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La solidarietà fa ripartire la Sardegna

Qui la rete famigliare ha ancora la capacità di assorbire le disgrazie: «Il mio vicino ora ha sette figli, tre sono suoi, gli altri degli amici che non hanno più un tetto», ti dice Gianluca...


La solidarietà fa ripartire la Sardegna

da Attualità

Giovanni Budroni e Gianluca Deiana non si conoscono ma hanno in comune tre cose. Le lacrime che cacciano in gola come sa fare un sardo, quando ti raccontano che il ciclone Cleopatra si è portato via la loro vita e adesso non hanno più niente; tanti amici e parenti che li aiutano e che non hanno chiamato, perchè se devi spalare fango loro ci sono e basta; infine, hanno in comune un senso di attaccamento a questa terra che oggi sembra un controsenso eppure fa dire: siamo vivi, quindi rimbocchiamoci le maniche. Li incontri nei quartieri a monte, quelli esplosi con la cementificazione, i più esposti alla furia dell’acqua che scende dalla montagna.

 

 

Gente di Bandinu e di Santa Maria, di Sant’Antonio e dell’ospedale, i quartieri colpiti dalla fiumana assassina, piombata su di loro in una sera così diversa per la Costa Smeralda. Un’apocalisse talmente prevedibile da essere già avvenuta nel 1979 e aver aver prodotto metri cubi di studi; l’ultimo, presentato dal Comune tre anni fa, individuava quattro zone ad alto rischio idrogeologico che avrebbero potuto trovarsi sott’acqua dopo mezza giornata di temporale. Questa volta, c’è scappato il morto (6 sui 16 uccisi da Cleopatra nell’isola) e ora abbondano i sospetti: che la strage sia dovuta alla decisione di far sfogare la diga del Liscia (accusa smentita dalle autorità e dall’orografia), che i canali siano “esplosi” per la lunga incuria, che il sistema di allerta abbia fatto cilecca colpevolmente...

 

 

Di tutto questo si discute ancora a Olbia mentre si ramazza, con il cuore gonfio di rabbia e vuoto di risposte. A 36 ore dal dramma, la città si può definire ripulita. Cancellare i segni di Cleopatra è un impegno che ha coinvolto intere famiglie e reti amicali, oltre a un nutrito stuolo di volontari. Ieri mattina, anche nelle zone più colpite non restavano che le pozze create dalle idrovore e qualche materasso fradicio, appoggiato all’angolo della strada in attesa della discarica. Il meccanismo della mobilitazione generale è lo stesso che ha fatto riaprire gli alberghi: «l’abbiamo fatto a prescindere da chi pagherà – precisa il titolare dell’hotel Panorama –, perché qui siamo tutti parenti».

 

 

La dinamica dei numeri dice molto: lunedì notte gli sfollati erano più di cinquemila, ieri sera erano 747. Qui la rete famigliare ha ancora la capacità di assorbire le disgrazie: «Il mio vicino ora ha sette figli, tre sono suoi, gli altri degli amici che non hanno più un tetto», ti dice Gianluca e scopri che lui di bambini ne ha tre e non ha più un lavoro. «Perché non mi abbatto? – chiede – Perché io andavo a scuola con Francesco Mazzoccu». Era il papà ucciso dalla piena insieme al figlioletto Enrico.

 

 

La sardità aiuta, certo, ma non risolve. La pizzeria di Giovanni e della moglie, in via Cesti, non esiste più: lunedì sera, la famiglia Budroni ha perso in pochi minuti l’azienda, la casa e due automobili. «I risparmi di una vita, e oltre», commenta Giovanni, indicando i due figli disoccupati. Fausta Muzzu non sa quando tornerà a sfornare papassini all’uvetta e tilicche al miele: il ciclone non ha risparmiato la pasticceria, i frigoriferi sono da buttare, tutto l’ambiente va sanificato. «Per fortuna ci sono le figlie e le loro amiche – ci racconta – che sono corse grazie al tam tam lanciato su facebook». Poco oltre, Matteo Vecchi sgombera il negozio di caldaie: «Alcune aziende si sono rese disponibili a ritirare i rottami e a sostituirli con materiale nuovo, ma solo perchè abbiamo un ottimo rapporto. Non so cosa faranno invece le banche. Per ripartire da zero dovremo contrarre nuovi debiti».

 

 

Italo Fara, presidente di Confcommercio, centra la questione: «Non sappiamo quante risorse siano disponibili per la ricostruzione e allora chiediamo altro, il rinvio delle scadenze Iva e tributarie, l’ampliamento dei fidi bancari e delle garanzie dei consorzi fidi, per consentire alle imprese alluvionate di finanziare le riparazioni...» Confcommercio e Unicredit starebbero già lavorandoci. La sensazione è che i 25 milioni messi in campo in queste ore non bastino. Del resto, ragiona Fara, «se i soli esercizi commerciali colpiti sono 300 e se il danno in zone come via Cesti sfiora i centomila euro, se almeno un migliaio di automezzi sono andati distrutti nell’alluvione e se ad ognuno attribuiamo un valore medio di 6mila euro...».

 

 

Considerazioni che fanno anche i sindacati. Il segretario provinciale della Cisl Mirko Idili riemerge in tuta e stivali dai magazzini alluvionati per spiegare che non si riparte senza grandi cantieri e «non parlo della cementificazione - precisa - che ha posto le basi per questa tragedia, come ha ammonito anche il vescovo Sanguinetti, ma di ricostruire subito strade e collegamenti interrotti dall’alluvione e sbloccare le opere come la Olbia-Arzachena-Palau». Perché Olbia, aggiunge, «non divenga un’altra Aquila».

 

 

Paolo Viana

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