La spiritualità del network

Sappiamo tutti che la musica esprime sempre, con linguaggio penetrante e impalpabile, qualcosa di profondo e non comunicabile con le parole, qualcosa che si riferisce alla storia personale di chi la compone ma anche allo spirito predominante di una cultura e di un'epoca.

La spiritualità del network

da Quaderni Cannibali

del 20 novembre 2009

Sappiamo tutti che la musica esprime sempre, con linguaggio penetrante e impalpabile, qualcosa di profondo e non comunicabile con le parole, qualcosa che si riferisce alla storia personale di chi la compone ma anche allo spirito predominante di una cultura e di un’epoca. La canzone diventa così un forte mezzo di socializzazione. Quando uno stile musicale comincia ad attrarre l’attenzione del pubblico, generalmente vuol dire che risponde ad un’esigenza, spesso non manifestata e normalmente non soddisfatta, delle persone. Il mondo della musica ci permette di conoscere qualcosa in più di ciò che succede attorno a noi, perciò è importante imparare a decodificarla per dare una risposta personale al messaggio che riceviamo.

 

 

 

«Questa è la mia casa»

 

Un esempio secondo me molto chiaro di influenza dell’ambiente socioculturale sul comportamento delle persone e il loro tipo di religiosità, è la canzone di Jovanotti: Questa è la mia casa. Appartenente alla cosiddetta New Age, questa canzone è un’eloquente icona dell’emergente spiritualità del network. Già il titolo è suggestivo perché allude alla ricerca del proprio luogo caldo, dove finalmente si può essere se stessi, luogo di felicità, sicurezza, identità, affetto... La musica della canzone infonde una certa nostalgia di qualcosa di perduto: ha un ritmo ripetitivo, contagioso, che trasmette un sentimento di passività e stanchezza. Colpisce anche il modo in cui il testo è scritto, senza virgole né punti, e il modo di cantare che sembra un parlare a voce alta, dando così l’impressione di essere una voce di ribellione e desiderio di uscire dagli schemi proposti dalla società.

 

O Signore dell’universo ascolta questo figlio disperso

che ha perso il filo e non sa dov’è

e che non sa neanche pi√π parlare con te

Ho un Cristo che pende sopra il mio cuscino

e un Buddha sereno sopra il comodino

Conosco a memoria il Cantico delle Creature

grandissimo rispetto per le mille sure del Corano

c’ho pure un talismano che me l’ha regalato

un mio fratello africano...

e io lo so che tu da qualche parte ti riveli...

Voglio andare a casa LA CASA DOV’È ???

La casa è dove posso stare in pace con te

 

Il testo parla dell’essere umano che cerca il senso della vita e riflette sulle domande esistenziali: chi sono? Perché esisto? Da dove vengo? Dove vado? La canzone fa anche riferimento ad una realtà superiore («O Signore dell’universo…») che è desiderio di valori profondi e anelito per un legame andato perduto («ascolta questo figlio disperso / che ha perso il filo e non sa dov’è / e che non sa neanche più parlare con te»).

 

Per cercare risposte, il soggetto del testo raccoglie le svariate ricchezze provenienti da ogni angolo della terra e da buon postmoderno vive in un villaggio globale, dove le opinioni e i molteplici credi religiosi convivono, si intrecciano o si accavallano l’uno sugli altri in una sorta di novello politeismo che nella canzone si esprime con elementi sincretisti (Cristo, Buddha, corano, talismano).

 

La canzone invita a ritornare alla spiritualità, intesa come via per ritrovare se stessi, con contenuti che raccolgono i frammenti presenti nelle diverse correnti spirituali e con l’offerta di un mondo di pace in alternativa a quello dispersivo e violento proposto dall’ambiente culturale. È la spiritualità del network: «spiritualità vagabonda, non propriamente organizzata, che sorge dalla fede moderna nel progresso, che irrompe nel terreno religioso e nella trasformazione spirituale della persona con tendenze sincretistiche, evoluzioniste, ecologiche e millenariste»i.

 

Servizi, non programmi

 

Questo tipo di religiosità non si lascia decodificare tanto facilmente dalle categorie interpretative finora validamente usate per l’analisi delle religiosità tradizionali. Meglio usare la categoria del network.

 

Per capire il significato di questo termine in funzione dell’interpretazione dei nuovi fenomeni religiosi, è importante partire dalla sua differenza con la parola movimentoii. I movimenti sono sistemi sociali con, almeno, un minimo di struttura, una gerarchia riconoscibile, con un forte senso del «noi», punti di riferimento sul territorio e nella società, con proprie sedi, incontri, giornali e attività che sviluppano, su modalità più o meno rigide, un programma preciso. Per definirsi movimento non basta incontrarsi e condividere un interesse comune.

 

Quando invece, ci sono gruppi che si riuniscono per un interesse comune e interagiscono con altri piccoli gruppi dagli stessi interessi, ma senza arrivare a sviluppare un programma comune, una struttura gerarchica e un’appartenenza reciproca, allora ci troviamo di fronte al fenomeno «network».

 

I networks non intendono offrire un programma ma rispondere al bisogno di servizi (libri, oggetti, organizzazioni di incontri…). Le strutture sono di servizio, non di appartenenza. Le persone possono coltivare più di un tipo d’interesse e dunque appartenere contemporaneamente a vari networks. Tra i diversi networks con affinità di servizi nasce il cosiddetto «network di networks», cioè il «metawork». Ma anche il metawork rimane network e non diventa un movimento.

 

La spiritualità del network si ritaglia sulle stesse caratteristiche: pluralità di servizi anziché contenuto specifico (teologia), ampio ventaglio di offerte religiose e scarsità di programma unitario, poche pretese vincolanti e molta libertà di scegliere fra le offerte varie e anche contraddittorie, strutture di servizi ma non di appartenenza, molta cura per rispondere agli interessi degli utenti e poca per discernere la loro risposta, grande importanza al colmare le ricerche e inquietudini degli utenti e poco interesse ad individuare un Dio e una via verso di lui dai tratti e forme peculiari e differenziabili da altri dei e altre vie. Con Jovanotti, questa spiritualità serve per cercare la mia casa piuttosto che quella di Dio.

 

Il metawork religioso riunisce i vari servizi religiosi: dal network della spiritualità alternativa a quello del sincretismo (cristianesimo, spiritismo, buddismo, occultismo, astrologia…), dal network delle terapie alternative, guarigioni e benessere psicofisico, al network delle politiche alternative di taglio ecologico tipo quelle elaborate a partire dal 1972 da Arne Naëss e conosciute come ecologia profonda.

 

Molti contatti, poca appartenenza

 

Il network è anche il paradigma di un certo tipo di relazioni sociali, detto -appuntosocial network caratterizzato dall’ «essere in contatto» più che dall’ «essere in relazione» (essere connessi e avere relazione non sono sinonimi). In una sorta di condominio allargato, ogni individuo può connettersi con migliaia di altri individui, tutti inseriti in una rete di networks. Anche se gli aderenti alle networks non si conoscono, sono però socialmente relazionati con il soggetto identificato che li mette in contatto e che il sociologo E. Pattison chiama «egocentric network».

 

Il motivo del contatto è l’interesse personale, non il senso di appartenenza reciproca. Il senso di appartenenza vale in quanto e finché si condivide lo stesso interesse a prescindere dalla clausola a stipulare un patto reciproco di fedeltà. Il network inaugura un modello di socialità che offre al singolo l’opportunità di relazionarsi con chi ha i suoi stessi interessi senza chiedergli, in contraccambio, di coinvolgersi in una relazione interpersonale. Se il soggetto cambia interesse, la connessione finisce. Anche l’oggetto del contatto non è la richiesta di rapporto interpersonale ma il bisogno soggettivo per la cui realizzazione tutte le combinazioni e tutti i «tu» sono possibili.

 

Qui c’è un’interessante novità riguardo al concetto di relazione e di realtà. A differenza del mondo sociale reale che regola le relazioni su delle presenze e dei patti, quello del network le regola sulle preferenze personali e in ultima analisi sull’emotivismo soggettivo. E non si può dire –semmai con l’aiuto della psicologia intersoggettiva- che questo nuovo paradigma sia un modello fantastico, irreale, onirico perché per reale, qui, non si intende il mondo fatto di cose che si toccano, vedono, si condizionano, si adattano a vicenda, si intrecciano… ma il mondo di cose che si usano se soddisfano le necessità degli utenti che in esso possono navigare in modo disinvolto e mutabile selezionando di volta in volta le opportunità. Un mondo dove ciascuno percepisce l’esistenza degli altri come opportunità per soddisfare il proprio desiderio personale di autorealizzazione, che meglio sarebbe chiamare autogratificazione.

 

Siamo dunque davanti all’emergere di un nuovo tipo di narcisismo e di individualismo. Narcisismo nuovo perché al culto della propria immagine da fare risaltare su quella degli altri preferisce la ricetta del «fatti da solo la tua immagine con lo strumento degli altri»: un io che non solo si mette al centro del contesto ma che anche si può auto-produrre. Individualismo in nuova versione perché al consiglio di avere massima cura di sé (di una realtà, quindi, importante ma che ancora può essere pensata come un dato ricevuto in custodia e/o da presentare meglio) preferisce quello di viversi in modo autosufficiente, asexual.

 

Si potrebbe obiettare che qui non siamo più nell’ambito delle relazioni ma della solitudine. Invece, si tratta di un nuovo tipo di socialità. Quella di chi dice: «sento un’estraneità nei tuoi confronti analoga a quella che proverei se qualcuno mi proponesse di andare a vivere su Marte. Ma ciò non toglie che stia con te». Si può stare insieme senza bisogno di conoscersi o vincolarsi.

 

L’importanza della percezione soggettiva

 

La religiosità del network si pone nella scia di questa enfasi sul soggetto e la asseconda. È un servizio aggiuntivo che spinge la maturità dell’io al livello supremo di consumarsi nell’unificazione totale, nella partecipazione alla Totalità e nell’unità con l’Essere, dove il polo predominante non è la divinità ma l’io divinizzato. Con questa visione immanentista di Dio, questa spiritualità non si lascia definire come ricerca di Dio o esodo dell’io verso Dio, ma come immersione dell’io nell’abisso indeterminato della divinità con l’effetto di ritrovarsi un io trascendentale e superiore. Come con il tu umano, anche con il Tu divino non c’è molto spazio per il concetto di alleanza, dialogo, sequela.

 

Un’altra caratteristica importante ai fini della comprensione della religiosità del network è l’aspetto normativo e istituzionale. Quando il collegarsi ad altri è in forza di interessi soggettivi senza patti bilaterali, passano in secondo piano quei fattori di coesione che meno direttamente sono a pro dell’individuo o che addirittura nei suoi confronti esercitano una pressione di controllo se non anche inibitoria, come ad esempio sintonizzarsi su un programma di squadra, accettare un’autorità superiore, sapersi frenare e dare spazio, lasciarsi verificare, attenersi a un patto…

 

Si costituisce, invece, una spiritualità altamente soggettiva e poveramente normativa, che non solo professa un relativismo morale (che ancora contempla sistemi etici supersoggettivi anche se relativi) ma che assume il narcisismo stesso come norma o codice di significato: «io sono colui che determina l’esito degli avvenimenti, dentro di me c’è una stella che mi guida e indica la via esatta da intraprendere…». Sulla scia di ciò, la religiosità del network non si valuta sull’adesione ad un determinato corpo di dottrine e precetti (né tantomeno sul dogma) ma sulla percezione soggettiva: è valida perché così l’individuo la sente, senza passare allo sforzo di una spiegazione più cognitiva.

 

Ne segue che tutto ciò che dei vari credi religiosi suona valido lo si può assemblare in un collage che non ha bisogno di essere unificato in un tutto coerente, con disattenzione agli aspetti dottrinali e istituzionali dei singoli credi di origine. Una spiritualità metawork associata a diversi networks.

 

La promessa di unione cosmica

 

Prendendo le mosse dalla fisica moderna che è passata dal modello meccanicista di Newton a quello olistico secondo cui la materia non è un insieme di particelle ma di onde ed energie, la mentalità del network vede l’universo come un «oceano di energia» e un grande tutto e in questo organismo unitario tutte le cose sono unite in una rete di connessioni. Le singole realtà sono emanazioni, scintille, condensazioni. Non hanno una loro essenza benché ultimamente fondata sull’essenza divina, ma è la stessa essenza divina che si dilata nelle cose, per cui noi vediamo realtà diverse (materiali, biologiche, affettive, razionali…) ma in realtà è l’unica energia ad assumere forme cangianti. Se, allora, le diversità sono modalità diverse della stessa emanazione, l’intento del network è quello di unire e riunire, promuovere sinergia, comunicazione, reti d’interconnessioni tra realtà vicine e lontane.

 

Questo sforzo olistico vale per la vita sociale, la politica, l’educazione, la medicina, la religione. Qui, unire non significa ricondurre tutto intorno ad un centro fondante ultimo ma collegare la pluralità in un’armonia universale: quindi un’escatologia diversa da quella cristiana secondo cui «Cristo riconcilierà in sé tutte le cose, quelle del cielo come quelle della terra». L’aspirazione olistica vale anche per la persona: si sentirà pienamente unita con se stessa in esperienze che la superano, la trascendono e annullano le limitazioni individuali, cioè in esperienze di unità con la natura, con Dio, con il cosmo. Per raggiungere ciò è importante la trasformazione della coscienza, spingendo gli stati mentali verso una dimensione cosmica. Si avrà così l’identità di un Uomo Nuovo, di una Nuova Era, che avrà queste caratteristiche: a) completa e totale unità con Dio; b) piena armonizzazione con le leggi divine, intese come Dio in azione; c) costante manifestazione dell’energia Amore; d) attuata nella fraternità unitaria e di uguaglianza.

 

Si tratta, allora, di una spiritualità dal carattere mondiale che invita tutti ad aprirsi alla consapevolezza di essere parte integrante dell’umanità globale, senza per questo prescindere dalle proprie radici culturali. L’obiettivo non è ridurre tutto ad uno ma l’armonia di tutto in virtù del principio olistico che tutto ingloba e tutto abbraccia. La speranza è che l’umanità intera acceda ad una sorta di «armonia superiore» nella quale si riconciliano e si accordano tutte le dissonanze e discordanze, tutte le opposizioni e le divisioni e su tutto regni la bellezza e l’armonia non solo esteriore ma anche interiore e spirituale. La spiritualità aiuta, appunto, a mettersi in contatto con le vibrazioni incessanti del cosmo, e a sintonizzarsi con la sua soave musica che è armonia. Questo aspetto dell’unione cosmica è un ulteriore elemento per dire che il soggettivismo della religiosità del network non è solitudine.

 

A chi è in cerca della propria casa, la promessa è quella di trovarla (cioè di vivere in armonia con se stesso, con gli altri, con il cosmo), senza perdere se stesso: ci si può sentire membro vitale di una comunità senza rinunciare al proprio narcisismo e individualismo, ma –anzi- facendo forza su di essi. Non c’è bisogno di sottoporci ad una purificazione dei nostri desideri, ma nel momento in cui li assecondiamo per quello che sembrano essere ci ritroviamo nel tutto. Si salta, dunque, il passaggio della conversione, al massimo intesa come ritorno al proprio vero Sé anziché come un rinascere dall’alto. Ricuperare il vero Sé non significa riguadagnare la consapevolezza della propria individualità caratteriale ma sentirsi parte del tutto che è in noi perché noi siamo l’assoluto di cui la nostra individualità è povera proiezione. Quindi la salvaguardia (anziché la perdita evangelica) di sé oltre che far dire al Sé «questa è la mia casa» mette in contatto con il tutto, dà senso di appartenenza, rende membri di un villaggio globale, non riservato a membri di movimenti esclusivi ma aperto per tutti.

 

Diversa da noi e imbarazzante per noi

 

Quanto detto non è sufficiente per valutare il fenomeno, ma può bastare per tirare due conclusioni utili per chi ha amici e conoscenti simpatizzanti di questa spiritualità.

 

✔ Spiritualità piuttosto diversa e forse anche incompatibile con quella cristiana

 

 Il Dio di Gesù Cristo è un Dio Altro dall’essere umano, persona, trascendente, che chiama l’essere umano ad una relazione con lui. Egli non è proiezione dell’inconscio ma neanche mero simbolo referenziale della nostra crescita psicologica, e del nostro bisogno di neutralizzare l’ansia e il conflitto.

 

 Per noi, prima viene l’auto-rivelazione di Dio e poi la trasformazione in Dio dell’uomo. La religiosità è contemplazione prima che assimilazione. Per noi uno è religioso in quanto ha visto e non in quanto ha saziato (seppur correttamente) i suoi bisogni. Il cristiano dubita quando l’incontro con Dio è troppo lasciato agli sforzi mentali dell’uomo.

 

 Per noi l’essere umano, anche quello che ha vita spirituale, rimane diviso in se stesso e non sarà mai possibile un suo assorbimento nell’io divino, neanche nei più alti stati di grazia. Il cristiano non può sperare in un mondo di grano senza zizzania e sa che la sintesi non può essere che oggetto di continue ricerche, provvisoria espressione di una pienezza sempre incompleta, orientata tuttavia verso la pienezza.

 

 Svuotare il nostro io da ogni rappresentazione sensibile e da ogni concetto per noi significa rinunciare al nostro egoismo, non alle cose create e neanche alla nostra individualità. Per il mistero dell’incarnazione, la realtà (anche quella sensibile e materiale) è mediazione e non un qualcosa da saltare. Anzi, da quella si parte e a quella si ritorna.

 

Questi tratti, pochi e solo accennati, bastano per sconsigliare un’importazione indiscriminata (cioè senza dissociare il metodo dalla ideologia) di questa spiritualità nella speranza di rendere la nostra più appetibile.

 

‚úî Insinua imbarazzanti (e non del tutto infondati) sospetti circa lo stato di salute della nostra proposta spirituale cristiana.

 

 Ha un forte carattere utopico (rispetto al forte accento depressivo di certe nostre proposte). Invita a credere che sia possibile (non solo come auspicio ma come possibilità reale) appagare il bisogno di senso, vivere senza odio, sentirsi uniti, non lasciarsi avvilire dalla realtà bruta senza continuamente lamentarsi di essa.

 

 Ha una grande forza contestataria nei confronti di un modo troppo rassegnato o passivo di concepire la convivenza sociale. Non accetta che ingrediente inevitabile del sociale sia il compromesso, la lotta e la divisione e si propone come alternativa politicamente possibile al modo di relazionarsi della società attuale

 

 Preserva il carattere universale e sociale dell’esperienza religiosa contro il tentativo di relegare la questione del senso all’area del privato. Il suo aspetto cosmico attesta che ci si può sentire vivi e membri vitali di una comunità in mezzo alla città di tutti e aperta a tutti, senza bisogno di creare aree alternative elitarie ed esclusive.

 

 Salvaguardia l’aspetto carismatico e profetico della proposta religiosa, mai facilmente imbrigliabile in strutture, norme, dottrine. Questi tratti di utopia, contestazione, universalità e profezia sono anche tipici della nostra spiritualità cristiana e nel messaggio di Cristo anche meglio articolati e tradotti.

 

Dopo che ci siamo scandalizzati sui non pochi cristiani che si rivolgono a questa religiosità, perché non anche chiederci come mai quegli stessi non rimangono a cercare da noi?

 

 

 

i M. Fuss, New Age, in Dicionario de Teología Fundamental, Paolinas, Madrid 1992, p.1022.

 

ii L. Zoccatelli, Il New Age fra secolarizzazione, post-modernità e ritorno al sacro, in E. Fizzotti, La dolce seduzione dell’Acquario. New Age tra psicologia del benessere e ideologia religiosa, Las, Roma, 1996, pp. 32-38. Dello stesso libro si veda anche l’articolo di P. Vanzan Contestualizzazione socioculturale e discernimento teologico-pastorale del New Age.

 

Maria Salomé Labra

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