La “solida” felicità dei giovani

Aldilà delle mirabolanti immagini di felicità proposte dai media, i giovani mostrano, con un sano realismo, di perseguire una felicità più “feriale” e concreta, senza mete irraggiungibili. Una felicità fatta di rapporti sereni, di equilibrio, di cose molto comuni, e, forse proprio per questo, oggi molto speciali.

La “solida” felicità dei giovani

 

          Come sempre, quando devo affrontare questioni che riguardano i giovani, per prima cosa mi sono rivolto ai miei figli. Lo ammetto: è comodo. Però è anche istruttivo. Ho scoperto così che la loro idea di felicità è legata ad aspetti molto concreti della vita.

          Per i due più grandi, al primo posto viene un lavoro stabile, in grado di garantire un buon mix tra gratificazione personale, sicurezza economica e prospettive di carriera. Senza questa garanzia la felicità si allontana di molto. Anche la forza del rapporto con il proprio partner, naturalmente, è fondamentale. Tuttavia, molto realisticamente, mi fanno notare che senza una base professionale abbastanza solida, in grado di fornire gli strumenti per guardare al domani con fiducia, il rapporto di coppia ne risente e rischia di incrinarsi.

          Gli altri figli, ancora alle prese con università e scuola, ritengono che la felicità sia assicurata principalmente da tre condizioni: il successo negli studi (non si tratta di eccellere, ma soltanto di cavarsela egregiamente), un rapporto sereno con un bel gruppo di amici (non troppo numeroso, ma nel quale sentirsi compresi e accettati) e una convivenza altrettanto serena in famiglia, con genitori e fratelli. 

 

Una felicità di basso profilo?

          Il dato generale che emerge è una certa “medietà”, per dirla con Aristotele. Rifuggono gli eccessi e ricercano la felicità identificandola essenzialmente con una serenità dello spirito garantita da alcune condizioni relative alla vita di tutti i giorni.

          Quando ho chiesto loro se, in questo modo, non si rischia di accontentarsi e di avere una visione un po’ troppo limitata e generica della felicità, mi hanno risposto che i grandi ideali e le grandi passioni vanno benissimo, ma la felicità è soprattutto una questione di equilibrio. È come un buon cocktail, che viene fuori dal mescolare ingredienti diversi, ma tutti relativi alla propria realtà quotidiana.

          Può darsi che i miei figli pecchino di eccessivo realismo, ma ho l’impressione che per molti altri giovani le cose stiano esattamente così. Non è questione di accontentarsi. È che questi ragazzi davvero ritengono che la felicità sia identificabile con la serenità e la pace interiori. Questo è considerato il vero tesoro.  

 

La felicità dei media attrae ma non incanta 

          Le indagini sociali confermano il dato. Anche se spesso si parla dei giovani come di consumisti impenitenti, in realtà i nostri ragazzi non si lasciano irretire facilmente dalle patinate immagini di felicità proposte dal mondo dei mass media. Le guardano e sorridono, senza lasciarsi incantare. Sanno distinguere ciò che è effimero da ciò che è solido.

          La maggioranza di loro vede nel denaro un mezzo, non un fine, e ritiene che l’eccesso di disponibilità economica (condizione ritenuta comunque fantascientifica in questo momento di crisi) non garantisca per nulla la felicità. Idem per quanto riguarda il possesso di beni di consumo. È proprio l’idea di “eccesso”, in generale, che viene rifiutata.

          La felicità è piuttosto una questione di rapporti: con se stessi (con la propria interiorità e il proprio corpo) e con gli altri (compagni di scuola, amici, partner). La dimensione relazionale è quindi dominante e, all’interno di questa dimensione, un ruolo di primo piano è quello della solidarietà: felicità è non essere soli, è sapere che, qualunque cosa possa succedere, qualcuno è accanto a te, pronto a sostenerti. Non a caso, quando si chiede qual è il contrario della felicità la risposta prevalente è “la solitudine”.  

 

La felicità delle piccole cose 

          Fare un discorso generale è difficile, perché le esigenze differiscono di  molto a seconda delle età. Ma la mia esperienza mi dice che fotografia appena scattata può essere ritenuta piuttosto fedele.

Pur sapendo che non si può essere sempre soddisfatti di ciò che si è e di ciò che si fa, la felicità è identificata con la soddisfazione: un senso di appagamento e di benessere completo.

          Mi colpisce il fatto che per molti giovani la felicità può nascere dalle piccole cose. Le mie figlie, per esempio, mi hanno detto che prendere il tè tutte assieme, nella cucina di casa, nei pomeriggi di inverno, le rende felici.

          Insomma, questi ragazzi sono saggi, molto più di quanto si possa immaginare. E consola constatare che la felicità, per loro, non è affatto un mito lontano o irraggiungibile, ma un obiettivo alla portata di tutti. Perché sarà pure una frase fatta, ma davvero basta poco per essere felici! 

 

 

Aldo Maria Valli

 

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