Cristina conosceva già la tesi, perché l'aveva vissuta insieme al figlio e andare a discuterla al suo posto è stata la «cosa più naturale, giusta e normale da fare»...
del 25 agosto 2017
Cristina conosceva già la tesi, perché l’aveva vissuta insieme al figlio e andare a discuterla al suo posto è stata la «cosa più naturale, giusta e normale da fare»...
Luca Borgoni aveva 22 anni, viveva a Cuneo, ed era «un ragazzo degli eccessi, ma sempre in positivo. Entusiasta a mille, viveva la vita senza sfumature di grigio. Si proponeva obiettivi a volte assurdi e li raggiungeva», racconta Cristina Giordana, mamma di Luca che è morto l’8 luglio scorso in un incidente in montagna, cadendo mentre faceva un’ascesa sul Cervino.
Doveva laurearsi pochi giorni dopo all’università di Torino in Scienze biologiche e doveva partire il 29 agosto per scendere con lo snowboard dal Dhaulagiri, una delle cime più alte del mondo, perché aveva vinto con un concorso europeo la sponsorizzazione del viaggio. Invece, a discutere la tesi di Luca sui benefici della barbabietola da zucchero negli sport di alta quota è andata la mamma, accompagnata dal papà Vittorio e da Giulia, la sorella di quasi 18 anni.
A partire per il Nepal sarà Davide, l’amico con cui Luca condivideva la passione per la montagna, che ha deciso di partire a proprie spese per portare a termine un’impresa cui Luca teneva tantissimo. Perché «Luca era come uno tsunami e coinvolgeva dentro le sue emozioni»: per questo Cristina conosceva già la tesi, perché l’aveva vissuta insieme al figlio e andare a discuterla al suo posto è stata la «cosa più naturale, giusta e normale da fare». La forza e lo sguardo di questa mamma che, con serenità e determinazione, parla nell’aula universitaria gremita di colleghi del figlio mentre su uno schermo passano le foto di Luca che non c’è più, si sono propagate come un vento possente portatore di forza, aria, libertà.
Luca era «un figlio con cui si stava benissimo e con cui c’era un rapporto meraviglioso e basta»: è appassionato il racconto di tutte le cose speciali che questa mamma ha condiviso con il figlio. A poche settimane dalla sua morte, Cristina racconta che è «abbastanza serena e in pace. Poi arrivano i momenti di tristezza, quando guardo le foto di Luca, quando prendo coscienza di quello che è successo e allora prego. Per me pregare vuol dire respirare. Appena mi sveglio prego: “Signore ti ringrazio del nuovo giorno. Dammi la forza”».
Cristina e il marito Vittorio hanno vissuto la tragedia in diretta: Luca aveva partecipato a una gara di corsa in montagna a Cervinia e la mamma l’aveva salutato per l’ultima volta facendo il tifo per lui, alla partenza, mentre il papà lo aspettava all’arrivo. Poi però Luca ha voluto sfruttare quell’occasione per salire ancora, da solo. Cristina e Vittorio l’hanno aspettato. «Stavo facendo delle foto», ricorda la mamma. «A un certo punto alzo lo sguardo, vedo un elicottero del 118 e mi metto a piangere come una pazza. Mio marito mi ha chiesto perché piangessi e io ho risposto “perché là c’è Luca”. La notizia della morte mi è arrivata dal cielo. Allora sono scesa al rifugio Duca degli Abruzzi e ho cercato una croce che avevo visto salendo. Mi sono accovacciata lì e ho detto le preghiere più intense della mia vita. Sotto quella croce, io sono morta».
Dopo un’ora e mezza il Soccorso alpino non ha fatto altro che “confermare” la notizia. Così un’ondata di dolore ha investito la famiglia Borgoni. Il dolore è «una cosa disumana, però con la fede è come se avessimo il cuore spaccato, ma anestetizzato. Il dolore è una cosa che si affronta solo con l’anestesia. Io lo scaccio, penso a Luca sempre ma mai prendendone coscienza fino in fondo, perché non è possibile». Cristina racconta con disarmante schiettezza di tutte le cose che le danno forza: stare con il marito e la figlia, «sempre tutti insieme, non ci stacchiamo mai». O i tantissimi messaggi di persone sconosciute che la contattano attraverso i social network perché hanno condiviso la stessa esperienza, perché ne hanno sentito parlare, antiche conoscenze che hanno saputo la notizia e si rendono presenti. Le “coccole” di chi scalda il cuore con piccoli gesti, lo stare con le persone che sanno farsi prossime. Ci sono poi tutte quelle strane “coincidenze” che è bello saper interpretare come segnali del fatto che Luca è vicino. Motivo di forza sono anche le iniziative che avvengono in suo ricordo: dal viaggio di Davide, alla gara a Courmayeur che il 5 agosto è stata vinta da una nota atleta, Chiara Giovando, che indossava il pettorale di Luca, o il piatto a base di barbabietole che ha lanciato un ristoratore di Vallecrosia, amico della famiglia. Dà forza partecipare a «quelle Messe dove senti che si prega davvero e io posso anche piangere, se ne sento il bisogno».
Dalla morte di Luca – racconta Cristina – è nato anche un modo diverso di pregare la Madonna: «A Maria dico: adesso tu mi capisci perché io ho perso un figlio come te, ben undici anni prima. E in più Maria non aveva perso sant’Anna sei mesi prima», aggiunge Cristina, che pochi mesi fa ha perso la mamma, cui era legatissima. «Quindi, o il Signore mi ha sopravvalutato o adesso mi dà la forza». Cristina parla anche del fatto che il marito, che «non crede», non ha «rabbia». E racconta che alla fine del funerale, papà Vittorio, con il microfono in mano, seduto sui gradini dell’altare, rivolto al figlio gli ha detto quante cose Luca gli avesse fatto capire della fede che non aveva mai colto e come gli avesse fatto percepire segni di una Presenza, di come gli abbia permesso di incontrare persone che gli hanno aperto gli occhi. Aggiunge Cristina: «Il miracolo è stato lui, Vittorio». E ora? «Lasciamo che la vita prosegua», dice Cristina. C’è la figlia Giulia che deve crescere. E poi riprenderà la scuola, Cristina è insegnante: «Meno male che mi piace tantissimo».
Sarah Numico
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