragione; o al massimo come riflesso del riconoscimento dei diritti di ogni uomo. Così intesa essa non ha nulla a che fare con il padre.

 

Quando si ignori il debito che le verità generali hanno nei confronti dell’esperienza primaria, esse assumono la figura di una difesa nei confronti di ciò che soltanto la relazione vissuta insegna. I genitori e (più ancora) gli insegnanti si servono di certezze ideologiche per rimuovere compiti oscuramente avvertiti, ma che, apparendo troppo impegnativi, sono di fatto fuggiti.

 

2. La mediazione della cultura

 

Momento qualificante dell’educazione è la trasmissione della cultura; essa ha la consistenza di momento di formazione della coscienza. Alla prima affermazione del termine Bildung (formazione) concorre la cultura romantica; il Bildungsroman propone della coscienza umana un’immagine drammatica; essa si forma attraverso un dramma. La cultura romantica maggiora le capacità spontanee dell’anima di darsi da sola figura; il dramma offrirebbe soltanto risorse per dare espressione al destino scritto fin dall’inizio nell’anima. La cultura romantica non accorda ancora grande attenzione al nesso tra forma della coscienza e forme della tradizione sociale.

 

Tale attenzione s’impone nel Novecento, propiziata dai rapidi e profondi mutamenti del costume diffuso, e quindi dalle difficoltà che ne conseguono. Di esse si interessano le nuove scienze dell’uomo, sociologia e psicologia. Esse impongono alla consapevolezza di tutti la mediazione culturale della coscienza.

Distinzione tra due nozioni di cultura, colta e antropologica; o forse tre.

 

(a) La prima nozione, valutativa, comporta apprezzamenti. Definisce infatti il complesso dei saperi e delle abilità eminenti dello spirito umano.

 

(b) La nozione antropologica si riferisce invece al complesso delle forme simboliche mediante le quali si realizza l’oggettivazione sociale dei significati elementari della vita; il riferimento a tali significati è condizione essenziale perché sia possibile l’intesa reciproca nella vita ordinaria. L’alleanza sociale non può essere pensata quasi fosse il risultato di un contratto tra soggetti costituiti nella rispettiva identità a monte rispetto al rapporto reciproco.

 

La rimozione dell’attenzione alla cultura, un tempo riflesso del consenso ovvio, è oggi alimentata dalla qualità effettiva della vita sociale nelle società complesse. Si produce una frammentazione dell’universo civile; i singoli sistemi di scambio sociale conoscono uno scorporo reciproco. La frammentazione rende la figura di una cultura tale da definire la figura sintetica della vita buona molto oscura.

 

Il singolo, che attraversa le singole sfere di scambio sociale, stenta a trovare l’unità della propria vita; il contesto sociale sembra non offrigli le risorse simboliche necessarie per realizzare un compito che è comunque per lui inevitabile, quello cioè di vivere la propria identità attraverso la pluralità dispersa dei suoi rapporti sociali.

 

(c) c’è una terza accezione di cultura, che riferisce il termine al sapere della comunicazione pubblica. Esso non è espressione attendibile della cultura antropologica; ma neppure può essere ignorato, perché alimenta un’accelerazione rapida e problematica delle mentalità. L’atteggiamento dei rappresentanti della cultura alta, che banalizzano i discorsi dell’opinione pubblica, è irresponsabile. Irresponsabile è anche la denuncia di tradimento rivolta agli intellettuali che si occupano di fatti di opinione.

Con la fine delle ideologie, muta anche la figura degli intellettuali. La loro precedente funzione pedagogica si mostra ora impraticabile. La fine dei grandi movimenti collettivi rende la figura dell’intellettuale organico obsoleta. Lo sviluppo dell’industria culturale incentiva il collegamento degli intellettuali con il mercato. La funzione degli intellettuali conosce un deciso abbassamento di livello; si parla in tal senso di decadenza degli intellettuali: non diminuisce la loro incidenza sociale, ma l’univocità del loro ministero e il loro credito pubblico.

 

La decadenza degli intellettuali è un fatto obiettivo non pare ancora registrato però dalla consapevolezza pubblica diffusa. Le retorica pubblica continua a concedere alla voce degli intellettuali un credito, che non ha riscontro a livello di coscienza dei cittadini. Anche in questo modo si approfondisce la distanza tra forme della retorica pubblica e forme della coscienza individuale effettiva. Espressione di tale distanza e l’apologia pubblica di modelli di vita adolescenziali.

 

 

La Sfida dell’educazione:

 

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don Giuseppe Angelini

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